Il cervello di Comunione e Liberazione

Intervista con don Giussani, ispiratore del movimento.
«Corriere della Sera», p. 3
Giovanni Russo

Comunione e Liberazione è un nome che è entrato ormai nell'orecchio degli italiani anche per le aggressioni di cui questo gruppo è stato bersaglio in questi ultimi mesi da parte degli estremisti di sinistra (un attacco degli «autonomi» a un'assemblea di CL nella Università di Bologna ha dato esca alle sanguinose giornate di maggio). I ciellini di Roma mi indicano la scritta «A morte CL», tracciata dal FUAN su un muro, nella strada dov'è la loro sede, affermando di essere stati oggetto di attacchi anche da parte di estremisti di destra. Ma che cosa sia effettivamente Comunione e Liberazione, come si stia sviluppando e in che direzione politica e sociale vada si sa ancora poco.
Comunione e Liberazione è considerata un movimento di integralisti cattolici, di idee preconciliari, piuttosto ambiguo. Alfredo Reichlin lo definisce «un gruppo integralistico, una sorta di reazione allo spirito aperto ai tempi nuovi della Chiesa postconciliare. È nato – aggiunge – per organizzare la fede in politica, come se i cattolici oggi fossero un mondo chiuso» e conclude: «Dove ha portato i giovani di CL questa ideologia? A fiancheggiare la DC come se ne fossero una corrente».
Un altro comunista, Giuseppe Chiarante, sottolinea come questo integralismo diventa sintomatico soprattutto nell'ambito della scuola dove CL ha una notevole influenza. Per Giovanni Ferrara, repubblicano, non si può definire in nessun modo CL un movimento «fascista». È soprattutto un movimento religioso ma «il modello di società che sembra configurarsi da parte di CL – afferma – mi sembra arcaico, dannosissimo per un paese ricco e complesso come l'Italia». Se si parla con Lucio Magri del Manifesto, CL è l'equivalente, sull'altro versante, di quello che sono gli «autonomi» nel panorama delle sinistre, «un'altra forma distorta di esigenze che la crisi fa esplodere drammaticamente», una tesi che è stata sostenuta, nell'Espresso, anche dal sociologo cattolico Achille Ardigò.

Egemonia

Marco Pannella ritiene che in Comunione e Liberazione ci sia un'ambiguità anche in senso positivo tanto è vero che un sondaggio avrebbe dimostrato che non manca alla base chi ha simpatia per il partito radicale; in ogni integralismo d'altra parte vi sono contraddizioni esplosive; gli aspetti pericolosi – afferma – sono l'adesione di CL alle correnti più reazionarie del Vaticano e della Chiesa, la concezione della scuola da Opera dei Congressi, e l'esperienza parlamentare nella DC dove sono stati «portatori d'acqua del regime e del sistema».
Per l'ex segretario della Federazione giovanile del PSI, Roberto Villetti, CL era sorta per sopperire al declino dell'egemonia cattolica sulla società italiana, provocato dalla laicizzazione della DC, ma ha finito per essere utilizzata dalla Chiesa e dalla DC.
I maggiori dirigenti della DC sono molto cauti, dopo la forza elettorale dimostrata da CL il 20 giugno. Per esempio Bodrato giudica il movimento meno omogeneo di come si pensa ma capace di raccogliere esigenze di massa. Pensa però che è uno sbaglio il suo tentativo di porsi come una «specie di punta avanzata per l'ortodossia» nella DC. Anche studiosi cattolici come Gianni Baget-Bozzo accusano CL di confusione ideologica e di populismo chiesastico antistatale. Ma i suoi nemici più accaniti sono i cattolici di sinistra, i gruppi del dissenso non necessariamente filocomunisti.
Padre Balducci è drastico: «CL ha il ruolo di contenere masse di giovani entro l'assetto del potere».
Ho voluto confrontare la visione che, da varie parti politiche, si ha di Comunione e Liberazione con don Luigi Giussani, cinquantaquattro anni, incaricato di teologia all'Università cattolica, fondatore e leader carismatico del movimento.
L'incontro avviene in un appartamento alla periferia di Milano che don Giussani condivide con un altro sacerdote che si occupa della rivista Russia cristiana. «Coabitiamo – dice don Giussani – ma CL e Russia cristiana non hanno nulla in comune».
Sediamo l'uno di fronte all'altro a un tavolo coperto di un'incerata rossa, in un tinello piccolo, con un armadio, un mucchio di libri, un giradischi.
Si comincia a parlare proprio dell'«immagine» che si ha comunemente di CL come di un movimento integralista cattolico orientato politicamente a destra. La colpa, secondo don Giussani, è della «cultura egemone radical-marxista» che dominerebbe anche molti cattolici e del fatto che «menzogna e calunnia siano ormai un'arma normale della pubblicistica». La prima parte del colloquio è dedicata alla dottrina e alla storia di Comunione e Liberazione. Sono cose che sono state già scritte in molti articoli ed esposte in quello che si può considerare il «libretto rosso» dei ciellini, «Comunione e Liberazione - interviste a Luigi Giussani» a cura di Robi Ronza, edizioni Jaca Book, la casa editrice collegata a CL.
Due i concetti di fondo del discorso di don Giussani: 1) la convinzione che il cristianesimo «vissuto come regola di vita, nel presente e nella visione della Chiesa» è ancora un formidabile fattore aggregante (i fatti gli stanno dando abbastanza ragione); 2) la ricerca di un'«identità» della cultura cattolica da contrapporre al nemico di sempre, la cultura laica e liberale, di cui l'erede sarebbe oggi, secondo don Giussani, la cultura radical-marxista, il nemico numero uno, contro cui egli non si stanca di polemizzare.

