Un esame di maturità.

Leopardi, la geologia e «il mio vero bisogno»

Fin dall’inizio dell’anno i miei insegnanti hanno iniziato a metterci pressione e ansia per la maturità. Lo studio, per me, era diventato solo una risposta a questo eccessivo carico, puramente in funzione delle verifiche, un obbligo e, quindi, un peso.
Un pomeriggio stavo ripetendo geologia per il giorno dopo e, a un certo punto, sono scoppiata a piangere, perché mi sono resa conto, dopo tre ore di studio, di non aver capito nulla. Ma ancora di più che quella "roba lì" non c’entrava nulla con me: è esploso il mio bisogno di trovare una corrispondenza fra me e quello che studio, cosa che fino a quel momento mi era totalmente mancata, tutta presa solo dall’angoscia.
Qualche giorno dopo abbiamo fatto il “raggio” a scuola. L’ordine del giorno era proprio sullo studio («Quante volte ci diciamo che la “studiatona” fatta nei tre giorni prima dell’esame, già due giorni dopo non lascerà più niente, perché è fatta per l’esame, perciò non ti interessa… Rimane ciò che interessa ed è ciò che interessa che sviluppa la dinamica del conoscere; altrimenti tutto passa come acqua sulla roccia, e non c’entra con te» - Enzo Piccinini). Una persona ha detto: «L’uomo non è fatto per studiare, ma per capire». Subito ho avvertito che questa era (ed è) la mia stessa esigenza, era proprio il mio bisogno. E la cosa incredibile è che, qualche giorno dopo, in classe abbiamo iniziato a fare Leopardi, e la mia insegnante ha subito messo in evidenza la costante ricerca di senso che percorre tutte le sue opere, quel voler andare a scavare le radici ultime di tutto. Per me è stato davvero incredibile, perché ho avvertito quella corrispondenza che fino a quel momento non avevo trovato, e questo mi ha dato uno sguardo nuovo con cui affrontare la scuola, giocando prima di tutto il mio reale bisogno non di studiare ma di capire.
Elena, Milano