Dialogo e regole. Terroristi della porta accanto

Terrorismo
Mario Prignano

Dambruoso, magistrato, Mantovano, sottosegretario agli Interni, Mori, direttore Sisde, hanno parlato di “violenza della porta accanto”. Il terrorismo internazionale e l’impegno per la sicurezza di persone e nazioni

«Al Qaeda è come una palla di vetro che ha appena ricevuto una martellata: le sue schegge sono finite in ogni parte del mondo e ora si trovano fuori controllo». L’immagine è di Stefano Dambruoso, magistrato esperto di terrorismo, ma Alfredo Mantovano, sottosegretario all’Interno, e Mario Mori, direttore del Sisde, non sono stati da meno. Il titolo dell’incontro, moderato da Antonio Intiglietta, era “La violenza della porta accanto: domande sul terrorismo internazionale”.

“Imprese” sventate
Non esistono distanze di sicurezza, perché con il terrorismo, ormai, condividiamo il pianerottolo di casa. «Un grande pregio del lavoro svolto dal 12 settembre 2001», ha riconosciuto Dambruoso, «risiede proprio nella cattura dei soggetti più noti di Al Qaeda. Però ne sono sorti di nuovi: ci sono gruppi locali, che si sono ricostituiti dopo il primo periodo di sbandamento, nel 2002, quando hanno dovuto far rientro dall’Afghanistan, e ora sono andati nuovamente a nascondersi nelle città europee di provenienza». Da qui una minaccia diversa da quella che poteva incombere prima dell’11 settembre, ma non meno pericolosa. «Molte volte sono gruppetti minori, a volte addirittura singoli che fanno attività terroristica in modo individuale». Basta scavare nell’attività investigativa di qualche commissariato, ha affermato Dambruoso, per scoprire quante “imprese” siano state sventate all’ultimo momento. «Anche l’attentato di Madrid», per il magistrato, «risponde alla logica di un gruppo locale, con soggetti arrivati dal Marocco per riempire di nuove energie una cellula terroristica».

Fondamentalismo islamico
Alfredo Mantovano ha spiegato che «i tratti essenziali del fondamentalismo islamico prevedono, in primo luogo, l’applicazione della Sharia in ogni Paese con presenza islamica maggioritaria. In secondo luogo, viene la riproposizione dell’antico califfato, cioè un’area islamica con guida comune. In terzo luogo l’espansione dell’islam in tutto il mondo. Gli attentati consumati anche in Occidente sono frutto di un fondamentalismo che può collocarsi tra la prima e la seconda fase». In questo senso, secondo il Sottosegretario, i peggiori nemici del fondamentalismo sono i Paesi islamici moderati e quei Paesi occidentali con i quali intrattengono un dialogo. Non a caso, è proprio attorno al dialogo islam-Occidente che ruota la possibilità di soluzione dei problemi. Secondo Mori «questo è l’unico indirizzo che possiamo assumere» e «se faremo prevalere la corrente moderata in Italia, in Europa, in Occidente, noi avremo risolto, per le generazioni future, i nostri problemi». Una condizione perché questo avvenga è data anche da una sempre più stretta cooperazione giudiziaria visto che, come ha sottolineato Dambruoso, «a tutt’oggi le prove a carico di un soggetto condannato in Italia possono non valere in Germania: con quale effetto sull’esito della lotta al terrorismo internazionale è facile immaginarlo». Dialogo con i Paesi islamici moderati, dunque, ma pure superamento di barriere burocratiche.