Fenomeno inquietante

È su queste due gambe che sono state costruite la teoria e la fortuna di Comunione e Liberazione, che è oggi il fenomeno più inquietante ma anche più vivo del mondo cattolico non solo in Italia. Infatti Comunione e Liberazione si proclama antimperialista e anticapitalista e ha contatti molteplici con i movimenti di liberazione e rivoluzionari dell'Africa, dell'Asia, e soprattutto dell'America Latina direttamente e tramite le altre iniziative che ruotano intorno ad essa, come la casa editrice Jaca Book e l'Istra, l'Istituto di studi per la transizione della società diretto da uno stretto collaboratore di don Giussani, don Luigi Scola.
Don Giussani ci tiene a dichiarare: «CL non può essere identificata con me ma è portata avanti da altri. Ispiratore, ecco la parola giusta per il mio ruolo». In realtà egli non è solo il teorico di CL, ma l'animatore, un capo che unisce messianismo a duttilità politica anche se si atteggia a uno che «di politica non se ne intende». La intervista-colloquio lo dimostrerà; ma è già dimostrato da come ha perseguito, da quando venticinque anni fa insegnava religione al liceo Berchet di Milano, l'attuazione delle sue idee, codificate nel «libretto rosso» di Jaca Book.
Mentre parliamo osservo sotto la bocca, sul mento, un grosso neo, il volto largo. Si capisce perché qualche giornalista, in vena di «colore», lo abbia chiamato il Mao Tse-tung del cattolicesimo. La sua lunga marcia attraverso la Chiesa e la società italiana ha avuto sconfitte, ritirate e avanzate notevoli. Il movimento di Gioventù studentesca, che aveva fondato appunto negli anni Cinquanta nelle scuole superiori fu travolto dalla contestazione del '68, ma don Giussani con il nucleo rimastogli fedele ricostituì il movimento nelle Università e CL emerse, clamorosamente, nel 1973 in un convegno pubblico a Milano. Don Giussani afferma che non si aspettava il successo di CL «altrimenti non lo avrei cominciato, perché amo una vita tranquilla di studio e invece vivo ora nella baraonda».
È vero che siete per una società preindustriale? gli chiedo. «Possibile – replica – che bisogna ipotizzare sempre come stupidi gli avversari da combattere? Chi può sognare più una società preindustriale? Il cristianesimo significa incidere umanamente, seguire perciò la storia».
È un'accusa quasi generale a CL quella di integrismo che, precisa Labor, è ancora più grave di integralismo: l'identificazione cioè degli obbiettivi religiosi e morali del cristianesimo con quelli di un gruppo. Don Giussani risponde che CL vuol foggiare la società secondo la propria concezione ma non si pone come un mondo chiuso, impermeabile: «uno stomaco potente mangia e assimila tutto». E cita San Paolo: «Vagliate ogni cosa ma trattenetene il valore in più».

