I cristiani. Testimoni di ricostruzione
IraqAtti terroristici, minacce. La comunità cristiana è messa a dura
prova. «Siamo iracheni e resteremo fino alla fine dei nostri giorni» ha
testimoniato Shlamon Warduni, vicario del Patriarca caldeo di Babilonia
Ottocentomila persone, un piccolo popolo, una minoranza esigua in una nazione
che non riesce a trovare la strada della riconciliazione e della rinascita. Il
numero dei cristiani continua a calare: tre guerre in quindici anni, gli effetti
dell’embargo e da ultimo, in agosto, gli attentati terroristici alle chiese,
hanno messo a dura prova la vita di una comunità che rivendica orgogliosamente
l’appartenenza alla nazione irachena. Le parole di Shlamon Warduni, vicario
del Patriarca caldeo di Babilonia, scaldano la platea del Meeting: «Non
vogliamo essere considerati un gruppo a parte, siamo iracheni e in Iraq resteremo
fino alla fine dei nostri giorni.
Anche se i fanatici ci chiamano infedeli, e se qualcuno ci considera gli infidi
alleati degli americani, sappiamo di far parte a pieno titolo della storia di
questo Paese. Aiutateci a rimanere».
Comunità integrata
Un appello raccolto dai volontari di Avsi, l’Associazione volontari per
il servizio internazionale, che sta collaborando con il patriarcato di Baghdad. «Abbiamo
incontrato una comunità cristiana profondamente integrata nella società -
racconta Giampaolo Silvestri, responsabile dei progetti Avsi per l’Africa
e il Medio Oriente -. Non un’enclave, ma gente che ha a cuore il destino
del suo popolo. Quando abbiamo chiesto a Warduni come potevamo renderci utili,
non ha sollecitato aiuti materiali, ma anzitutto il sostegno all’opera
educativa che la Chiesa ha messo in campo, in particolare negli asili. In un
Paese in cui le necessità sono enormi, ci ha detto: “Aiutateci a
dare un futuro ai nostri figli e a questo Paese, aiutateci a educare”».
La dittatura di Saddam ha prodotto personalità atrofizzate, sempre meno
capaci di costruire futuro e di sperare nel cambiamento. Sostenere gli asili
- sei sono già stati rimessi in condizione di funzionare, altri due sono
prossimi alla riapertura -, significa valorizzare luoghi dove la persona viene
accolta nella sua integralità e dove cresce una convivenza tra fedi e
culture diverse. Luoghi dove si sperimenta quella libertà che la Chiesa
chiede non come privilegio per sé, ma come ricchezza per tutti, e che
invece viene messa in discussione dal terrorismo e dallo sviluppo delle tendenze
radicali dell’islam, come testimonia il giornalista Gian Micalessin ricordando
i suoi viaggi in terra irachena.
Nuovi muri
I finanziamenti dell’Arabia Saudita per la costruzione di moschee e l’arrivo
di predicatori che diffondono la visione wahhabita - integralista e intransigente
- dell’islam hanno irrigidito le posizioni, alzato muri tra le diverse
componenti della popolazione e penalizzato i cristiani. Le minacce ai commercianti,
i rapimenti di bambini della comunità cristiana di Baghdad e le bombe
contro le chiese, sono la punta di un iceberg che mette a rischio una convivenza
secolare. Ma Warduni crede nella profezia di Gesù: «Chi ha detto “sarò con
voi fino alla fine del mondo”, non permetterà l’estinzione
della nostra presenza. Chi ci ha amato fino alla morte ci darà l’energia
per andare avanti. Ma voi, cristiani d’Occidente, non dovete dimenticarci».