Stralci di alcune omelie in occasione del terzo anniversario della morte di don Luigi Giussani
Da Tracce, marzo 2008. Brani dalle omelie di Tettamanzi, Ruini, Bagnasco, Caffarra, Rubiano Sáenz, Martínez Fernández, Misue Atsumi, Finlayson, Turcotte, Pezzi, O’Loughlin, Lahham, Fernandes de Araújo, MiglioreCardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano
Carissimi, grazie dell’invito che mi avete rivolto ad essere presente con tutti voi, nel nostro Duomo, per il terzo anniversario della morte di monsignor Luigi Giussani. L’ho accolto volentieri proprio come Vescovo, per dire la riconoscenza della Chiesa ambrosiana tutta per questo suo presbitero e insieme per rinnovare la gratitudine per quanto voi, di Comunione e Liberazione, fate e siete nella Chiesa di Milano.
La celebrazione eucaristica di questa sera è come l’esprimersi più significativo e altamente comunitario di qualcosa che è dentro il nostro vissuto quotidiano. Sentiamo la comunione con don Giussani: la sua presenza - invisibile sì, ma vera e profonda - nei nostri riguardi e la nostra presenza verso di lui si incrociano intimamente tra loro e si saldano in unità. È una comunione che ha in sé il senso della gratitudine per i doni di grazia che Dio ha dato a don Giussani e che, tramite lui - il suo insegnamento, la sua testimonianza, il suo essere prete -, ha dato a noi: doni che continuano ad essere offerti a noi, alla nostra Chiesa, alla Chiesa intera. Ed è una comunione che racchiude, inoltre, il senso della responsabilità, in quanto i doni dati a monsignor Giussani - in sintesi il suo “carisma educativo” - chiedono di essere custoditi e vissuti da noi oggi. La seconda lettura è tratta dai libri sapienziali. Vorrei rileggere, proprio in riferimento alla vostra concreta esperienza ecclesiale, il primo versetto del brano citato: «Figlio mio, osserva il comando di tuo padre, non disprezzare l’insegnamento di tua madre». Veniamo così richiamati al grande significato della “tradizione”, all’impegnativo compito della trasmissione dei valori, e più concretamente all’insegnamento e all’opera educativa che hanno segnato in continuità e in profondità la passione e l’azione di don Giussani per l’intera sua vita. L’espressione poi di «comandamento del padre» e di «insegnamento della madre» ci fa pensare alla singolare ricchezza di paternità e di maternità di don Giussani, specie nell’esercizio del suo ministero e nei gesti più semplici e più straordinari della sua vita. Tanti di voi hanno avuto la grazia di una conoscenza personale di lui; altri no, e così tanti altri che verranno col passare del tempo. Ma chi l’ha avuta questa grazia ha un debito verso i nuovi: quello di far conoscere il significato della vita e della missione di don Giussani, il suo cuore, i suoi progetti, i suoi sogni, il suo amore per Cristo, per la Chiesa, per Maria, per l’uomo, per i giovani, per la libertà, per la verità, per la bellezza.
Cardinale Camillo Ruini, vicario di Sua Santità per la Diocesi di Roma
Il tempo passa veloce, ma la memoria non si affievolisce e non si scolorisce la forza di una presenza che è più che mai viva. Monsignor Giussani, nel mistero dell’amore di Dio, è infatti con noi e in mezzo a noi. È con noi con quella passione per Cristo che ha ammaliato, animato e guidato tutta la sua vita. La passione per Cristo in don Giussani è sempre stata, senza la minima discontinuità, passione per la Chiesa, adesione alla Chiesa, vita nella Chiesa e per la Chiesa. Per lui, infatti, l’incontro con Cristo è stato sempre una cosa molto concreta: l’incontro e l’inserimento nella compagnia affidabile dei discepoli del Signore, nei quali Cristo stesso, il Risorto, il Signore della vita e della storia, è presente, agisce e vive. Il desiderio che ha incendiato la sua vita è stato, semplicemente, non tenere per sé questa fede, ma condividerla con tutti, perché ciascuno possa trovare in essa il senso della propria esistenza e il proprio destino. Don Giussani è stato anzitutto uno straordinario educatore, un prete educatore. L’intelligenza straordinariamente aperta e penetrante di don Giussani è stata infatti un’intelligenza intimamente realistica, portata a capire e a plasmare la realtà concreta. Questa intelligenza ha saputo cogliere subito, anzi in anticipo, i segni dei tempi, quelli veri, e così è stata in grado di intervenire tempestivamente ed efficacemente per rendere presente nelle situazioni anche più nuove e difficili la testimonianza cristiana.