La gerarchia

Le critiche più forti provengono da un sacerdote, padre Davide Turoldo, che, nella prefazione al libro «Estremisti di centro» edizione Guaraldi, accusa gli aderenti di CL di essere «cristiani per il capitalismo», una specie di Testimoni di Geova, una falange assolutista. «Padre Turoldo – ribatte don Giussani – ha verso di noi la ostilità pari alla mancanza di attenzione. Molti cristiani sono aperti a chi non è cristiano e chiusi invece ai loro fratelli. Siamo sempre stati anticapitalisti e siamo anche contro il capitalismo di Stato socialcomunista e contro il neo-capitalismo. Testimoni di Geova? Non capisco questo termine, a meno che non alluda all'entusiamo con cui ci uniamo. Che tanti giovani siano entusiasti per un annunzio ideale dovrebbe far riflettere. Ci considerano reazionari, ma come si fa oggi ad essere reazionari?».
«Quanto ad essere di destra così vengono definiti oggi tutti quelli che non parlano il linguaggio radical-marxista. La verità è che, quando venticinque anni fa, cominciammo a sorgere, non fummo accolti benevolmente né dalle strutture sociali né da quelle ecclesiastiche. Io fui espulso dall'Azione cattolica perché non condividevo le idee del gruppo dirigente sulla separazione intellettualistica fra fede e vita. Siamo potuti vivere perché nella Chiesa, anche se qualcosa nasce contro le sue aspettative, non può essere proibita se è in regola con la dottrina e morale».
Ma come conciliate le vostre idee sociali con l'ubbidienza alla Chiesa e la stretta dipendenza dalla gerarchia? Non c'è contraddizione? Don Giussani risponde: «Noi aderiamo alla Chiesa cattolica consapevoli di tutti i suoi difetti umani, perché crediamo nella presenza del divino in essa, del seme gettato da Cristo sulla Terra. Siamo persuasi che il cammino autentico del miglioramento umano è favorito dalla fede e il cammino della fede è legato all'autorità della Chiesa. Siamo sicuri che presto o tardi il vero emerge e che l'autorità non può fermarlo».
Don Giussani respinge anche le accuse che CL si consideri la Chiesa e che quindi, con le sue azioni, coinvolga e comprometta la gerarchia. «Se fosse così saremmo eretici» dice e respinge la definizione di CL data da Labor di «revival geddiano»: «Noi ci sentiamo continuatori della passione di fede che ebbe l'antica Azione cattolica, ma non siamo certo né formalisti né trionfalisti».
Gli riferisco il giudizio di Achille Ardigò, secondo cui CL e Autonomia operaia sono come Abele e Caino, i fratelli nemici e ambedue nascono dalla stessa esigenza: la ricerca del padre.
Don Giussani si accalora: «È veramente sconfortante come un professore universitario di questa fatta possa essere così superficiale, immotivato e banale. Dovrà pur sapere che alla ricerca del padre non sono i giovani ma gli uomini. Infatti CL non è fatta più in maggioranza di giovani, ma c'è una parte molto grande di aderenti non più giovani, adulti e vecchi, perché nell'annuncio di CL suona l'accento di una fede oscurata da tanto tempo. Per questo non possiamo non essere attaccati dagli estremisti violenti che sono la longa manus del regime radical-marxista. Guardi come sono aizzati da tanti articoli della Cederna».
«Ma la Cederna – osservo – non li aizza: ha denunciato dei fatti (il caso Seveso), anzi è una credente, una cattolica. «Lo giudichi Iddio: se il cattolicesimo è quello della Cederna io non sarei cattolico». E don Giussani continua affermando che «non potremmo non essere attaccati proprio perché siamo l'antitesi al tentativo dell'erosione del mondo cattolico da parte della cultura radical-marxista» e aggiunge allusivamente: «Quelli della P38 ricevono i soldi da un certo potere che può essere annidato anche in certe forze al di fuori».
Ma Giorgio Amendola vi ha difeso, osservo, proprio contro gli autonomi. «L'ho riconosciuto – risponde don Giussani – anche scrivendogli e l'ho ringraziato. Ma c'è il comunismo di Berlinguer e ci sono tendenze staliniane».
Tutti si domandano dove prendete i soldi per le vostre iniziative e la vostra propaganda; «Come facciamo? Con le quote degli iscritti. Questo è terribile: si accusa senza prove. Non abbiamo aiuti da nessuno, tanto meno dal Vaticano. È vero che L'Osservatore Romano ha pubblicato l'anno scorso tre miei articoli ma questo significa solo che non c'è più la diffidenza di prima».
Anche coloro che vi riconoscono una genuina tensione sociale vi accusano che nelle scelte politiche alla fine siete sempre a fianco della DC: avete fatto votare per la DC nelle elezioni amministrative e politiche.
«A parte che questa scelta è stata fatta dal Movimento popolare e non da CL direttamente – risponde don Giussani – l'unico motivo di essa è che nella situazione attuale la DC è il punto di minore resistenza a una reale possibilità di vivere secondo i nostri ideali cristiani. Ma credo che siamo i suoi più accaniti critici».
Allora in che cosa differite da Indro Montanelli che ha lanciato lo slogan: «Votate DC ma turatevi il naso»?
«È uno slogan che mi va – dice don Giussani –; solo che noi non ci limitiamo a quello ma diciamo che bisogna scegliere uomini nuovi per salvare la libertà e aumentare la giustizia». Don Giussani nega che CL voglia «strumentalizzare» la DC e sostiene che i candidati da essa appoggiati hanno avuto molte preferenze perché gli elettori hanno reagito così a una «presenza e a una speranza nuove».
Mi parla poi del problema della scuola su cui ha pubblicato recentemente un libretto «Il rischio educativo» sostenendo che non esiste più nella scuola una libertà di educazione secondo gli ideali cattolici e difende le posizioni di CL contro il divorzio e l'aborto affermando che «questo è l'orribile equivoco che per fare una maggiore giustizia, ridistribuire le ricchezze, per una vita sociale più equa si va contro i valori naturali della fedeltà e del rispetto della vita. Noi rispondiamo creando nuove strutture. Nell'università ad esempio non c'è paragone fra le nostre proposte e le nostre iniziative e quelle degli altri».

Condizioni

Il colloquio sta per concludersi. Cosa ne pensa dell'incontro fra Berlinguer e Zaccagnini per un accordo fra la DC e il PCI?
«La mia risposta – dice don Giussani – è che l'accordo è possibile a due condizioni: 1) bisogna tener ben chiara la nostra identità e allora possiamo trattare con chiunque; 2) nella trattativa sia ben salda anche la coerenza con una posizione adeguata allo sviluppo della esperienza cristiana». E conclude: «Per noi l'unità non è un fascio di forze ma come segno di vita vera è un fenomeno miracoloso».