Possiamo amare perchè siamo amati

San Bernardo
Marco Meschini

L’abate cistercense di Hauterive, padre Mauro Giuseppe Lepori, presenta la mostra su “San Bernardo, renovator seculi”. «Quello che personalmente mi affascina in san Bernardo non è tanto la sua poliedricità, ma la sua unità». Con lui, sul palco, Maria Pia Alberzoni, docente di Storia medievale alla Cattolica di Milano. Per uno storico, incontrare una persona del passato come san Bernardo significa toccare con mano il fascino di una vita spesa per Cristo

«Quello che personalmente mi affascina in san Bernardo non è tanto la sua poliedricità - che, al limite, può essere attribuita anche a una straordinaria ricchezza di talenti naturali -, ma la sua unità». Quando padre Mauro Giuseppe Lepori, abate di Hauterive, prende la parola, è come se un fermo e dolce canto si spandesse per la sala. I visi di tutti si fanno più attenti, tesi a cogliere le sue parole, il loro senso e la loro bellezza.
Una bellezza che traboccava da quest’uomo che mi sedeva a fianco, e che mi riportava alla mente altre parole di Bernardo: «Quando lo splendore di Cristo ha colmato di tutta la sua ricchezza il profondo del cuore, si manifesta all’esterno e illumina ogni azione, ogni discorso, ogni sguardo, ogni passo, ogni risata».

La mistica di san Bernardo
Padre Lepori riprende a parlare: «Il rapporto con Dio nasce e permane in san Bernardo nell’ambito del mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio, del Dio fattosi uomo, presente e vivo nella vita». È in questo rapporto quotidiano e santificante che ha preso forma la mistica di Bernardo: «Essa non è un ricordo, un sentimento, uno strascico emotivo di esperienze sublimi. La vita mistica di Bernardo è un incontro. In Cristo c’è una bellezza così originale e unica che solo la sua presenza può farcela conoscere e contemplare».
La straordinaria testimonianza che ci ha portato il cistercense del Duemila è stata come quella dell’abate del Millecento: possiamo amare perché siamo amati. Noi desideriamo Dio e quando lo troviamo il nostro desiderio si infiamma ancora di più, perché Egli è come un olio gettato sul fuoco che ci arde in petto. Il nostro progresso è dunque un tendere senza sosta, perché raggiungere la meta non significa affatto fermarsi, ma semmai imparare a correre più forte e diritto, nel mistero di Cristo.

Soldati dell’esercito di Cristo
È la stessa esperienza di ricerca, “invenimento” e nuova ricerca che Maria Pia Alberzoni, docente di Storia medievale alla Cattolica di Milano, ha testimoniato nel suo intervento. Ha fatto toccare con mano ai presenti cosa significhi per uno storico incontrare una persona del passato, e soprattutto un uomo come Bernardo. Ne è emerso il fascino di una vita spesa per Cristo, capace di attrarre folle intere, come quando l’abate, di ritorno a Clairvaux dopo un viaggio in Germania, si tirò dietro oltre cento persone. Sarebbero tutti divenuti monaci, soldati dell’esercito di Cristo che stava modificando l’Europa.
Bernardo aveva quindi un fascino, un’attrattiva senza paragoni verso il suo prossimo. Maria Pia Alberzoni ricorda ancora di come i milanesi rimasero così avvinti dalla sua predicazione da cercare di farlo loro arcivescovo. Bernardo rifiutò, per restare fedele alla sua vocazione monastica; ma fondò Chiaravalle alle porte di Milano, una delle settanta “figlie” sorte direttamente dalla sua mano.
Fu un altro risultato della paternità di Bernardo, paternità che, in Cristo, è inesauribile. Di nuovo padre Lepori: «La mistica che ha unificato la vita poliedrica dell’abate di Clairvaux è l’amore di Cristo. La spirale dell’amore, nella quale entra la persona quando ci sta a incontrare in Cristo l’amore infinito e gratuito di Dio da amare per sempre, è una dinamica della libertà e della grazia che tende ad abbracciare tutto e a diffondersi in tutto».

Come i pastori
La matrice di questo amore bernardiano trova la sua sorgente nel mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio, tanto che «Bernardo ama identificarsi con i pastori nella notte di Natale». Costoro «non furono condotti in presenza di Dio da una dottrina o da una spiritualità, ma dall’avvenimento inconcepibile dell’Incarnazione». E basta rileggere un passo di Bernardo contenuto in un Sermone sul Cantico dei cantici (22,5) per sentire tutta la forza di questa esperienza: «In principio era il Verbo, ma i pastori andarono senza indugio a vederlo soltanto quando fu annunciata la sua Incarnazione… Prima, finché il Verbo era soltanto presso Dio, non si muovevano; quando invece il Verbo, che era eternamente, fu fatto nel tempo, quando Dio lo fece rendendolo visibile, allora andarono senza indugio, allora accorsero».
In questo modo la mistica dell’abate cistercense non resta astratta o sentimentale. La vita mistica di Bernardo, infatti, «è un incontro, è il permanere di questo incontro con la presenza incarnata del Verbo che attira il cuore dell’uomo».

Sorgente di acqua zampillante

Una delle immagini più belle che Bernardo ha sviluppato è quella del bacio della bocca di Gesù: «Voglio che sia lui stesso a baciarmi con il bacio della sua bocca, e che la sua presenza piena di Grazia… divenga in me sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna. Ecco perché rifiuto visioni e sogni… Il mio Gesù li sorpassa di gran lunga nella sua bellezza e nel suo splendore» (Sermone sul Cantico dei Cantici 2,2).
È da queste vette di vita cristiana che quel piccolo abate di nome Bernardo, uno dei giganti di ogni tempo, è ancora oggi nostro compagno nella strada verso Cristo, verso l’abbraccio del Mistero che fa ogni cosa.