Un giorno al Meeting con l'irrefrenabile Giulio
AndreottiAncora una volta a Rimini a parlare di “Ideale e impegno politico”;
due i punti cruciali: non rinunciare mai alla carità cristiana ed evitare
nuovi referendum in
Italia. Il suo cristianesimo, fatto di sacramenti e dottrina. Il momento di incontro
con la verità di Cl: anni 70, contestazione, assassinio dell’agente
Annarumma, l’eversione contro la democrazia. «Per fortuna Cl resistette».
Senza la Chiesa, la storia sprofonda
Da qualche anno, tocca a chi scrive interrogare il senatore a vita (nonché sette
volte presidente del Consiglio) Giulio Andreotti dinanzi alla folla del Meeting.
Ho imparato questo: egli dice cose intelligenti e sagge. Alcune battute sono
memorabili (quest’anno: «Meno male che abbiamo un Papa coraggioso.
Facciamo in fretta finché c’è questo Papa. Il cardinale Ottavini
se fosse vivo scomunicherebbe papa Wojtyla»; «In Romagna anche i
preti bestemmiano»). Ma più che comunicare un discorso, egli pone
con la forza della sua persona e della sua storia un unico contenuto: senza Cristo
e senza la Chiesa cattolica apostolica romana, molto romana, la storia sprofonderebbe,
morirebbe qualsiasi speranza di pace o di vita serena. Se non si capisce questo,
il suo passaggio da Rimini viene meschinamente ridotto - come spesso capita -
a calcoli di linea politica a favore del sistema elettorale proporzionale o a
rinascite democristiane. Sul primo punto è sicuro che egli lo desideri.
Sul secondo, la faccenda non è chiara. Di certo, questi sono particolari
su cui si può discutere. In realtà c’è molto di più nell’affacciarsi
di “Giulio” al Meeting. Non sono le opinioni a pesare, ma l’esperienza
che le genera, ed è un cristianesimo antico, di sacramenti e dottrina,
che ha saputo rivedere in Cl le mosse dello Spirito Santo. Lui non direbbe mai
così, sarebbe più ironico. La butterebbe un poco sul piano storico-politico,
ma non per rinchiuderla in quella gabbia, ma per dimostrare che questo nostro
movimento ha salvato l’Italia dalla barbarie, e scusate se è poco.
La bomba dell’eversione
Ha citato, quest’anno, il momento in cui lui ha capito la verità di
Cl. Ed è stato quando a Milano i contestatori di sinistra, nei primi anni
70, assassinarono con un tubo l’agente Annarumma. E le università parevano
essere diventate la bomba dell’eversione destinata a far esplodere la convivenza
democratica. «Per fortuna Comunione e Liberazione resistette, impedì tutto
questo. Lo dobbiamo a don Luigi». Lo ha detto in sala, me lo aveva scritto. È l’unico
a chiamare monsignor Giussani «don Luigi». Di certo iniziò allora
la sua vicinanza al movimento: «Dai frutti li riconoscerete», fu
il suo metodo di approccio. Con gli anni, la simpatia si è approfondita.
Ogni qualvolta lo vedo, mi cita l’intensità delle liturgie cui partecipa
a Roma con Comunione e Liberazione.
L’appuntamento è per le 11.15 al salone A3. Per capire che cosa
sia Andreotti trascrivo, saltando qualche punto, la sua agenda di quel mercoledì 25
agosto. Volo Roma-Rimini. Trasferimento in hotel. Accoglienza di autorità.
Di corsa al Meeting. Si attraversa la folla, molti anziani Dc sono accorsi per
lui, sorride a tutti, disponibile con chiunque. Un istante nel salottino del
Meeting. Gli espongo le domande che ho intenzione di porgli. Mi dice: «Ho
preparato una scaletta». Come dire: qualsiasi cosa tu chieda, ci infilo
i miei pensieri. Detto alla sua maniera, arguta e dolce. Il titolo è “Ideale
e impegno politico”. Capisco che vuole soprattutto dire due cose: non rinunciare
mai «alla carità cristiana, ai nostri principi»; evitare nuovi
referendum da cui l’Italia uscirebbe con le ossa rotte, su un tema così delicato
come la fecondazione assistita. Gli domanderò a sorpresa: «Parlaci
di Gesù visto da vicino». Eviterà la domanda. Il suo intimo
non lo svela mai. Preferisce parlare delle opere cristiane. Non è reticenza,
ma pudore.
Non c’è Meeting senza Andreotti
Si va in sala puntuali. Ci tiene alle domande del pubblico. In tutto un’ora
e 35 minuti. I giornalisti scrivono: dinanzi a 5mila persone. Esordisco improvvisando: «Non
c’è Meeting senza Andreotti; non c’è Andreotti senza
Meeting». Apprezza. Ricorda che l’anno scorso aveva, forse scaramanticamente,
salutato così: «Se l’anno prossimo non ci sarò, dite
una preghierina per me». Tocca a me la scaramanzia, per chiudere sul suo
tono l’incontro: «Se l’anno prossimo non ci sarò ad
accompagnare Andreotti, dite con lui una preghiera per me». Risate. A 85
anni sembra un bimbo. Solo a scendere le scale chiede il braccio: «A salirle
ce la faccio da solo». Conferenza stampa fino alle 14. Poi, televisioni
fino alle 14.30. In hotel pranzo con i ministri di San Marino. Quindi, mezz’ora
di riposo. Anzi no: si guarda le olimpiadi. 17.30 messa, celebrata da don Giacomo
Tantardini. Poi di nuovo al Meeting. Mi preoccupo: «Ce la fai?».
Lui: «Ci tengo a sentire padre Carrón sulla famiglia. Mi interessa
l’esperienza delle Famiglie per l’Accoglienza. La politica deve ripartire
dalla famiglia». Poi a letto? Figuriamoci. Cena di lavoro e un incontro
coi politici veneti. Uno dei prossimi anni, mi raccomando, dite al Meeting con
Andreotti una preghierina per me.