Costituzione se ti distrai, l'Europa è giacobina
LibertàWeiler,
Barbera e Grossi a confronto sulla futura Carta europea. Tre maestri del Diritto
in difesa
di una tradizione, contro i laicisti in doppiopetto. Una
battaglia per la libertà di tutti
“Se ti distrai, l’Europa è giacobina”. Basterebbe il
titolo per capire tutto. E distratti lo sono stati probabilmente in moltissimi,
in questi anni in cui l’Europa era un’entità astratta e lontana,
poi una nuova moneta che si avvicinava alle nostre vite, infine una brutta scocciatura
che ha cambiato abitudini e costo della vita, imposto misure standard per ortaggi
e frutta a volte al limite del ridicolo, imposto quote, limiti, modelli burocratici.
Ci siamo distratti per un bel po’. Ed eccola qui, l’Europa giacobina.
Quella che arriva a scrivere una Costituzione chilometrica e pomposa, lunga come
un treno (253 pagine, 69.000 parole), ma non abbastanza per contenere un riferimento
alla tradizione cristiana. E allora bisogna attendere un professore ebreo (cfr.
l’intervista su Tracce di luglio-agosto 2003) per capire che in fondo non è solo
un problema del Papa, del Vaticano, dei cattolici e dei ciellini raccolti in
un Meeting sempre più affollato. No, la questione è di tutti, di
un’intera civiltà.
Joseph Weiler
Il professore in questione è Joseph Weiler, professore di Diritto Internazionale
e dell’Unione Europea alla New York University School of Law e al Collège
d’Europe di Bruges. E la sua spiegazione del nuovo giacobinismo, che dopo
le varianti culturali e spirituali oggi si presenta anche nella fredda veste
costituzionale, è chiara: «Nel preambolo della Costituzione europea
- dice Weiler - vorremmo vedere l’Europa rappresentata, con tutta la sua
eterogeneità». Tutto giusto, tutto interessante. Eppure. «Eppure
nel preambolo rischiamo di veder rappresentata solo la tradizione costituzionale
francese, di stampo laicista, e contemporaneamente di veder negata una seconda
tradizione, egualmente diffusa nel costituzionalismo europeo, che inserisce riferimenti
forti a Dio e alla cristianità».
L’elenco di questa seconda tradizione è piuttosto lungo: c’è “Dio” nella
Costituzione tedesca, la “Santissima Trinità” in quella irlandese
accanto al “Divino Signore Gesù Cristo”, c’è la
Chiesa luterana come Chiesa ufficiale in quella danese. Insomma, c’è una
tradizione giuridica che laica non è e che viene spazzata via dai nuovi
giacobini in doppiopetto. «Non si può predicare pluralismo culturale
- attacca Weiler - e praticare nel preambolo della Costituzione europea un vero
e proprio imperialismo costituzionale. Questo non si fa». Applausi. Nell’Europa
che nasce c’è il laico e il cristiano, ma «c’è un
giacobinismo culturale - attacca ancora Weiler - che assume come premessa implicita
la laicità dell’Europa». Eppure una via d’uscita si
potrebbe anche trovare, guardandosi attorno con una certa attenzione. E la si
trova nella Costituzione della Polonia.
Augusto BARBERA
È lo stesso Weiler a leggerla, trovando poi una sponda autorevole nel costituzionalista
diessino Augusto Barbera, il quale in virtù dell’evidenza crociana
del “non possiamo non dirci cristiani”, sottoscrive pienamente la
proposta. «Proprio per questo - spiega - non si riesce davvero a capire
perché non ci sia il riferimento alle tradizioni cristiane. È come
se ci si fosse fermati a mezz’aria: si parla delle tradizioni religiose
europee, ma non si va oltre, ostinatamente. Eppure il Diritto in Europa è stato
alimentato, come un diritto umano, anche e soprattutto dal Diritto canonico e
dalle tradizioni cristiane. Università come quelle di Salamanca, Bologna,
Montpellier, Oxford, sono stati centri di azione di questo Diritto, ispirandosi
esplicitamente ai valori cristiani. Evidentemente la scelta della censura di
questa tradizione è voluta, nasce da una convinzione profonda».
Una censura pericolosa, secondo Barbera, soprattutto perché indebolisce
l’identità delle comunità che compongono l’Europa proprio
nel momento storico in cui il confronto diretto con altre tradizioni richiederebbe
semmai un approfondimento delle radici, una certezza di sé per poter dialogare
e integrare le differenze. Tutte buone ragioni per alzare finalmente il livello
della discussione, per capire fino in fondo cosa c’è in gioco in
questa delicatissima fase storica.
E allora, ripartiamo dalla Costituzione della Polonia. Dove l’unità culturale
e spirituale europea è formulata nel modo seguente: «Avendo riguardo
per l’esistenza e per il futuro della nostra Patria (…) noi tutti
cittadini polacchi, sia quelli che credono in Dio come fonte di verità,
giustizia, bene e bellezza, sia quelli che non condividono questa fede ma rispettano
quei valori universali come derivanti da altre fonti…», eccetera.
Rispetto per gli uni e per gli altri. Chiarezza nell’identità dei
cristiani come dei laici. Evidentemente troppo semplice per i cavillosi euro-burocrati
guidati dai cavillosi franco-giacobini.
Paolo grossi
Troppo semplice per gli eredi dell’astratta statolatria e “regolatria” di
cui parla invece Paolo Grossi, storico del Diritto a Firenze. «Il rischio
vero - dice - è che la Carta europea sia separata dalla costituzione materiale
di un popolo, dalla sua storia, dalle sue forze vitali».
Non a caso tutto il capitolo dei diritti fondamentali pecca di astrattezza esasperata,
pensando alle persone in carne e ossa come a semplici “individui”,
o anche “cittadini”. Grossi si occupa di Diritto, ma la sua analisi
si allarga e si allunga verso la lunga tradizione pluralista e comunitaria tipica
dell’Occidente cristiano, a partire da un’idea di diritto che deve
essere immerso nel sociale, pensato come relazione e contrappeso al dovere. Un
diritto vivo, carnale, radicato nella storia e nella vita di un popolo. Tutto
il contrario dell’idea del diritto che ispira la Costituzione europea: «La
Carta è sorda sul punto più cruciale per la libertà di tutti:
la dimensione sociale del soggetto. E questo è molto grave, perché la
politicità, cioè il senso della polis, il senso della comunità viene
espresso assai di più dalle tante società intermedie in cui ciascuno
di noi vive, che non dallo Stato e dal suo freddo apparato di potere».
Questa è la vera tradizione europea e occidentale, che da Aristotele passa
attraverso Tocqueville e attraverso i critici della Rivoluzione Francese arriva
fino a noi, per ricordarci che l’Europa può essere pluralista e
cristiana. Basta non distrarsi.