Lo Stato resta troppo invadente dalla culla alla tomba

Giorgio Vittadini

Il ministro Franco Bassanini afferma che, nell'ambito della riforma della Costituzione, la sussidiarietà orizzontale era stata prevista nel testo presentato dal governo. Bassanini però dimentica che era una formulazione assai blanda e comunque fu eliminata dalla maggioranza. Solo grazie ad altri parlamentari venne introdotta la formulazione attuale, dove in modo più conforme allo spirito della sussidiarietà orizzontale si parla di compiti di rilevanza sociale riferiti a famiglie, associazioni e comunità. A sostegno della sua tesi il ministro cita l'on. Frattini, ma omette le critiche che Frattini rivolge ai nuovi uffici territoriali del governo, con i quali le prefetture fanno solo finta di scomparire. Dovrebbe citare anche le ricerche della Fondazione Free, dove si dimostra che nei passaggi di funzioni alle Regioni i costi amministrativi non sono diminuiti: che cosa allora è stato rimesso ai privati e alle formazioni sociali? Anche il decreto 112/98 in molti punti fa acqua: la legge delega dell'art. 4 prevedeva la «soppressione dei compiti divenuti superflui», nel decreto l'espressione diventa «riordino ed eventualmente soppressione»: è solo una sottigliezza? Le reali intenzioni della legge Bassanini emergono poi dai famosi Dpcm che trasferiscono agli enti locali le risorse per il decentramento. Prendiamo quello relativo alla Regione Piemonte. Per materie delicate come istruzione, protezione civile e polizia amministrativa molti Comuni ricevono somme ridicole: 199.000 lire a Merana (190 abitanti), 700.000 lire a Monleale (700 abitanti), 21 milioni a Valenza (20.000 abitanti). Potranno queste cifre e questo metodo garantire quella «libertà di scelta e sicurezza del servizio, la sua qualità e l'equità nell'accesso e nell'erogazione» di cui parla il ministro? È questa la sussidiarietà presa sul serio? Per il ministro la libertà di scelta si realizza se pubblico e privato «dispongono delle risorse necessarie e di un sistema imparziale di accesso ai servizi». Le cifre dicono molto sull'adeguatezza delle risorse. Riguardo al sistema imparziale, basti pensare a come questo è stato assicurato dalle riforme della sanità o dell'istruzione. Ma c'è una questione più sostanziale. Ciò che conta è la libertà, la possibilità che il singolo cittadino e le formazioni sociali possano non solo dare alcune risposte ai bisogni ma anche costruire servizi di pubblica utilità. Buoni, detassazioni, agevolazioni fiscali e libere donazioni non sono «costi» per la collettività, ma strumenti perché persone educate con principi ideali costruiscano e promuovano scuole, ospedali, opere di assistenza, centri culturali. È un cambiamento radicale del rapporto Società-Stato che rinasce dal desiderio dell'io, soffocato da quello statalismo, centralista o decentrato, che pretende di pensare al cittadino dalla culla alla tomba.