Don Giussani: il potere egoista odia il popolo

Per il fondatore di Comunione e Liberazione «se una forza prende forma intorno a interessi parziali e unilaterali è nemica della gente».
Intervista con don Luigi Giussani, «Corriere della Sera», p. 3
Gianluigi Da Rold

«Mi spaventa la situazione nel nostro Paese che mi pare scosso da un terremoto. Vi possono nascere conflitti senza fine».

LOURDES. Fuma una sigaretta con parsimonia, cerca le parole migliori e muove gli occhi chiari, ancora bellissimi, come se cercasse, con tutta la forza che ha nell'anima e nel corpo, di dare un messaggio. Don Giussani si aspettava la domanda e non la rifiuta: come le sembra l'Italia di oggi? Se la ricorda l'Italietta di quando lei insegnava religione al liceo Berchet di Milano? Che differenza c'è tra quella e quest'Italia? Questo Paese le ha portato delusione, spavento?
«Mi spaventa - dice subito -, l'Italia mi sembra un sommovimento terrestre, un terremoto. Dove chi spinge di più riesce a buttare via più pietre che gli ingombrano il terreno. È una situazione civile dove non c'è un ideale adeguato, dove non c'è nulla che ecceda l'aspetto utilitaristico. Un utilitarismo perseguito senza alcun punto di fuga ideale. Questo non può durare. Il timore è che si scatenino conflitti senza fine».

Vede una situazione terribile...
«Sì, male, malissimo. Eppure in modo paradossale, ci sono, trasversalmente a tutte le posizioni, uomini che invece hanno una sensibilità rara, difficile da trovare. È un fatto occasionale e trasversale. Speriamo che questi uomini possano dare quello che hanno. Allora si riuscirebbe a tamponare, a limitare i danni».
Don Luigi Giussani, capo carismatico di Comunione e Liberazione, è in pellegrinaggio alla Madonna di Lourdes, con cinquemila ciellini, in stragrande maggioranza italiani. Ma ci sono delegazioni di irlandesi, portoghesi, spagnoli, tedeschi, svizzeri e francesi. Il pellegrinaggio è un ringraziamento della Fraternità di Comunione e Liberazione per il decimo anniversario del riconoscimento pontificio. Quando vede i giornalisti Giussani sorride, bonariamente, e domanda: «Ma come è possibile che voi riusciate a ridurre, sempre, il Meeting di Rimini in un qualcosa di solo politico? Invece quello è un mondo pieno di ricchezza umana». Il grande prete, figlio di un ferroviere anarchico, usa altre parole con la sua gente, quando predica in una delle basiliche del Santuario della Madonna di Lourdes: «Attraverso la Madonna si è comunicata la tenerezza di Dio. In questo posto è più facile levare uno sguardo su di sé e sul mondo, che non abbia timore della realtà di desolazione e di cinismo che ci circonda». E aggiunge: «Siamo venuti qui a pregare perché si realizzi quello che il Papa ha nel cuore per il bene della Chiesa».

Perché vede l'Italia in questo modo, don Giussani? Perché è successo tutto questo? Lei lo può dire dopo aver visto crescere tante generazioni. Quale è stato il fattore scatenante di una simile caduta, di un simile peggioramento?
«A tutte queste generazioni di uomini non è stato proposto niente. Eccetto una cosa: l'apprensione utilitaristica dei padri».

Sta parlando del dio denaro?
«Il dio denaro o una sicurezza di vita agiata, di vita senza rischi. E fatta solamente di cose, senza rischio alcuno. Mi permette, adesso, di farle una domanda? Mi dica lei un ideale che esiste».
Don Giussani si ferma per un attimo, aspira un poco dalla sigaretta, e quasi si interroga da solo: «Chissà se questo desiderio di rendere meno difficile la vita dei propri figli, o di un dato gruppo di persone, sfondi a un certo punto l'orizzonte. Cioè, se chi ha questo desiderio, capisca che per poterlo realizzare, ha bisogno di un ideale, di una speranza. Io penso che si possa sperare questo. Per esempio, certi aspetti dell'Islam e dell'ebraismo sono così. Quando parlavo di trasversalità, pensavo soprattutto a certi uomini ebrei e a certi uomini dell'Islam, che sembrano i più vicini a quello che abbiamo detto prima, alla sensibilità che può sfondare l'orizzonte».

Perché in Occidente, proprio l'Occidente cristiano, la gente vive in questa condizione di disagio, di mancanza di ideali?
«Qui siamo veramente nel caos».

