Lottiamo per Eluana, ma il testamento biologico per legge non è la soluzione

Medicina e Persona

Mentre ci auguriamo ancora che Eluana sia lasciata vivere fino alla sua morte naturale, quella giusta, per natura, non calcolata, né procurata da mani d’uomo, non decisa da giudici che autorizzano il tutore a porle fine, non possiamo astenerci dal commentare le voci ormai corali, che inneggiano alla necessità di una legge sul testamento biologico nel nostro paese a risoluzione dei problemi che riguardano le modalità di un morire inattuale perché futuro.
Già in precedenti occasioni abbiamo avuto modo di dissentire su questa necessità. Anche oggi vogliamo farlo. Non è ragionevole programmare oggi come sarà la nostra morte un giorno, semplicemente perché non possiamo prevederla nei tempi e nei modi. Alla radice di ogni discussione sul tema sta questo: non potrà mai esistere una legge che assicuri il malato da indebite violenze –l’accanimento, ma anche e soprattutto l’abbandono terapeutico - se il clima culturale e la formazione della classe medica sono quelle attuali: una legge non compie un rapporto umano; semmai stabilisce regole dentro le quali il rapporto dovrà giocarsi, ma in mancanza di un rapporto le regole diventano solo pericolose, abilitano a una distanza, sancita per legge, che in termini di assistenza potrebbe significare una valutazione clinica inappropriata e basata più sull’esistenza di un documento che sulle condizioni cliniche oggettive del malato.
E’ quanto viene ipotizzato da questo studio dell'Università Johns Hopkins di Baltimora e della Scuola di medicina Monte Sinai di New York. Dalla ricerca, svolta mediante interviste a 241 medici su casi ipotetici di malati, risulta che i medici intervistati sono meno propensi a praticare terapie sia complesse, come l’appoggio in terapia intensiva, che più semplici, come la trasfusione di sangue, quando curano pazienti che hanno sottoscritto direttive anticipate in occasione di interventi cardiopolmonari, rispetto ad altri che non le hanno sottoscritte. "Queste decisioni andrebbero prese" spiega Mary Catherine Beach, ricercatrice, "solo dopo aver discusso a lungo insieme al paziente gli scopi della terapia, per poter compiere scelte più specifiche e rispondenti al volere del paziente stesso. "M.C.Beach, The effect of Do-Not-Resuscitate Orders on Physician Decision Making, J.Am.Geriatr.Soc. 2002;50:2057-61)
E poi di cosa stiamo parlando? Di un bisogno vero della persona o di un bisogno indotto dall’ideologia dell’autodeterminazione? Nei paesi che hanno introdotto il testamento biologico per legge la percentuale di adesioni è rispettivamente del 15% della popolazione in America, del 8-10% in Germania. Dopo più di 15 anni negli USA ha un testamento biologico solo la popolazione senile, perché i giovani non pensano alla morte. “In questo caso, pertanto, il testamento biologico è sostanzialmente fallito, non ha risposto alle aspettative”. (Howard Doyle, Albert Einstein College of Medicine di New York, incontro del 27 luglio 2006 in Commissione Sanità del Senato). Il Codice Deontologico 2006 contiene già indicazioni adeguate per affrontare queste tematiche e ribadisce come al centro ci sia sempre il rapporto fiduciale tra medico e paziente. Sta in buona misura al medico la libertà di riconoscere la dignità oggettiva del malato e non burocratizzare il rapporto limitandolo all’atto tecnico. Nel relativismo etico che costituisce la nostra epoca, noi vogliamo continuare a fare i medici determinati solo dal motivo per cui avevamo iniziato il nostro lavoro: essere interessati, coinvolti con il nostro paziente, in ogni scelta.
Occorre educare i giovani medici a questo, formare a questo dentro l’aspetto tecnico, perché chi si ha davanti è un uomo che va assistito secondo la nostra specifica competenza, tutta da imparare e costruire ogni giorno.
Una legge non crea questa coscienza, semmai esprime la mentalità da cui deriva e la consolida. E nemmeno sconfiggeremo il relativismo etico con una legge, questo è fuori di dubbio. Potremo forse solo ritardarne gli effetti devastanti sulla società e sulla nostra professione.
In ogni caso, se una legge dovesse avere attuazione, non staremo con le mani in mano e sapremo trovare spazio su punti irrinunciabili: per noi e per i nostri pazienti.

Comunicato dell’ass. MEDICINA E PERSONA