Misericordia è più che giustizia sociale

Michelin
Mario Prignano

Il magnate del pneumatico francese al Meeting non per parlare di industria e di economia, ma per raccontare di sé e della sua visione dell’uomo. Ebbene, sono tre i fattori a cui la persona deve prestare attenzione: se stesso, la famiglia, il futuro. Proprio come un’impresa. E come in un’impresa, bisogna imparare a obbedire al cliente, cioè alla persona. Il più grande lavoratore? Gesù, che «per trent’anni ha fabbricato sedie e tavoli»

Poche persone come François Michelin hanno un’idea di cosa si voglia dire quando si dice che l’uomo è «in se stesso un’impresa». Il titolo preciso dell’incontro era “L’impresa: ma l’uomo in se stesso non è già un’impresa?” e al Presidente onorario della Michelin sono bastati i primi minuti di intervento per spiegare perché, in effetti, noi non possiamo concepirci se non all’interno di un meccanismo che nella vita di tutti i giorni ci invita a considerarci pressappoco alla stregua di un’azienda.
«L’uomo ha bisogno di mangiare, di crescere e questo non è gratuito», ha esordito l’imprenditore francese che poco prima don Stefano Alberto aveva presentato come «un amico non formale, ma reale del movimento, un compagno al nostro destino». Per Michelin, «occorre, dunque, che l’uomo abbia una occupazione, un lavoro, da cui deriva subito che l’interesse dell’uomo è di lavorare. Nello stesso tempo deve fare economia, pensare al suo futuro. Ebbene è la stessa cosa che accade in un’azienda». Come in un’azienda che si rispetti, nella vita l’uomo deve porre attenzione a tre fattori: se stesso (che nell’azienda coincide con l’attenzione al proprio guadagno; nella vita quotidiana con il proprio sostentamento), il cliente (ovvero la famiglia), con un occhio al futuro. Sembra semplice, eppure tanto nella vita quanto nella professione di imprenditore c’è un rischio che si chiama improvvisazione.

I suoi esordi
Michelin ha raccontato i suoi esordi: il rapporto con lo zio, l’incidente stradale che lo costrinse ad abbandonare anzitempo la guida della fabbrica, il timore del giovane François di non essere all’altezza del compito che gli veniva richiesto («E chi lo è, all’inizio?»), lo stage attraverso cui apprese i primi rudimenti, i rapporti con gli operai, la fatica del lavoro manuale. «Questo fu l’inizio di tutto», ha spiegato monsieur Michelin davanti a una platea che potrebbe definirsi incantata, «quando penso ora a quello che ho fatto e a quello che faccio, mi accorgo che l’essenziale è stato fatto in quel periodo della mia vita. Una volta ho letto una frase che mi ha colpito molto: “Se non sai da dove vieni, non sai dove vai”».

Pneumatici e persona
Parlare di pneumatici e definirli in termini di “servizio alla persona”, lo stesso servizio che «costituisce, a ben vedere, lo scopo della vita di ognuno di noi», può sembrare curioso. «Nella vita, come nel lavoro d’impresa bisogna prima imparare a obbedire, altrimenti non si realizzerà mai niente. Il primo termine di obbedienza è quella che si deve al cliente, ovvero alla persona. Se non si impara questo», ha ammonito il patron della più grande fabbrica francese di pneumatici, «non si va da nessuna parte: io l’ho sperimentato sulla mia pelle». Prima di diventare “qualcuno”, prima di lanciarsi nell’impresa, che sia la vita pura e semplice oppure l’azienda, occorre lavorare sodo, lavorare tanto. «Guardate Gesù - si è scaldato a un certo punto Michelin -, ha lavorato per trent’anni e solo dopo ha iniziato la sua vita pubblica. Durante quei primi trent’anni ha fabbricato sedie, tavoli, ha appreso il mestiere da Giuseppe e ha sfamato Maria, vendendo quello che fabbricava. Ecco: noi siamo un po’ Gesù e un po’ Giuseppe. Ho detto un’eresia?». Nessuna eresia, secondo don Stefano, che anzi ha incalzato il suo ospite a riprendere un tema su cui, ha detto, «l’ho sentita parlare mesi fa rimanendone affascinato».

La bellezza è un mistero
Il tema in questione, “la bellezza”, per Michelin è equivalso a un invito a nozze: «La bellezza è un mistero. Non potete spiegare la bellezza. La bellezza di una rosa, la bellezza della musica, di una persona. È uno scambio particolare che avviene, indefinibile ma reale. È un atteggiamento essenziale, il fatto di accettare il Mistero. Io credo che sia fondamentale far silenzio, per lasciare le cose penetrarci dentro al di là della nostra ragione». Fino a che punto la bellezza di un’impresa, come è la creazione, può conciliarsi con l’idea di giustizia? Ebbene, la risposta è che la giustizia, proprio come la bellezza, ha un seme che non può essere semplicemente umano, altrimenti si chiama ideologia. Michelin ha citato san Giacomo: «Alla misericordia non importa la giustizia». «Cosa significa? - si è chiesto subito dopo. La giustizia di fatto non tiene mai conto della libertà degli uomini e delle donne, della loro capacità e della loro necessità a progredire, a diventare migliori. Per questo la giustizia degli uomini, o la giustizia sociale, è impregnata di ideologie». Il fatto è che l’uomo è diviso. «A partire dal peccato originale, l’uomo è diviso: vede il bene e compie il male, come ha detto san Paolo. Per questo, a causa di questa divisione, Dio ha mandato sulla Terra Gesù Cristo in veste di “riparatore”, perché qualcosa si era rotto nel meccanismo dell’uomo e della donna. È nata così quella che io considero la frase più bella di tutto il Vangelo: “Senza di me non potete far nulla”. Nulla, nemmeno una trattativa sindacale. Figuriamoci un’impresa o la vita intera».