Facciamo un paragone tra i due «fine-secolo». Negli ultimi anni dell'Ottocento c'era un grande fermento, una grande fiducia nella scienza. Si celebrava il «Ballo Excelsior». Forse era banale, ma qualcosa c'era. Adesso sembra che ci siano solo inquietudine e disagio...
«Non era per nulla banale quella fiducia nella scienza, aveva la dignità dell'idolatria. C'è sete di potere oggi. Ma non per il gusto prometeico di schiacciare, di tener sotto la gente. Ma solo per assicurare tranquillità a chi interessa».

È anche la società dell'apparenza e dell'illusione, del dover contare...
«Siamo d'accordo. Ma voi giornalisti inducete queste verità osservando le cose, la realtà. Io invece le capisco, perché le deduco avvertendo l'assenza dell'ideale in cui io credo. L'Occidente ha rifiutato questo ideale». Un'altra pausa di Giussani. Poi dice: «Io e voi ci troviamo insieme a dire queste cose. Solo che voi non potete indicare gli ideali per ricostruire, come diceva il profeta Isaia, "le mura di case distrutte"».

Perché tutto questo investe anche l'Italia?
«È un problema di educazione».

Lei dice che c'è egoismo, sete di potere. Ma in fondo l'Italia è un Paese di educazione cattolica: la gente andava a messa, andava in parrocchia, parlava di solidarietà e votava Dc. Non è forse un Paese di educazione cattolica?
È l'unica volta che Giussani alza la voce per gridare un secco: «No! Questo era vero forse al tempo di Rosmini».

Cioè, tra una generazione e l'altra non sono stati trasmessi i valori?
«Non è stato trasmesso il metodo per cogliere il nocciolo dei valori, la loro ragione ultima, la genesi. E le conseguenze che questi valori possono avere. Tutti hanno avuto buone intenzioni. Io credo che tutti abbiano veramente avuto buone intenzioni. Ma senza trasmettere metodo per comprendere e la ragione dei valori...»

Ma negli anni Sessanta, la messa domenicale e la vita in parrocchia c'era...
«Ma questo non è un contenuto. Per fare un paragone, può essere come un titolo di borsa, non del denaro vero».

Tuttavia oggi c'è qualcuno che cerca di trovare, e in effetti a volte lo scopre, un ideale nel lavoro e nel contatto con il mondo dei poveri, con il Terzo mondo, per esempio...
«Quei popoli non hanno avuto l'equivoco premio di uno sviluppo materialmente confortevole».

Forse si riferisce al fatto che non hanno avuto neppure intossicazioni culturali?
«Non c'è una macchina che produce intossicazione culturale. È l'assenza di un ideale che produce confusione».

Che cosa è questa confusione?
«Una persona che non ammette che in lui c'è una parte di tradimento, di non volontà nel perseguire il proprio ideale che ognuno ha dentro di sé (per i cristiani è il riconoscimento del peccato originale), non è più autentica, non è più vera in nessun rapporto. Perché dimentica la verità esistenzialmente iniziale, cioè che la meschinità, la miserabilità, la pigrizia, la cattiveria offuscano il cuore dell'uomo che è costituito dall'ideale. Il peccato originale è un mistero senza il quale non si capisce più nulla; un'ipotesi di lavoro senza la quale non ci si orienta più».

Mi sembra che lei dica che l'Occidente ha voluto cancellare questo mistero del peccato originale...
«Oramai il peccato originale è una cosa che fa ridere l'Occidente. L'Occidente ha cancellato il peccato originale, perché questo significherebbe dover ammettere il Salvatore».

Lei, durante la sua meditazione nel Santuario, ha parlato di un potere nemico del popolo, un potere disposto a tollerare «cristiani che non diano fastidio». A che cosa si riferiva?
«Io contestavo il potere che spadroneggia, non il potere che serve. C'è un potere che si costituisce e prende forma attorno a interessi parziali, unilaterali: questo è il potere nemico del popolo, il potere che odia il popolo.»

Chi è questo potere, forse quello delle lobbies?
«Può essere anche questo».

Ma quale è il suo concetto di popolo?
«Un ideale di vita umana o più umana, non può non suscitare l'interesse della gente, che in qualche modo si riconosce amica e collabora in vista di un percepito o supposto ideale di migliore umanità e cerca di trovare anche gli strumenti per realizzare questo ideale. Questo è un popolo.»
Nel Santuario di Lourdes, don Giussani dice ai ciellini: «Sapete perché il mondo odia i cristiani? Perché affermano che quell'ideale non è un principio astratto, ma è ben presente in un popolo che fa storia». Fa capire alla sua gente che oggi i cristiani sono nella mischia, al centro di polemiche e di contestazioni. Ma aggiunge: «Io sono soddisfatto della mia gente. Sono attenti con interesse. Non c'è bisogno di mettere guardie e polizia. Chiedono che gli si parli. La bellezza umana degli effetti comunque non è nelle nostre mani».