Educare. Dimensione di ogni rapporto
Scuola“Una compagnia di insegnanti all’opera” è lo slogan
dato come titolo a una serie di incontri che al Meeting di Rimini hanno proposto
la questione educativa nel contesto della scuola italiana di oggi, quella che
si avvia a tentare la riforma. Molti gli esperti che si sono confrontati sul
tema proposto. Tra gli altri, la professoressa Mariella Carlotti e Guido Gili,
preside della facoltà di Scienze umane e sociali del Molise
In questa serie di incontri sono state affrontate le problematiche più significative
e urgenti che sono attualmente presenti nella scuola, dai cambiamenti sollecitati
dall’introduzione dei nuovi piani di lavoro personalizzati e del portfolio
delle competenze, alle prospettive che si aprono con la creazione di un nuovo
sistema di istruzione superiore, caratterizzato da due segmenti, quello liceale
e quello dell’istruzione e formazione professionale. All’interno
di questo percorso, che ha visto esperti del mondo della scuola confrontarsi
in un’ottica di costruzione, è risultato via via evidente che la
questione centrale sia l’insegnante, il perno della vita della scuola; è dalla
sua azione che una realtà scolastica prende forma, e non dalle mille regole
o circolari che pur la devono organizzare.
Maestri, materie e lezioni
Lo hanno documentato, in modo diverso ma correlato, Mariella Carlotti, docente
all’Ipsia Marconi di Prato, e Guido Gili, preside della facoltà di
Scienze umane e sociali presso l’Università degli Studi del Molise.
In un incontro dal tema “L’azione didattica: maestri, materie, lezioni” i
due relatori hanno reso ragione di un assioma indiscutibile, quello secondo cui è l’insegnante
il valore aggiunto di ogni scuola. Il professor Gili ha svolto un’interessante
relazione analitica sulla questione della credibilità dell’insegnante.
Diverse sono le ragioni per cui un insegnante viene ritenuto credibile: vi sono
ragioni legate alla competenza, altre che riguardano il campo morale, altre quello
affettivo. Gili si è poi soffermato sul fatto che la credibilità sia
legata al ruolo e quindi oggi sia in crisi perché il ruolo dell’insegnante
non gode di un grande credito nella nostra società. Però «accanto
alla credibilità del ruolo - ha sottolineato - c’è quella
nel ruolo, cioè il modo con cui ogni insegnante dà dignità alla
sua funzione».
Crisi di credibilità
La professoressa Carlotti ha raccolto la sfida lanciata dal professor Gili, affermando
che c’è una crisi di credibilità dell’insegnante, perché non
si crede più nel proprio compito. Ha poi precisato che il lavoro dell’insegnante
non esaurisce in sé l’educazione, ma ne è come un paradigma,
in quanto «l’educazione non è il compito degli insegnanti,
ma la dimensione di ogni rapporto». Nella scuola il compito educativo si
svolge dentro una condizione particolare e specifica, quella dell’istruzione,
e ha a che fare con l’uso della ragione e della sua dinamica di rapporto
con la realtà. Decisivo in questo orizzonte è educare a un criterio
di giudizio che trova nelle esigenze fondamentali di ogni persona il suo punto
di riferimento; è per questo, è perché si comunica un metodo
che si educa, altrimenti si finirebbe al di là delle più buone
intenzioni con l’indottrinare.
Musica classica in classe
Che in un istituto professionale si possano proporre dei brani di musica classica
e che gli studenti ne siano colpiti, che un collega ritenga questo impossibile
per il pregiudizio che porta nei confronti degli studenti, che gli stessi ragazzi
si ribellino a questo giudizio per la stima con cui un altro li ha guardati,
sono solo alcuni piccoli segni del fatto che educare è correre il rischio
di uno sguardo. «Sono entrata in classe per anni - ha detto la professoressa
Carlotti - preoccupata di che cosa dire e di che cosa fare. È giusto,
ma per me è stato decisivo il giorno in cui ho corso il rischio di guardare
in faccia uno a uno i miei studenti, il rischio di una simpatia». È perché un
insegnante comunica un metodo nell’orizzonte di uno sguardo che gli studenti
diventano capaci di prendere decisioni autonome. Commovente in questo senso è stato
l’episodio legato a una settimana di studio che la professoressa Carlotti
ha proposto alla sua classe per preparare la maturità. Questa iniziativa,
che si sarebbe dovuta svolgere assieme ad altri studenti, è stata ostacolata
da una lettera anonima, tanto che la stessa insegnante ha dovuto rinunciarvi,
proponendo agli studenti di trovarsi a studiare a scuola. Quando la professoressa
lo ha detto in classe uno studente si è alzato in piedi e ha affermato: «Io
vado lo stesso a studiare dove lei mi ha proposto, perché quello che mi
ha insegnato in questi anni è una ragione che vale per tutto».
La Giornata della Memoria
Quello studente, assumendosi la responsabilità di un giudizio e di una
decisione, ha reso ragione della bontà del metodo con il quale era stato
accompagnato ad affrontare giorno dopo giorno la realtà. Ancora, in occasione
della Giornata della Memoria, chiese agli studenti di definire gli ebrei scrivendolo
su un foglio. Leggendo quanto gli studenti avevano scritto rimase colpita dalla
corrispondenza con le definizioni presenti nel Mein Kampf, il che l’ha
portata a proporre di andare alla sinagoga a chiedere agli stessi ebrei quale
fosse la loro identità. Il desiderio di conoscere è un fattore
fondamentale nell’esperienza educativa, sta lì l’inizio della
liberazione e l’insegnante deve quotidianamente provocarlo.