La religiosità autentica e il potere
OccidenteDa una conversazione di Luigi Giussani con un gruppo di Comunione e Liberazione.
New York, 8 marzo 1986
Che cosa pensi della cultura occidentale? Questa domanda per noi è importante
perché viviamo in un Paese che vuole essere l’espressione realizzata
dell’Occidente.
Mi pare che sia una domanda onnicomprensiva. Credo che, innanzitutto, la cultura
occidentale possieda dei valori tali per cui si è imposta e come cultura
e operativamente, socialmente, a tutto il mondo. C’è una piccola
osservazione da aggiungere: che tutti questi valori la civiltà occidentale
li ha ereditati dal cristianesimo: il valore della persona, assolutamente inconcepibile
in tutta la letteratura del mondo, perché la persona è concepibile
come dignità esclusivamente se è riconosciuta non derivare integralmente
dalla biologia del padre e della madre, altrimenti è come un sasso dentro
il torrente della realtà, una goccia di un’ondata che si infrange
contro la roccia; il valore del lavoro, che in tutta la cultura mondiale, in
quella antica ma anche per Engels e Marx, è concepito come una schiavitù, è assimilato
a una schiavitù, mentre Cristo definisce il lavoro come l’attività del
Padre, di Dio; il valore della materia, vale a dire l’abolizione del dualismo
fra un aspetto nobile e un aspetto ignobile della vita della natura, che non
esiste per il cristianesimo; la frase più rivoluzionaria della storia
della cultura è quella di san Paolo: «Ogni creatura è bene» per
cui Romano Guardini può dire che il cristianesimo è la religione
più “materialista” della storia; il valore del progresso,
del tempo come carico di significato, perché il concetto di storia esige
l’idea d’un disegno intelligente.
Questi sono i valori fondamentali della civiltà occidentale, a mio avviso.
Non ne ho citato un altro, perché è implicito nel concetto di persona:
la libertà. Se l’uomo deriva tutto dai suoi antecedenti biologici,
come la cultura imperante pretende, allora l’uomo è schiavo della
casualità degli scontri e quindi è schiavo del potere, perché il
potere rappresenta l’emergenza provvisoria della fortuna nella storia.
Ma se nell’uomo c’è qualche cosa che deriva direttamente dall’origine
delle cose, del mondo, l’anima, allora l’uomo è realmente
libero. L’uomo non può concepirsi libero in senso assoluto: siccome
prima non c’era e adesso c’è, dipende. Per forza. L’alternativa è molto
semplice: o dipende da Ciò che fa la realtà, cioè da Dio,
o dipende dalla casualità del moto della realtà, cioè dal
potere. La dipendenza da Dio è la libertà dell’uomo dagli
altri uomini. La mancanza terribile, l’errore terribile della civiltà occidentale è di
aver dimenticato e rinnegato questo. Così, in nome della propria autonomia,
l’uomo occidentale è diventato schiavo di ogni potere. E tutto lo
sviluppo scaltro degli strumenti della civiltà aumenta questa schiavitù.
La soluzione è una battaglia per salvare: non la battaglia per fermare
la scaltrezza della civiltà, ma la battaglia per riscoprire, per testimoniare,
la dipendenza dell’uomo da Dio. Quello che è stato in tutti i tempi
il vero significato della lotta umana, vale a dire la lotta tra l’affermarsi
dell’umano e la strumentalizzazione dell’umano da parte del potere,
adesso è giunto all’estremo. Come Giovanni Paolo II ha messo in
guardia tante volte, il pericolo più grave di oggi non è neanche
la distruzione dei popoli, l’uccisione, l’assassinio, ma il tentativo
da parte del potere di distruggere l’umano. E l’essenza dell’umano è la
libertà, cioè il rapporto con l’infinito. Perciò è soprattutto
nell’Occidente che la grande battaglia deve essere combattuta dall’uomo
che si sente uomo: la battaglia tra la religiosità autentica e il potere.
Il limite del potere è la religiosità vera - il limite di qualunque
potere: civile, politico ed ecclesiastico -.
(in Tracce, febbraio 2002)