Spunti per cui si infiamma l’animo che viene aperto al gusto della responsabilità del vivere

Parola tra noi
Luigi Giussani

Appunti dall’intervento al Ritiro dei Novizi dei Memores Domini
Salsomaggiore, 6 aprile 2003

«E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo»1. Perché ciò che è intervenuto nella vita del popolo - che aveva già, dentro di sé, ben assimilato il problema della salvezza con il problema della vita dell’uomo, interamente - è per «la conoscenza della salvezza nella remissione dei peccati»2. Quando diciamo il Benedictus, è quotidiano il comunicarci, il ricomunicarci o il ricaricarci di questa novità profonda di essere.
« E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo». Altrimenti la storia dell’uomo - costruita sopra la storia degli individui - e l’affermazione della salvezza della vita dell’uomo - un’affermazione della sicurezza che ultimamente è “tessuto” per la coscienza dell’uomo - sarebbe tutta abbandonata: tutto sarebbe una tristezza, una tristezza insormontabile e ineccepibile. «La remissione dei peccati»: questa “pesa” sul traguardo continuamente fissato del mistero della nostra comunicazione col divino.
Il primo aspetto di questa considerazione, di questa profezia di rapporto col divino, il primo aspetto è che tu, io, ogni individuo umano è parte di un popolo: «Per dare al suo popolo la salvezza».
Lo svolgimento di queste considerazioni, il sentire tutte le pareti della nostra caduca ma anche eterna realtà, si attua e si presenta - a chi ha preso in considerazione il cammino umano - come creativo di un popolo: è un cuore comune, è un impeto di preveggenza decisiva. Ma che cosa grande questo avvenimento, l’avvenimento di Cristo; e l’avvenimento dei “bambini” che sono fatti profeta dell’Altissimo! E così tutto, in loro e per loro, attraverso di loro, costruisce, costituisce la presenza di un popolo, di un popolo umano, nella giustificazione degli errori.
C’è un acume dell’Eterno, c’è un impeto che al cuore dell’uomo l’Eterno porge (non come Iddio fece a Mèriba, con Israele, a Massa nel deserto3); c’è qualcosa, c’è qualcosa: ecco che lentamente il cuore si dispone ad aprire gli occhi, a spalancare gli occhi, a far spalancare gli occhi di fronte all’aspetto inconcepibile, inconcepibilmente bello, totalmente buono, di quello che Dio fece con la Madonna, quello che Dio fece con Sua madre.
Perciò quando diciamo l’Ave Maria, prima di mangiare, a mezzogiorno o alla sera, riconosciamo nella Madonna la prima vibrazione delle corde di questo strumento musicale che è la realtà di Dio per tutti gli angeli e per ogni uomo che dica: «Padre, che sei nei cieli, nella profondità di tutte le cose». La Madonna!
« E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo». Ma, forse, siamo diventati familiari con la figura della Madonna come primogenita di tutto ciò che accade. È la figura della Madonna, è la realtà della Madonna - di cui si dice che è luogo di misericordia, luogo di perdono e magnificenza, luogo della vera e magnificente realtà4 -, che pigia le porte dell’uomo ogni istante.
« E tu, bambino [cioè io, tu], sarai chiamato profeta dell’Altissimo». E chi prende in considerazione qualsiasi pezzo della mia vita, ogni momento (compreso il momento in cui la fragilità o la cattiveria, penetrando nelle viscere del tempo della mia storia, non hanno potuto però impedire l’annuncio della sua Presenza: «E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo»)? Questa creatura, questa donna! Una donna che va a piedi, per centoventi chilometri di strada, a trovare la cugina santa Elisabetta.
Chiediamo, dunque, a questa madre, perché così l’ha fatta il grande disegnatore del mondo. Man mano che il tempo passa, non abbiamo obiezioni, non tentiamo di impedire il nostro rapporto con la sua figura, la sua realtà, la sua realtà presente nel mistero delle cose, presente nel cuore dell’essere in azione! Veni Sancte Spiritus, veni per Mariam: abbandoniamoci con serenità, con la certezza di Mosè e, prima di Mosè, di Abramo, e dei figli di Dio che nascevano dall’uomo: la devozione alla Madonna deve togliere, può togliere qualsiasi paura e qualsiasi irritazione di frettolosità.
Ricordiamo nel Benedictus di ogni giorno la parte invadente, invasiva e invadente e grande di questa donna; tanto grande e così valente che «qual vuol grazia» e non si fermi ad invocare lei, «sua disianza» - il suo desiderio - sarebbe inutile, come uno che pretendesse di «volar sanz’ali»5. Cioè: «Tu sei l’ala del mio cuore».
Grazie di questa occasione.