Non un discorso ma una presenza

Roma - Giubileo
Luigi Giussani

Un intervento di don Giussani pubblicato nello speciale che L’Osservatore Romano ha stampato il 13 agosto 2000 per la Giornata Mondiale della Gioventù

Il fiotto di umanità da cui tutti sono stati inondati col primo discorso di Giovanni Paolo II al mondo intero, fatto in occasione della sua elezione al pontificato, non poteva non interessare i giovani.
Nella «Lettera» ad essi indirizzata il Sommo Pontefice afferma: «Il periodo della giovinezza è il tempo di una scoperta particolarmente intensa dell’io umano e delle proprietà e capacità ad esso unite». È dunque il momento in cui affiorano con particolare intensità ed evidenza le grandi domande che urgono la ricerca del senso ultimo della vita, conferendo all’esistenza un particolare “movimento”. Il cuore dell’uomo, sempre vivo e pulsante, grida la domanda di una risposta esauriente, in qualsiasi condizione sia costretto a vivere, anche in quella della dimenticanza di sé.
Così il cuore attende sempre qualcosa d’altro, più precisamente un Altro.
L’assetto misterioso, che tale attesa implica, realizza la sua immagine sperimentabile nella ricerca di una compagnia: «Io dico a voi con fiduciosa franchezza che la più bella ed entusiasmante avventura che vi possa toccare è l’incontro con Gesù, l’unico che dà vero significato alla nostra vita. Non basta cercare: bisogna cercare per trovare la certezza» (Giovanni Paolo II, Discorso ai militari italiani). Gesù dice: «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14, 6).
Questa scoperta dell’amicizia di Cristo entusiasma quando si è giovani; e anche da vecchi può rendere il cuore lieto: la giovinezza, infatti, è un atteggiamento del cuore. Come è per il Papa, che davanti a folle di giovani svela la natura e il valore della compagnia come incontro con Gesù. Non un discorso - come tanti i ragazzi se ne sentono fare, rimanendo a tutti indifferenti e comunque soli -, ma una presenza, come ha detto il Papa all’Angelus del 30 luglio scorso: «Il cristianesimo non può essere ridotto a dottrina, né a semplici principi, perché Cristo, centro del cristianesimo, è vivo e la sua presenza costituisce l’evento che rinnova costantemente le creature umane e il cosmo».
L’avvenimento di Cristo presente è la Chiesa come compagnia di persone che si origina per la presenza di un fattore genetico reale, anche se invisibile. La Chiesa è dunque una realtà concreta, reale, tangibile, di persone cambiate da un incontro che ha comunicato loro un nuovo tipo di vita, più lieta, più umana, anzi realmente umana pur attraverso tutti i limiti che caratterizzano l’esistenza dei singoli.
Tutti i fattori della vita, familiari e sociali, tendono perciò a diventare oggetto di una responsabilità costruttiva della verità personale nella storia, così che il giovane possa sentire come provocazione ideale di tutte le sue energie e di tutto il suo tempo la memoria di quella frase che sintetizza ogni sguardo amoroso di una persona: «Era necessario che l’eroico diventasse quotidiano e il quotidiano diventasse eroico».
Proprio come al mondo intero è risultata la figura umana di chi guida la Chiesa oggi.