Il miracolo dell'esistenza

Ignacio Carbajosa


In questi giorni abbiamo tutti vissuto, chi più chi meno, la trepidazione per la vita e la liberazione dei 33 uomini imprigionati a 700 metri di profondità in una miniera in Cile. Ma che cosa è realmente accaduto? Non nascondiamoci: tre mesi fa della vita di questi minatori non ci importava nulla, erano dei perfetti sconosciuti. Al massimo, potevano essere lo sp8nto per una generica rivendicazione sindacale o ideologica. È bastato che la nostra attenzione fosse richiamata sulla loro vicenda quotidiana per poco più di due mesi – lo scorrere dei giorni e delle notti – perché ci rendessimo davvero conto del valore di questi minatori e perché questa consapevolezza muovesse tutto il nostro affetto. Da qui la commozione che ci ha colpito vedendoli uscire dalla terra: sono vivi! Esistono!
La copertura mediatici che questa vicenda ha avuto, e che l’ha trasformata in un fatto di interesse mondiale, ci ha permesso di cogliere in atto l’esperienza di milioni di persone. Ma quale esperienza abbiamo colto in atto, o meglio, che cosa ci si è rivelato, durante questi giorni, della struttura più profonda della nostra natura? Qualcosa che sta davanti ai nostri occhi e che facciamo fatica a vedere: lo spettacolo, la meraviglia dell’esistenza, dell’essere.
La sorpresa di fronte alla vita, al mistero dell’esistenza, è diventata in pochi giorni esperienza comune di milioni di persone. Dare per scontato questo fatto è essere sleali con la nostra ragione e con la nostra esperienza più elementare. È espressione di una ignavia intellettuale a cui cediamo con grande facilità. Non è difficile immaginare come questi 33 minatori guarderanno tutte le cose che ora li circondano, e in particolare i propri familiari: come nuove, come donate. In una parola, non scontate. Partire da questa sorpresa, da questa gratuità che ci precede, determina il passo successivo nel rapporto con le cose e le persone. Come avrà abbracciato, il diciassettesimo minatore, sua moglie con la quale aveva litigato un’ora prima di scendere nella miniera?
Ma proviamo a immaginare che cosa è accaduto laggiù in questi 69 giorni. Ci aiutano le prime testimonianze dei minatori. Per settimane hanno visto ridursi il loro “universo” alle cose essenziali: la propria esistenza e quella dei propri compagni. Entrambe assolutamente gratuite e percepite come un dono, un dono che si mendica ogni giorno e di cui si è grati ogni notte (se si poteva fare una distinzione tra giorno e notte in quelle circostanze). E insieme a questi doni, un’ultima evidenza, testimoniata in molti modi nelle prime ore vissute una volta risaliti in superficie: il filo sottile ma saldo che li teneva legati con il Mistero che fa tutte le cose e che sostiene l’essere. Le cose ultime ed essenziali che determinano tutta la vita dell’uomo. Solo così possiamo comprendere davvero il ringraziamento rivolto a Dio dai minatori.
Ognuno di noi, ogni notte, discende in miniera, e tutte le mattine al risveglio ritorna alla luce. Questo è un dato della nostra esperienza sul quale sorvoliamo con troppa facilità. Ma non c’è dato più sorprendente del fatto che in questo istante io sono vivo, che le cose esistono. Che ogni mattina risveglia l’essere. Questo si è reso evidente davanti a questi minatori.
È significativo che la maggior parte dei mezzi di comunicazione, che non hanno potuto sottrarsi all’attrazione di questa vicenda, non abbia le risorse per leggere, per capire quello che sta accadendo in questi giorni. Si soffermano su aspetti secondari, scivolano su analisi che toccano solo marginalmente la realtà che abbiamo davanti agli occhi. E all’origine di questa miopia nella conoscenza sta la difficoltà ad accogliere il primo dato che ci si impone: siamo vivi!
Alcuni hanno contestato l’uso del termine “miracolo” per descrivere quanto è successo. Possiamo sforzarci di trovare un accordo sulla definizione di miracolo. Ma non possiamo negare che questo fatto ci ha posto davanti un miracolo, il miracolo dell’esistenza.