Soldi e imprese. Responsabilità e bene sociale

Banche
Paolo Biondi

Passera, Mazzotta e Profumo si confrontano su regole e ruoli dell’impresa; sull’assetto bancario nazionale e sulle sue aggregazioni e alleanze. Il rispetto delle regole, contro la cultura dei condoni

Melete to pan: curatevi del tutto, dice Periandro. E con questa battuta dotta l’amministratore delegato di Banca Intesa, Corrado Passera, ha concluso il suo intervento alla tavola rotonda su “Più che regole, ruoli”. Che vuole dire? Passera spiega che non bisogna sentirsi responsabili solo del proprio particolare, ma dell’intera società, che essere responsabili è pensare che quello che si fa ha un impatto sull’intera società e che compito delle regole «non è non far fare qualche cosa, ma è raggiungere degli obiettivi». Alessandro Profumo, amministratore delegato di un altro grande gruppo bancario italiano, UniCredit, sintetizza dicendo che «preoccupazione di tutti noi è che il Pil cresca più di quanto non cresca adesso».

Tema caldo del momento
Ma il dibattito sulle regole e il ruolo dell’impresa, con protagonisti tre grandi banchieri, non può che sfociare nel tema caldo del settore in questo momento, quello delle aggregazioni e delle alleanze, perché l’ambiente è in fermento e - almeno leggendo i giornali - potremmo essere alla vigilia di importanti nuovi cambiamenti nell’assetto bancario nazionale. A dare il fuoco alle micce è Roberto Mazzotta, presidente della Banca Popolare di Milano. Alla domanda del moderatore (Graziano Tarantini, presidente di Banca Akros), che chiede finanziamenti per l’innovazione alle imprese che vogliono stare sul mercato, Mazzotta risponde che sono le banche italiane che devono sapersi aprire al mercato accettandone le sfide: «Le banche italiane preferiscono avere un grande azionista europeo o un immobiliarista italiano?». Spiega che si sono fatte uscire le fondazioni dalle banche, ma non si sono individuati gli azionisti che devono entrare, che il mercato finanziario al quale ci si rivolge è europeo e che «ho visto in questi dieci anni una posizione di relativo conservatorismo da parte di chi deve costruire la regia di queste operazioni» di aggregazione e alleanza bancaria. Profumo è d’accordo con Mazzotta, parla di «immersione nel sistema europeo» e (parlando però non di alleanze bancarie, ma di credito) dice che «non fa parte del nostro ruolo difendere l’italianità di un’impresa».

Alleanze future

Diversa la posizione di Passera: «Nell’immediato non vedo grandi operazioni di concentrazioni sovrannazionali, vedo semmai delle alleanze». Insomma, per ora il discorso è soprattutto italiano anche perché, dice ancora Passera, l’Italia non ha regole diverse dagli altri europei sulla integrazione continentale e quello che succede in casa altrui non è diverso dall’Italia. L’Ad di Intesa ricorda che «la cultura delle regole dipende da ciascuno di noi e vuol dire rispetto delle regole. L’opposto della cultura delle regole è la cultura dei condoni». Per Profumo in Italia bisogna «aumentare il tasso di accettazione delle regole di mercato» e mercato non vuol dire assenza di regole. L’Ad di UniCredit ha accennato al ruolo sociale d’impresa, aggiungendo però che le banche sono imprese private e che, se ci deve essere un ruolo pubblico del credito, deve essere il pubblico a soddisfarlo. Quindi, ha sintetizzato Tarantini, «le regole devono essere poche, chiare, incisive e applicabili perché un sistema forte nei momenti di crisi chiede una funzione di responsabilità».