È una caratteristica, questa, che la grande famiglia spirituale nata dal carisma di questo sacerdote ha saputo finora conservare ed è chiamata a mantenere integra anche nel futuro, per rendere a Cristo, all’umanità e alla Chiesa quel servizio che è la sua specifica vocazione.
Cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova, presidente Cei
Perché è la nostra patria il cielo, possiamo guardare e abbracciare la terra con grande passione e amore, possiamo dedicarci alle responsabilità del tempo, guardando il cielo. Quel cielo che don Giussani ormai ha raggiunto e che noi ricordiamo e per il quale preghiamo sapendo di essere ricambiati da lui presso il trono di Dio con un amore, una preghiera, un aiuto e una guida ancora più grandi di prima, in quella realtà di profonda comunione e amore reciproco attorno e da Cristo, che è l’anima della Chiesa. Preghiamo per lui e preghiamo con lui in un momento particolarmente bello, denso della nostra storia, che guardiamo con simpatia e grande passione e intelligenza di fede. Denso, bello, impegnativo, perché, nonostante le contraddizioni, nonostante le incoerenze, le sfide che tutti noi conosciamo questo tempo racchiude delle possibilità, delle promesse, dei semi, degli slanci, delle richieste, che sono straordinarie per il Vangelo, per la Chiesa. In particolare ne accenno due. La prima. Noi vediamo attorno a noi una capacità e una voglia di pensare, di prendere coscienza degli avvenimenti, della storia, della fede, delle sfide, delle urgenze, della propria identità, della propria collocazione nel tempo, nel mondo, nella Chiesa, che forse hanno qualcosa di inedito. Un risveglio della coscienza, quella coscienza che un certo modo di pensare, di agire vorrebbero dormiente. Vi è una seconda grande richiesta che sono certo anche voi vedete e che don Giussani ha visto in un contesto relativamente lontano nel tempo, negli anni: è l’emergenza educativa. Vi è una grande richiesta educativa che noi, come credenti, con umiltà, ma con l’intelligenza della fede, vogliamo decifrare, tradurre perché ben sappiamo che ogni ombra, soprattutto nel mondo giovanile, ogni oscurità, anche la più feroce, e la più violenta, e la più deprecabile, ogni oscurità è anche sempre una richiesta di aiuto, soprattutto di educazione, che vuol dire che qualcuno aiuti a scoprire, che qualcuno in modo autorevole, luminoso, affettivo e veritativo insieme, indichi il senso delle cose, aiuti a scoprire ciò che è sostanzioso da ciò che è soltanto apparente. Se questa è la sfida fondamentale, ma anche la richiesta che da innumerevoli parti giunge, bussa al cuore della Chiesa e al cuore nostro, d’altra parte incontriamo Colui che Unico nella storia ci ha rivelato il volto vero e completo dell’uomo -Ecce homo -: Gesù.
Cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna
Cari amici di Comunione e Liberazione, avete chiesto di celebrare questi divini Misteri per ricordare il sacerdote monsignor Luigi Giussani, padre in Cristo di molti di voi. La pagina evangelica illumina in modo singolare la sua esperienza sacerdotale e il suo carisma. Ciò che lo caratterizza, lo costituisce per così dire, è di aver fatto risuonare alle nostre orecchie, al mondo e anche dentro la Chiesa, la confessione di Pietro come constatazione sempre rinnovata di un fatto che benché imprevedibile è realmente accaduto: Dio in Gesù si è fatto compagno di ogni uomo, e questa compagnia di Dio coll’uomo è la Chiesa. In essa ogni uomo trova la possibilità di realizzarsi secondo la misura intera del suo desiderio. Cari amici, quando penso a monsignor Giussani, molto spesso lo vedo inginocchiato davanti al Papa, in piazza San Pietro. Aveva parlato dell’uomo come mendicante di Cristo. Ecco la conclusione di una vita che ha vissuto il Mistero che oggi celebriamo: lo stare in ginocchio davanti a Pietro perché vedi in lui la presenza di Cristo. Amatela così, miei cari, la Chiesa; amatela con questa affezione profonda al Papa.
Cardinale Pedro Rubiano Sáenz, arcivescovo di Bogotá
Rendiamo grazie a Dio per questo cammino, perché moltissime persone, attraverso don Giussani, hanno potuto incontrare il Signore. Don Giussani ne ha dato testimonianza con la sua vita e con il suo amore. è stato un esempio che tutti possiamo seguire, perché ci motiva a vivere la sequela del Signore e a fare la sua volontà. Anche noi, come don Giussani, dobbiamo testimoniarlo con la vita, compiendo la Sua volontà nelle diverse circostanze, a casa, al lavoro, quando facciamo tutto, con rettitudine e abnegazione. La Chiesa riconosce quelli che come lui sono stati veri testimoni del Signore, dell’amore agli uomini, di virtù vera. Proviamo anche noi a imitarlo. I santi nella Chiesa sono coloro che compiono la volontà di Dio. Chiediamo che quelli che hanno conosciuto la sua vita e la sua testimonianza assumano lo stesso impegno per la Chiesa. Chiediamo di poter partecipare dello stesso amore e della misericordia di Dio che ora don Giussani sta vivendo nella casa del Padre. Don Giussani è stato il cammino che ci è stato dato per incontrare Gesù: domandiamo di essere fedeli a questo.
Monsignor Javier Martínez Fernández, arcivescovo di Granada
Io credo che l’esperienza di Comunione e Liberazione aiuti a superare certe perplessità o certi pregiudizi legati al cristianesimo dei tempi moderni. Nell’esperienza, nella parola e nell’insegnamento di don Luigi Giussani si impara a riconoscere che il religioso non è né più né meno che un certo spessore delle cose della vita, dei rapporti umani, della realtà stessa del lavoro… assolutamente tutto. La vita, il nostro destino soprannaturale, la nostra salvezza, la nostra vocazione si giocano in questa vita, e si giocano nelle cose di questa vita, in tutte le cose: nel lavoro, nel tempo libero, nell’uso del tempo, nella posizione che il cuore assume di fronte alla realtà e quindi nella posizione che il cuore assume di fronte al Mistero rivelato in Cristo. Estremamente legato a questo aspetto ce ne é un altro che per me è stato molto determinante, e che riassumo in una frase di una introduzione che don Giussani scrisse per un libro che conteneva una raccolta di vite di santi: «Il santo è l’uomo autentico».
Monsignor Joseph Misue Atsumi, vescovo di Hiroshima
Siamo qui per celebrare la messa nel terzo anniversario della morte di don Giussani e del 26° del riconoscimento pontificio della Fraternità di Comunione e Liberazione. Don Giussani ha dato la sua forza per condurre le gente, particolarmente i giovani, alla vera fede. Adesso il movimento è diffuso in più di 70 Paesi nel mondo. Penso che non abbia ricercato la propria reputazione, un proprio potere o i beni, ma abbia dato tutta la propria vita solo per Cristo. Dalla sua vita possiamo immaginare chi è un santo. Un giorno diventerà santo. Se viviamo come lui anche noi abbiamo la possibilità di diventare santi. Immedesimandoci con la sua persona chiediamo a lui un aiuto perché ci faccia camminare su questa strada.
