Un passo avanti...

Giancarlo Cesana

L'INTERVENTO del ministro della Pubblica Istruzione Letizia Moratti, che ha espresso chiaramente l’intenzione di interrompere il monopolio statale della scuola pubblica, è stato accolto con fragoroso entusiasmo dagli studenti al Meeting. Non poteva essere altrimenti. Il ministro ha avuto il pregio di documentare come la fine del monopolio statale della scuola, lungi dall’essere un’ubbia conservatrice e cattolica, è decisione assunta da tutti i paesi progrediti. Siamo solo noi italiani, con i greci, a non avere possibilità di scelta a riguardo della educazione dei figli. Al Meeting è stato accennato a un altro aspetto su cui vorrei soffermarmi. La possibilità di realizzare liberamente scuole è come la costruzione delle fondamenta di una casa. Ma nessuno farebbe una casa per vivere in cantina; vorrebbe giustamente vivere in un piano nobile, nel cuore della casa. Il cuore della scuola è l’educazione. Ci si deve interrogare allora su cosa sia l’educazione e che cosa la permetta. La domanda è meno scontata di quello che sembra: l’educazione moderna è normalmente individuata in una tecnica più o meno influenzata dalla psicologia. Educare viene da e-ducere e significa «condurre fuori», far emergere la personalità dell’allievo. Non si può fare emergere una personalità senza rivolgersi alla sua libertà. La libertà si manifesta e cresce quando incontra nella realtà una corrispondenza adeguata per il suo impegno; quando trova cioè una verità da seguire, almeno come ipotesi. Senza proposta di questa è assai difficile che nel giovane insorga un’energia affettiva capace di attaccare la realtà. Malraux diceva: «Non c’è ideale al quale sacrificarci, perché di tutti noi conosciamo le menzogne, noi che non sappiamo che cosa sia la verità».
So che molti si spaventano a sentire la parola verità, come se i giovani non fossero in grado di verifìcare autonomamente l’adeguatezza di una proposta. Chi ha sfiducia nella verità, ha sfiducia nell’uomo. Da qui provengono l’indottrinamento e la propaganda. Invece se si comunica la verità, si comunica qualcosa che si segue e su cui si può essere giudicati. Don Giussani diceva ai suoi studenti: «Non sono qui perché voi riteniate come vostre le idee che vi do io, ma per insegnarvi un metodo vero per giudicare le cose che io vi dirò». Giustamente il ministro non si è addentrato nella questione qui esposta, perché non è di sua competenza. Non esiste infatti una verità ministeriale o di Stato. E' responsabilità dei vari soggetti sociali quella di trasmettere la loro tradizione viva. Perché se la tradizione non è viva non interessa a nessuno. La libertà della scuola è solo all’inizio, ma il ministro ha dimostrato di sapere anche questo.