L'esperienza elementare in Giovanni Paolo II

Giovanni Paolo II
Alberto Savorana

Alla presentazione del libro di monsignor Angelo Scola è stato invitato il professore Stanislaw Grygiel, docente di Filosofia all’Istituto Giovanni Paolo II di Roma, collaboratore di Karol Wojtyla dal 1958. E soprattutto amico. Ecco la sua testimonianza

Il Meeting ha ospitato un altro momento dedicato al venticinquesimo di pontificato. È stato l’incontro con Stanislaw Grygiel, filosofo polacco e amico di lunga data, insieme alla moglie Ludmilla, di Karol Wojtyla. Grygiel ha presentato il libro di Angelo Scola L’esperienza elementare: la vena profonda del magistero di Giovanni Paolo II, edito da Marietti. Il volumetto è un omaggio carico di ragione e di affetto all’attuale Pontefice. Scrive il Patriarca di Venezia: «Nel solco della successione petrina, l’attuale Pontefice continua ad annunciare, pagando di persona, che Gesù Cristo è morto e risorto per la salvezza degli uomini, ma in questo suo insegnamento brilla di intensa luce una perla preziosa: l’esperienza umana elementare. Così Giovanni Paolo II promuove non solo la fede cristiana, ma anche la ragione e la libertà come tali». La testimonianza del Papa è questa esaltazione della ragione e della libertà dell’uomo, che la fede in Gesù Cristo morto e risorto opera in chi la accoglie, in chi se ne lascia sorprendere stupito come un bambino. ancora: «Nel pieno esercizio del ministro petrino di confermare nella fede i fratelli - scrive Monsignor Scola - egli ha mostrato a noi tutti la logica profonda insita nel dono della fede: la testimonianza. Dalla gratitudine per il dono ricevuto scaturisce la testimonianza, cioè l’abbandono totale di sé, l’abbandono totale di sé al Padre per il bene dei fratelli. Prima ancora che come contenuto dell’insegnamento, l’esperienza ecclesiale della fede parla attraverso la testimonianza di Colui che insegna». Tutta la vita del Papa è questo insegnamento che passa attraverso la sua testimonianza di uomo: testimonianza dell’«avvenimento di Cristo», scrive ancora Scola, «che nella storia permane e si fa incontro ad ogni uomo di ogni tempo, rendendosi presente qui ed ora».
E questa testimonianza, questa pretesa di comunicare agli uomini la risposta all’esperienza umana elementare è il principio di una lotta col mondo, per il mondo, un mondo che non lo riconosce: «La modernità è per larga parte fondata sulla scommessa che l’uomo sarà tanto più se stesso quanto più reciderà i legami che lo tengono ancorato alle proprie appartenenze. A ben vedere qui si trova una delle più tenaci radici dell’ideologia. Karol Wojtyla ci propone invece una liberà che abbraccia i legami costitutivi con Dio e con gli altri nell’autentica communio personarum. È una via che apre all’autentico pensiero dell’esperienza, prospettive più promettenti».
Nel suo appassionato intervento Grygiel ha sottolinesato che «è nel testimone che la verità ad est, è presente ed essendo presente libera gli schiavi dai loro ragionamenti e dai loro voleri. In questo senso solo la verità è buona. Il testimone partecipa della Sua bontà. «Perché mi chiami buono? Solo Dio è buono». Buono è solo il «vir qui adest» (S. Agostino). Il testimone parla con tutto se stesso di Colui che è presente. (…)
Proprio in questa prospettiva Angelo Scola legge l’antropologia adeguata di Giovanni Paolo II. Entrambi parlano della reciproca presenza delle persone, presenza samaritana del Dio-uomo, Redemptor hominis, centro della storia e dell’universo, e presenza domandante dell’uomo che desidera di partecipare alla verità che è Dio. La presenza di Cristo, dice Giovanni Paolo II nella Redemptor Hominis, si chiama misericordia; essa si manifesta nel grido divino rivolto all’uomo nascosto tra gli alberi nel giardino: «Dove sei?», si manifesta nel grido dei profeti: «Convertiti, ritorna, rivelati». A un certo punto la misericordia di Dio si è incarnata, scendendo da Gerusalemme a Gerico. E solo chi si rende conto di essere aggredito dal male può contemplarla. Cristo si avvicina ai sofferenti perché solo in loro sorgono le domande fondamentali alle quali egli, la misericordia, è risposta. La discesa di Cristo da Gerusalemme a Gerico permette l’ascesa dell’uomo da Gerico a Gerusalemme. Il fiat mihi mariano permette a Cristo di scendere sulle pianure umane e nel contempo permette all’uomo di ascendere alle altezze divine… L’evento della libertà nell’uomo è il dramma mariano di chi è disposto a morire a sé per l’altro e la beatitudine è provocata dall’adest di questo altro». Al contrario, ha spiegato il filosofo polacco, sta la figura del giovane ricco, che di fronte all’invito di Cristo «se ne va afflitto nonostante la sua innocenza etica. Era un uomo bravo, eticamente bravo, ma egli rimase chiuso nel proprio interesse che i greci hanno chiamato idiozia».
Grygiel ha infine notato che «sono molti che parlano di Giovanni Paolo II. Tra loro, però, sono pochi che aiutano il lettore a pensare con lui. Non è possibile comprendere Giovanni Paolo II vivendo fuori dell’esperienza elementare dell’uomo. La sua antropologia adeguata è costituita dalle domande fondamentali sulla vita e non dagli interessi e dalla voglia dei successi, anche se questi fossero pastorali. Angelo Scola lo comprende, egli pensa a partire dalla propria esperienza elementare e dalle proprie domande fondamentali. Questa è la condizione per poter cogliere creativamente, e quindi adeguatamente, l’originalità di Karol Wojtyla e di Giovanni Paolo II».