Don John Finlayson, vicario generale di Johannesburg
Sì, noi ascoltiamo quello che dici, don Giussani, lo ascoltiamo, comprendiamo quello che dici, in che direzione stai andando e cosa vuoi compiere nella Chiesa e nel mondo, e lo apprezziamo. Ringraziamo Dio per quest’uomo, ringraziamo Dio perché fa crescere uomini come lui. Uomini e donne come lui che continuano a prendere sul serio il Vangelo e cercano nuovi modi per portare il Vangelo nella vita delle persone, così che il rispondere alle parole di Gesù, la loro comprensione della fede, la loro fede, speranza e carità non è solo qualcosa di esteriore. Non è solo qualcosa che sfoggiamo per amore delle apparenze, ma qualcosa che ci compenetra realmente. Compenetra il nostro essere e tutte le nostre energie. È questo che don Giussani perseguiva e che ha cercato di esprimere.
Cardinale Jean-Claude Turcotte, arcivescovo di Montréal
Nel messaggio di condoglianze che ha indirizzato in occasione delle esequie di don Giussani, Giovanni Paolo II ha scritto che: «L’intera sua azione apostolica si potrebbe riassumere nell’invito franco e deciso, che egli sapeva rivolgere a quanti lo avvicinavano, ad un personale incontro con Cristo, piena e definitiva risposta alle attese più profonde del cuore umano». Incontro personale con Cristo. È ciò che hanno vissuto gli apostoli, venendone trasformati. È ciò che è stato all’origine della vocazione dell’apostolo Paolo, che in seguito poté scrivere: «Per me, vivere è Cristo». È ciò che è stato alla base della vita di tutti coloro, uomini e donne, che sono divenuti santi. Prima di essere una dottrina, il cristianesimo è un cammino di incontro con Cristo. Prima di essere una istituzione che conserva devotamente la fede ricevuta dagli apostoli e che veglia sulla sua trasmissione sino alla fine dei tempi, la Chiesa dev’essere una casa accogliente nella quale sia possibile incontrare Cristo.
Monsignor Paolo Pezzi, arcivescovo della Madre di Dio a Mosca
Da tre anni ci ritroviamo nell’anniversario della morte di don Giussani e da più di vent’anni festeggiamo il riconoscimento della Fraternità da parte della Santa Sede. Perché lo facciamo? Perché questa è la nostra fede, che è riconoscere la presenza di Cristo, fondata sul Battesimo. Per noi la realtà eccezionale della comunità cristiana è direttamente legata a quell’uomo e a tutto ciò che è nato da lui e dal suo carisma. Questo è concretissimo, anche se alcuni di noi non hanno mai incontrato personalmente don Giussani. Ci incontriamo per testimoniarci vicendevolmente con gratitudine quella grandezza di umanità che Dio ha manifestato e manifesta in noi e con noi. La nostra speranza ci dice che siamo responsabili del Battesimo con cui siamo stati battezzati, dell’incontro che abbiamo vissuto. Dalla nostra comunione nasce la liberazione, dalla nostra fraternità, dalla comunione fraterna viene la forza per alzarsi ogni mattina e affrontare la realtà, portando nel mondo quello che per grazia è avvenuto a noi.
Don Brian O’Loughlin, vicario generale di Perth
Siamo riuniti oggi in unione spirituale con tutti gli amici di Comunione e Liberazione nel mondo per pregare che Dio continui a benedire il carisma di don Giussani che ci anima. Questo momento ci è dato anche per riflettere sul carisma di don Giussani, e in particolare sulla bellezza di Dio, la bellezza dei nostri amici nel movimento e la bellezza che in molti modi ci circonda. Il movimento di Comunione e Liberazione ci ricorda, attraverso il lavoro in Scuola di comunità e la rivista Traces, che Cristo è la bellezza di Dio resa manifesta, perché tutti possano vedere quella stessa bellezza negli amici e in tutti.
