Senso del divino e amore per la vita
RiesGià l’homo sapiens attendeva più di un milione di anni fa
ciò che sarebbe entrato nel mondo con Abramo e il
popolo di Israele e che si sarebbe compiuto con Gesù. Una lezione di Julien
Ries
C’è un ospite che arriva ogni anno al Meeting non per intervenire
a incontri, né per spiegare mostre o partecipare a spettacoli, ma per
tenere una lezione, per aprire un nuovo capitolo di quello che ormai è diventato
un vero e proprio corso dedicato alla storia delle religioni. È Julien
Ries, presidente del Centro si storia delle religioni dell’Università Cattolica
di Lovanio. E il Meeting, dal 1982 a oggi, è stato per lui una sorta di
sede distaccata dove incontrare studenti vecchi e nuovi giunti a Rimini per seguire
la sua lezione. Che quest’anno ha avuto come tema “Sacro e avvenimento
della fede”.
Don Luigi Negri, docente di Storia della filosofia e di Introduzione alla teologia
presso la Cattolica di Milano, lo ha presentato come «il protagonista di
una ripresa fondamentale del senso religioso come categoria portante dell’umano».
E Ries nella sua lezione ha dimostrato quanto sia appropriata questa definizione.
Lo ha fatto ripercorrendo l’intero sviluppo della storia umana alla scoperta
della formazione delle credenze religiose prima e di quella che ha definito «l’età della
fede» poi: dall’homo habilis sino a oggi, da un milione e 600 mila
anni fa al terzo millennio dell’era cristiana.
Cos’è cultura
Nell’intervento di Julien Ries, la catena evolutiva che riviste e programmi
tv presentano secondo la vulgata darwiniana, è diventata il racconto di
una storia di esperienze umane in cui la creazione di utensili, le incisioni
e i dipinti, i riti funerari assumono la dignità di una cultura vera e
propria e parlano dell’affermarsi «dell’esistenza di una coscienza
religiosa». Perché le oltre 150 caverne dipinte durante il paleolitico
a Lascaux come ad Altamira, non sono grotte decorate ma «cattedrali della
preistoria - dice Ries -, indizi di un’arte simbolica e religiosa che intende
trasmettere un messaggio». E passando attraverso le civiltà dell’Eufrate
del 12.500 a.C., i sumeri e gli egizi, quindi la Grecia e Roma antica, questi
segni di una religiosità sempre più evidente si moltiplicano: «È un’esperienza
del sacro vissuta dall’uomo, segnata dal senso del divino e dall’amore
per la vita». Un’esperienza che non è ancora sinonimo di fede,
ma di quel senso del trascendente che caratterizza le religioni che «i
Padri della Chiesa - ricorda Ries - hanno definito semina verbi, semi del verbo
di Dio».
Qualcuno cui si parla
Søren Kierkegaard ha scritto che «Dio non è qualcuno di cui
si parla, ma qualcuno cui si parla». E per Ries questa frase introduce
all’esperienza della fede che entra nella storia dell’uomo con la
promessa di Dio ad Abramo. È la nascita del popolo d’Israele, la
rivelazione per cui «la presenza divina è il sacro per eccellenza,
non è solo una ierofania, ma una teofania». Che si compie con Gesù e
la fede degli apostoli; con la risposta di Pietro: «Tu sei il Cristo, il
Figlio del Dio vivente», con il «credettero in lui» che si
ripete nei Vangeli, con la morte e resurrezione di Gesù. Il luogo del
sacro oggi è la Chiesa, il permanere nella storia di quella presenza che
l’homo sapiens attendeva gia più di un milione di anni fa.