Carrón su Martini. Franco Loi: il "miracolo" della carità

Intervista a Franco Loi - a cura di Pietro Vernizzi

“La sua capacità di entrare in rapporto con tutti testimonia la tensione del cardinale a intercettare ogni briciolo di verità che si trova in chiunque incontriamo. Chi ha incontrato Cristo non può non avere questa passione ecumenica”. È quanto ha scritto don Julián Carrón, presidente della Fraternità di Cl, nella lettera al Corriere della Sera sulla morte dell’ex arcivescovo di Milano, Carlo Maria Martini. E ancora: “l’antico termine oikumene sottolinea che lo sguardo cristiano vibra di un impeto che lo rende capace di esaltare tutto il bene che c’è in tutto ciò che si incontra”. Il presidente di Cl si dice addolorato per quanto si sarebbe potuto fare, insieme al Cardinale, e non s’è fatto. E, come era accaduto in una sua lettera a Repubblica della primavera scorsa, il sacerdote spagnolo mette in gioco se stesso: “ci addolora (…) se possiamo aver dato pretesto per interpretazioni equivoce del nostro rapporto con lui, a cominciare da me stesso”. Ilsussidiario.net ha intervistato il poeta milanese Franco Loi per chiedergli di commentare la lettera. “Una cosa vedo nella lettera di Carrón, che è la stessa che poi mi colpiva in Martini. La carità” dice subito Loi.

Dunque, la carità. Parlando della carità come condivisione dei bisogni, Carrón afferma che “la Chiesa non può essere mai indifferente alle domande e ai bisogni degli uomini”. E’ d’accordo con lui?

Sono d’accordissimo. La carità, in un uomo consapevole, è il fondamento del rapporto tra gli uomini. Quante volte, innanzitutto a me, è capitato di pensare che l’altro sia un nemico, o uno sconosciuto con dei difetti che non posso tollerare. Da giovane mi è successo di giudicare determinate persone in un certo modo. Con il tempo e con l’esperienza, mi sono guardato dentro e mi sono reso conto che anch’io avevo quegli stessi difetti, anch’io potevo essere un avversario o un nemico. Quando Cristo afferma “ama i tuoi nemici”, dice una grande cosa, perché il tuo nemico ha tanto da insegnarti, se ti guardi dentro e rifletti su te stesso. Se non rifletti su te stesso, quello rimane un nemico e un avversario.

Qualcosa di impensabile per chi non ha la fede…

Eppure, persino un uomo come Antonio Gramsci, in una delle lettere dal carcere ai suoi parenti, scrive che non si può pensare all’avversario o al nemico come a qualcuno con il quale non ci si possa mettere d’accordo, perché a volte il nemico stesso ha molto da insegnarci. Carrón dunque ha ragione, perché il rapporto con l’altro esige anche un rapporto con se stessi, e quindi una consapevolezza di sé. Il fatto di instaurare un rapporto implica il fatto di capire l’altro e nello stesso tempo se stesso. La carità, il venire incontro all’altro, è importante e deve diventare anche azione. Lo documenta per esempio la caritativa, organizzata da Cl fin dalle sue origini, con i ragazzi che andavano nella Bassa proprio per imparare la carità e nello stesso tempo l’ecumenismo. Un impegno sulla scia dei Francescani e del loro fondatore San Francesco, che è stato l’esempio più grande della carità.

Nel suo recente editoriale sul Corriere, Galli della Loggia ha fatto un parallelo tra la dipartita storicamente “ravvicinata” di queste due personalità milanesi: Giussani e Martini. Che cosa le ha dato l'una e che cosa le ha dato l'altra?

Con il cardinal Martini non ho avuto rapporti diretti, mentre ho conosciuto don Giussani il quale mi ha dato tanto. Ho discusso con lui, su tante cose non eravamo d’accordo, ma nello stesso tempo il fondatore di Cl mi ha lasciato degli insegnamenti che mi sono rimasti dentro e che sono stati importanti per la mia vita, anche se in molti casi ne colgo il valore solo ora che ho 82 anni.

Che cosa ha compreso con il tempo di quegli insegnamenti?

Mi sono reso conto del fatto che la libertà consiste nella consapevolezza che in ogni istante siamo di fronte al Mistero delle cose, e che quindi dobbiamo essere attenti e cercare di raggiungere un grado di coscienza ancora maggiore. Come diceva Max Planck, più conosco e più mi trovo davanti al Mistero.

Che cosa l’ha colpita di più della figura di don Giussani?

La semplicità e il grande carisma. Quando l’ho incontrato per la prima volta, ero del tutto lontano da ogni forma di riverenza verso Giussani, perché ero giovane e in grande contrasto con la Chiesa. Appena me lo hanno presentato ho sentito quasi una scossa elettrica, come se lo avessi toccato, mentre mi trovato a distanza di circa due metri. E’ venuto poi a casa mia, abbiamo trascorso la vigilia di Natale insieme e in seguito abbiamo avuto numerosi altri incontri. Sono sempre stato molto legato a don Giussani e ogni volta che, come è accaduto spesso, non eravamo d’accordo riflettevo e con il crescere della mia esperienza ho dovuto riconoscere la grandezza della sua personalità.

Martini era noto per la sua capacità di saper dialogare con tutti: “la sua capacità di entrare in rapporto con tutti”, scrive Carrón. Che cosa ne pensa dell’ecumenismo che Carrón cita nella sua lettera?

Penso che l’ecumenismo sia una questione importantissima, del resto l’aveva già sollevata Papa Paolo VI. A essere a tema sono l’incontro e il dialogo con le altre religioni e soprattutto con il mondo della gente che non ha cultura, che vive quasi ai margini della società, e questo per me è importantissimo.


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