La storia non sarà più una maestra di vita

Scuola e Università
Fabrizio Foschi

Niente più cronologia, niente più avvenimenti, niente più storia nazionale ed europea; con i nuovi programmi di storia stilati dal gruppo di esperti e pedagogisti, che per conto del ministro della Pubblica Istruzione ha abbozzato il percorso didattico dell'area storico-geografico-sociale del ciclo di base (dai sei ai dodici anni), in vigore dal settembre prossimo, la sinistra ipotetica fortemente la memoria storica delle prossime generazioni. Al ciclo di base sarà, infatti, intimamente legato anche il successivo ciclo superiore di cinque anni. Del dibattito accesosi nel Paese in questi ultimi tempi sui contenuti della riforma, e della storia in particolare, nemmeno un'unghia è rifluita nei documenti che sono usciti dal chiuso degli uffici ministeriali per una consultazione che si spera sia una volta tanto ad ampio raggio. Il nuovo curricolo di storia rappresenta in qualche modo il fiore all'occhiello di tutto il progetto innovatore, lo difende a spada tratta Nicola Tranfaglia e le sue radici affondano nelle elaborazioni didattiche in cui si sono cimentati gli Istituti storici della Resistenza: la storia, si sa, rilegge il passato e plasma la coscienza dei giovani. Perciò, se si dovesse realizzare quanto è stato scritto, lo sconvolgimento sarebbe radicale e profondo. Per i primi due anni del ciclo di base è prevista la problematizzazione di alcuni nodi come comandare, obbedire, collaborare (e immaginiamoli, dunque, questi bambini impegnati in disquisizioni sulla negatività dell'autorità e la bontà del pensarla tutti allo stesso modo); i successivi terzo e quarto anno saranno dedicati ai quadri di società (mappe cognitive per concetti: dall'ambiente all'alimentazione, dalle religione all'abbigliamento); finalmente dal quinto al settimo anno si affronteranno anche contenuti, ma sempre e rigorosamente secondo lo schema della storia globale (è falso che sia presente un benché minimo riferimento logico-cronologico), quindi Eurasia, Africa subsahariana, America e Americhe spalancheranno contemporaneamente i loro scenari a bambini di dieci, undici e dodici anni, trascinati a discettare nei confronti e paragoni dalla rivoluzione neolitica all'espansione coloniale europea (sarà inevitabile accorgersi che gli europei sono stati cattivi oppressori). Nell'elenco dei contenuti proposti è tra, l'altro, assente ogni riferimento alle epoche medievale e rinascimentale (rimpiazzate da accenni all'Europa feudale e alla formazione dello Stato moderno: ma non è la stessa cosa). La bozza si conclude demandando al successivo biennio dell'obbligo il completamento del programma (agli insegnanti di quello che oggi è il biennio superiore toccheranno le rivoluzioni, da quella industriale a quelle politiche dell'Otto-Novecento. E siccome niente è casuale, il Novecento, a quanto è dato di capire, avrà l'onore di essere ampiamente ripreso anche in tutto il triennio superiore (per temi naturalmente: il fascismo ecc.). Si tratta di un disegno che viene da lontano, concepito negli ambienti della rivista I viaggi di Erodoto, elaborato attorno alle cattedre di didattica della storia di alcuni atenei italiani (Bologna, Bari), sponsorizzato dalla influente consorteria dell'Irrsae emiliano-romagnola, patrocinato infine dal tandem ministeriale Berlinguer-De Mauro. Alla base di tutto c'è una profonda ostilità per la storia tradizionale, costituita dalla continuità temporale dei fatti, dal rispetto per gli avvenimenti fondanti, dall'approfondimento per gradi e cicli delle ragioni materiali e ideali che hanno fatto la cultura dei popoli. No, tutto questo non va più bene: la storia fatta secondo l'asse cronologico, in forma narrativa e consequenzale; la storia che mostra e comprende e che mai giudica e appiattisce sta per essere sostituita da una metodologia fortemente cognitivistica e connotata ideologicamente (è il presente che detta legge al passato). Questa storia generale non è altro che figlia di un pensiero debole, astratto e intellettualoide che teme il contatto con l'esperienza, con la realtà, anche con la verità dei fatti. E' più comodo insegnare a bambini e adolescenti operazioni, concetti e una falsa moralità, piuttosto che un racconto semplice che lascia il senso della profondità; peccato che sia anche più devastante.