Esegesi Vangelo e storicità. Gesù parlava aramaico
ChiesaLe
donne al sepolcro e la tomba vuota. Monsignor César
Franco e padre Garcia hanno parlato dei recenti studi della Scuola di esegesi
biblica di Madrid.
Il sostrato aramaico dei Vangeli e gli errori del testo greco del racconto della
Resurrezione
All’inizio degli anni 90 quello sulla storicità dei Vangeli fu il
contenuto di una battaglia culturale che attraverso le colonne del settimanale
Il Sabato e del mensile 30giorni e lo stesso Meeting di Rimini riempì l’attenzione
del mondo culturale ed ecclesiale, a partire dagli studi che il compianto padre
O’Callagan aveva compiuto sui frammenti di Qumran che portavano documentazione
storica sulla contemporaneità del racconto Evangelico ai fatti narrati
(vedi: Stefano Alberto, Vangelo e storicità, Bur). L’incontro proposto
al Meeting si riallacciava idealmente a quella battaglia, da un altro punto di
vista. Non più dei frammenti antichi di rotoli del deserto, ma lo studio
della lingua dei Vangeli, che ha come protagonisti un gruppo di esegeti della “Scuola
di Madrid”, che fa capo alla facoltà teologica S. Damaso di Madrid.
Era in sala padre Julián Carrón, anche lui della scuola madrilena.
Tutto cominciò dall’entusiasmo che un ormai anziano professore di
Sacre Scritture ed Esegesi Biblica, padre Mariano Herranz, seppe comunicare a
un gruppo di giovani del Seminario di Madrid, a partire dalle sue rivoluzionarie
intuizioni sul sostrato aramaico - la lingua di Gesù - dei Vangeli. E
fu l’inizio di un’avventura che li lanciò in una battaglia
contro due secoli di esegesi biblica che sosteneva il carattere mitico, leggendario
del Vangelo, quasi che le prime comunità cristiane avessero inventato
loro il mito di un Gesù figlio di Dio, incarnazione dell’Essere
e del Mistero.
Due di quei giovani ormai cresciuti erano a Rimini a parlare dei recentissimi
studi a riguardo della storicità dei racconti sulla Resurrezione di Gesù:
Monsignor César Augusto Franco Martìnez, vescovo Ausiliare di Madrid
e Josè Miguel Garcia, docente di Esegesi del Nuovo Testamento presso la
Facoltà di Teologia San Damaso di Madrid.
Anomalie di redazione e di senso
Monsignor Franco ha esordito osservando che «da circa sei anni facciamo
esperienza che il primo compito che devono realizzare gli studiosi del Nuovo
Testamento è quello di identificare le anomalie di redazione e di senso
del testo greco. Questo non risulta sempre facile, perché in un buon numero
di casi siamo così abituati a tali anomalie che li leggiamo e rileggiamo
senza percepire niente di strano. Solo dopo aver compiuto questo primo passo
si può passare al secondo, che consiste nello spiegare come ha potuto
nascere la stranezza del testo greco che abbiamo davanti, stranezza che ha costituito
da più di 200 anni un ostacolo molto serio all’affermazione della
storicità dei Vangeli».
Il Vescovo biblista ha quindi offerto il frutto delle ultime ricerche sul capitolo
XX del Vangelo di Giovanni: «Benché sembri strano, possiamo affermare
che le pagine dei Vangeli con maggior punti oscuri o incomprensibili, sono precisamente
quelle di maggior importanza per la fede cristiana in Gesù Cristo».
E così ha citato i racconti che parlano della scoperta del sepolcro di
Gesù vuoto e delle sue apparizioni in Marco, Matteo e Giovanni, mostrando
le incongruenze del testo greco rispetto all’aramaico.
La ricostruzione del racconto
Il racconto che tutti conosciamo suona così:
«
Passato il Sabato, Maria di Màgdala, Maria di Giacomo e Salome comprarono
oli aromatici per andare a imbalsamare Gesù. Di buon mattino, il primo
giorno dopo il Sabato, vennero al sepolcro al levar del sole. Esse dicevano tra
loro: “Chi ci rotolerà via il masso dall’ingresso del sepolcro?”.
Ma, guardando, videro che il masso era già stato rotolato via, benchè fosse
molto grande. Entrando nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra,
vestito di una veste bianca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: “Non
abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto,
non è qui. Ecco il luogo dove lo avevano deposto. Ora andate, dite ai
suoi discepoli e a Pietro che Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete,
come vi ha detto”. Ed esse, uscite, fuggirono via dal sepolcro perché erano
piene di timore e di spavento. E non dissero niente a nessuno, perché avevano
paura» (Mc 16,1-8).