Monsignor Maroun Lahham, vescovo di Tunisi
Questa sera offriamo la messa per don Giussani, fondatore della Fraternità di Comunione e Liberazione e dei Memores Domini, che da parecchi anni sono al servizio della nostra Chiesa. È anche un’occasione per legare questa presenza all’anno pastorale che stiamo vivendo, l’anno dei laici, poiché la Fraternità è un movimento di laici. In uno dei suoi scritti, don Giussani dice che i laici sono tutti gli uomini che lavorano nel mondo e che sono chiamati a prender coscienza del proprio destino. Ma per un laico cristiano, questo destino si è manifestato nella persona di Gesù. Un laico cristiano che vuol seguire Cristo deve mettere tutta la propria vita a servizio della lode e della gloria di Cristo, riconosciuto come senso ultimo dell’esistenza e della storia. Questo laico, prosegue don Giussani, può essere un santo, cioè un peccatore che riconosce i limiti della propria umanità di fronte a Dio e agli uomini, oppure un soggetto autonomo che si sente padrone di se stesso e misura di tutte le cose. Per noi la soluzione ragionevole è la prima: fondare cioè la nostra vita su ciò che è vero, buono e bello.
Cardinale Serafim Fernandes de Araújo, Arcivescovo emerito di Belo Horizonte
Oggi celebriamo il terzo anniversario della morte - vorrei dire dell’ascesa in cielo - dell’amato fondatore di Comunione e Liberazione. Come ha segnato la Chiesa, quest’uomo! Dopo aver organizzato la celebrazione, come sono felice di poter creare un legame dentro di me, come qualcuno che vede e ascolta molto chiaramente un popolo, quello che sta succedendo oggi nel mondo e, soprattutto, voi della Fraternità: persone serie e disponibili, cristiane. Con il passar del tempo questo è confermato. Ognuno di voi è un disegno del Padre. Sfide comprese. Per questo posso garantire che oggi è un giorno in cui esprimere gratitudine, è un giorno di lode, in cui dire a Dio: «Ti ringrazio per avermi posto sul cammino di Comunione e Liberazione».
Monsignor Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York
Don Giussani era un sacerdote che aveva ricevuto un particolare dono di luce, di saggezza e di impegno, perché potesse metterlo al servizio della Chiesa. Le letture ci fanno riflettere sulla nostra appartenenza alla Chiesa e sulla fedeltà al carisma. L’annuncio che ci libera dal timore della morte, che riconcilia i nemici e libera i prigionieri, genera anche gelosia, odio e ingiustizia «…l’amore di molti si raffredderà» (Mt 24,12). Perché dovremmo pensare a queste parole, mentre siamo riuniti a celebrare la memoria di don Giussani? Perché Comunione e Liberazione è parte della Chiesa. Queste parole di Gesù intendevano preparare la Chiesa a vivere bene il tempo dopo il suo ritorno al Padre. Questo destino ha toccato e continua a toccare la Chiesa anche oggi, e tocca anche Comunione e Liberazione. L’anniversario di don Giussani vi chiama a ravvivare il suo carisma nelle vostre comunità e nella Chiesa. Le parole di un amore che si raffredda sono superate dall’affermazione che il Vangelo di Gesù e la testimonianza di don Giussani ci conforterà davanti a questa prova. Durante questa messa ringraziamo il Signore per averci donato don Giussani: per il carisma che è stato affidato a lui, e attraverso di lui a tutti noi. Chiediamo che ci siano donate luce e gioia affinché il carisma di don Giussani possa recare frutto.
(da Tracce, marzo 2008)