Una presenza che muove

Scheda
Luigi Giussani

I fattori costitutivi della Scuola di comunità.
Appunti sintetici da una conversazione con don Giussani


L'inizio dell'esperienza è l'incontro con una realtà umana diversa. Una Scuola di comunità che ne prescindesse sarebbe ideologia o astrazione.
Nella Scuola di comunità si deve certo parlare della vita, ma alla luce dell'esperienza nuova incontrata. Altrimenti si parla della vita così come la si pensa, la si sente, così come essa fa reagire in termini naturali, comunque secondo un criterio diverso dall'appartenenza.
La Scuola di comunità è lo strumento principale della vita nuova, del modo nuovo di perseguire lo scopo dell'io nuovo.

Chi guida
Tutto dipende da chi guida la Scuola di comunità. Se chi la guida è una presenza, allora l'intelligenza e l'affettività vengono mosse in modo diverso. La novità guida. Se invece fa una lezione, non è una presenza, non muove. Tutt'al più muove una dialettica, una discussione, un succedersi di pensieri. E l'indomani, alzandosi al mattino, tutto quel moto di pensieri non c'entra più con l'esistenza.

A. Il sintomo che la Scuola di comunità è guidata è che uno esce diverso da come è entrato.
B. La Scuola di comunità deve rappresentare uno sviluppo dell'incontro fatto: in essa continuamente viene riassunta e superata tutta la vita del movimento.
C. Senza esistenzialità (nesso tra la parola e il reale) non si può fare Scuola di comunità: solo così è espressione di un'esperienza. Se non porta almeno all'individuazione di qualcosa da cambiare e, quindi, al desiderio di fare accadere questo cambiamento, non può trattarsi di Scuola di comunità.

Come si fa Scuola di comunità?
Come preghiera. Poiché la Scuola di comunità deve riassumere il fenomeno stesso del movimento nel suo sviluppo, ricordiamoci che non c'è ricerca della verità sul Destino, su Dio, senza preghiera. Pregare, quindi, all'inizio del raduno.
Occorre pregare anche durante il raduno, come modalità d'animo in chi domanda e in chi risponde: come posizione di umiltà, lieta e sicura di ciò che porta.
La preghiera diventa anche scoperta della necessità del sacramento, nel quale l'avvenimento iniziale ridiventa presenza.

Come si svolge Scuola di comunità?
Innanzitutto è una scuola: un luogo e un metodo in cui si impara.
Imparare vuol dire aumentare la coscienza del reale.
Imparare implica capire il testo nel suo significato, cioè nel suo rapporto col reale e nelle ragioni che porta per far comprendere questo suo nesso col reale.
È inevitabile che per capire si debba ripetere (petere ad=tendere a): aumentare l'attenzione. Ripetere con attenzione equivale a vedere.
Quando si capisce? Nella misura in cui si sperimenta la corrispondenza delle parole che si leggono e che si sentono con quel che si vive.
Così il reale, nella misura in cui vien fatto accostare, diventa epifania della coscienza dell'appartenenza.

Quattro punti di lavoro
I) Lettura intelligente, attenta alla modalità del rapporto con le cose, ai giudizi che fa nascere, alle ragioni che dà.
II) Comunicazione dell'esperienza (tutto può entrare), in paragone col testo.
III) Una cultura che si sviluppa. La sorgente delle motivazioni e dei criteri deve nascere dall'interno della natura dell'esperienza e non deve venire dal di fuori. Si è tanto più geniali quanto più si penetra nell'avvenimento che ci ha colti, quanto più si segue.
IV) La sintesi di chi guida: esempio comunicato dello sviluppo di esperienza che chi guida ha fatto durante l'avvenimento della Scuola di comunità.

L'esito comunicativo
Da una Scuola di comunità così concepita e vissuta nasce un impeto affettivo di comunicazione che ha tre flessioni:
a) testimonianza e missione;
b) attenzione ai bisogni, carità fino alla consistenza organica di opere;
c) cultura: l'impeto affettivo di comunicazione ispira fantasia, cammini di giudizio, scoperte logiche, con tutti gli strumenti necessari che ne nascono.