Ed ecco come gli studiosi di Madrid lo hanno ricostruito sulla base del sostrato
aramaico:
«
Quello che vi troviamo non è il racconto di un viaggio di alcune donne
al sepolcro di Gesù la mattina del terzo giorno dopo la sua morte, bensì il
racconto di due viaggi realizzati da due gruppi distinti di donne. Il primo,
composto da tre donne, va al sepolcro quando è ancora buio per ungere
Gesù come si suole fare tra gli ebrei. Le tre donne sanno dell’esistenza
delle guardie e durante il cammino esprimono il desiderio di non trovare nessun
problema. Ma quando arrivano al sepolcro trovano la pietra rotolata via e il
corpo di Gesù è sparito. Tornando a Gerusalemme, senza sapere cosa
sia successo nel sepolcro raccontano tutto questo alle atre donne, che subito
vanno a vedere. Il secondo gruppo è sicuramente più numeroso del
primo, mentre il primo viaggio è narrato molto schematicamente, nel secondo
l’evangelista si trattiene nel dettagliare di più, benchè non
si allontani mai dalla sobrietà. A questo secondo gruppo di donne appare
l’angelo che annunzia loro la resurrezione di Gesù. Tornando alla
città di Gerusalemme, esse raccontano quello che è successo agli
apostoli, che non credono pensando che le donne abbiano perso la tesa. È facile
notare che nel racconto originale aramaico non esiste nessuna discrepanza tra
i Vangeli, né alcuna delle stranezze o risonanze di relazione che abbiamo
rilevato nel greco».
La scoperta del sepolcro
È stata quindi la volta di padre Garcia che si è soffermato su come Giovanni
racconta la scoperta del sepolcro vuoto. Da una parte, narra solo il primo viaggio
delle donne al sepolcro, quello raccontato più specificamente da Marco.
Dall’altra, racconta la visita di Pietro e dell’altro discepolo al
sepolcro dopo aver ricevuto dalla Maddalena la notizia che il sepolcro è vuoto
e che hanno portato via il Signore. «Dice il narratore che Maria va al
sepolcro e vide che la pietra è stata ribaltata dal sepolcro. Subito dopo
parla della fretta con cui corre a portare questa notizia ai discepoli, ma se
nel primo versetto il testo non dice che Maria entra nel sepolcro, o almeno che
guarda all’interno di esso, non si comprende come possa presentarsi davanti
ai discepoli dicendo: hanno portato via il Signore dal sepolcro».
Ecco la traduzione ricostruita sulla base del sostrato aramaico:
«
Il primo giorno della settimana, Maria di Magdala va presto, essendoci ancora
scuro, al sepolcro. E benchè veda solamente una parte del sepolcro dalla
pietra tolta dalla porta, corre e va da Simon Pietro e dall’altro discepolo
che Gesù amava e dice loro: hanno portato via il Signore dal sepolcro
e non sappiamo cos’è successo e dove l’hanno messo. Uscirono
dunque Pietro e l’altro discepolo e andarono al sepolcro e correvano insieme
tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e arrivò per
primo al sepolcro. Chinatosi vide la tela doppia con cui l’avevano messo,
con cui lo seppellirono, ma non entrò. Giunse anche Simon Pietro, seguendolo,
e dentro, nel sepolcro, e contemplò che la tela doppia era messa così come
era stata lasciata e il sudario che era stato attorno alla sua testa, non posto
con la tela doppia, bensì a parte, arrotolato nello stesso posto. Allora
entrò anche l’altro discepolo che era arrivato per primo al sepolcro
e vide e credette anche che vedeva quello che secondo la scrittura non avevano
capito. Che egli doveva resuscitare dai morti».
Il 29 aprile scorso il cardinale Ratzinger ricordava una verità fondamentale
nel suo intervento in occasione del centenario della costituzione della Pontificia
Commissione biblica: «L’opinione che la fede come tale non conosca
assolutamente dei fatti storici e debba lasciare tutto questo agli storici è gnosticismo.
Tale opinione disincarna la fede e la riduce a pura idea. Per la fede che si
basa sulla Bibbia è invece esigenza costitutiva proprio il realismo dell’accadimento.
Infatti la fede Cattolica nasce da un avvenimento storico e i nostri Vangeli
sono racconti storici, raccontano qualcosa d’accaduto».
Sulla scia di questo giudizio, Garcia ha concluso: «Questi racconti non
sono, come vogliono tanti studiosi, racconti leggendari e scritti tardivamente
con uno scopo apologetico o per esprimere una teologia, bensì racconti
di eventi storici che ci fanno assistere oggi alla nervosa drammaticità che
hanno vissuto le donne e gli uomini che ne sono protagonisti».
Gli studi dei biblisti della Scuola di Madrid aiutano a tenere viva la coscienza
che il Mistero ha assunto un volto, una forma: un uomo che parlava, mangiava,
moriva ed è risorto. Dilatando nel tempo la Sua pretesa.