Senso del divino e amore per la vita

Ries
Riccardo Piol

Già l’homo sapiens attendeva più di un milione di anni fa ciò che sarebbe entrato nel mondo con Abramo e il popolo di Israele e che si sarebbe compiuto con Gesù. Una lezione di Julien Ries

C’è un ospite che arriva ogni anno al Meeting non per intervenire a incontri, né per spiegare mostre o partecipare a spettacoli, ma per tenere una lezione, per aprire un nuovo capitolo di quello che ormai è diventato un vero e proprio corso dedicato alla storia delle religioni. È Julien Ries, presidente del Centro si storia delle religioni dell’Università Cattolica di Lovanio. E il Meeting, dal 1982 a oggi, è stato per lui una sorta di sede distaccata dove incontrare studenti vecchi e nuovi giunti a Rimini per seguire la sua lezione. Che quest’anno ha avuto come tema “Sacro e avvenimento della fede”.

Don Luigi Negri, docente di Storia della filosofia e di Introduzione alla teologia presso la Cattolica di Milano, lo ha presentato come «il protagonista di una ripresa fondamentale del senso religioso come categoria portante dell’umano». E Ries nella sua lezione ha dimostrato quanto sia appropriata questa definizione. Lo ha fatto ripercorrendo l’intero sviluppo della storia umana alla scoperta della formazione delle credenze religiose prima e di quella che ha definito «l’età della fede» poi: dall’homo habilis sino a oggi, da un milione e 600 mila anni fa al terzo millennio dell’era cristiana.

Cos’è cultura
Nell’intervento di Julien Ries, la catena evolutiva che riviste e programmi tv presentano secondo la vulgata darwiniana, è diventata il racconto di una storia di esperienze umane in cui la creazione di utensili, le incisioni e i dipinti, i riti funerari assumono la dignità di una cultura vera e propria e parlano dell’affermarsi «dell’esistenza di una coscienza religiosa». Perché le oltre 150 caverne dipinte durante il paleolitico a Lascaux come ad Altamira, non sono grotte decorate ma «cattedrali della preistoria - dice Ries -, indizi di un’arte simbolica e religiosa che intende trasmettere un messaggio». E passando attraverso le civiltà dell’Eufrate del 12.500 a.C., i sumeri e gli egizi, quindi la Grecia e Roma antica, questi segni di una religiosità sempre più evidente si moltiplicano: «È un’esperienza del sacro vissuta dall’uomo, segnata dal senso del divino e dall’amore per la vita». Un’esperienza che non è ancora sinonimo di fede, ma di quel senso del trascendente che caratterizza le religioni che «i Padri della Chiesa - ricorda Ries - hanno definito semina verbi, semi del verbo di Dio».

Qualcuno cui si parla
Søren Kierkegaard ha scritto che «Dio non è qualcuno di cui si parla, ma qualcuno cui si parla». E per Ries questa frase introduce all’esperienza della fede che entra nella storia dell’uomo con la promessa di Dio ad Abramo. È la nascita del popolo d’Israele, la rivelazione per cui «la presenza divina è il sacro per eccellenza, non è solo una ierofania, ma una teofania». Che si compie con Gesù e la fede degli apostoli; con la risposta di Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente», con il «credettero in lui» che si ripete nei Vangeli, con la morte e resurrezione di Gesù. Il luogo del sacro oggi è la Chiesa, il permanere nella storia di quella presenza che l’homo sapiens attendeva gia più di un milione di anni fa.