Chiamati per nome ad essere amici

Un'assemblea per capire se si può essere amici oltre che compagni. Lo strano appello della prof e la caritativa il sabato pomeriggio. Ecco cosa succede in una classe di un liceo statale di Milano

Faccio parte di una classe diversa da molte altre. Diversa perché è accaduto qualcosa che la rende speciale. Negli ultimi mesi eravamo divisi, c’eravamo fatti trascinare da un astio, quasi un odio tra di noi; in questo periodo ha prevalso sempre l’antipatia: nascevano in continuazione discussioni per le solite interrogazioni programmate, voti meritati o meno e altre piccole banalità prive di ogni importanza. In tutto questo avevamo dimenticato tutti i piccoli miracoli che sono successi e ci hanno reso protagonisti della nostra vita scolastica.
Abbiamo allora deciso di preparare un’assemblea di classe che avesse come tema proprio questo: come possiamo diventare compagni di vita e non fermarci ad essere esclusivamente compagni di classe, soprattutto dopo che abbiamo incontrato qualcosa che ci accomuna, proprio nella vita.
Ogni giorno la nostra professoressa d’italiano fa l’appello. Un gesto semplicissimo ma nel quale tutti noi, come ci ha insegnato lei, ci mettiamo veramente in gioco. Noi, venticinque ragazzi, assonnati, svogliati, ognuno per il proprio motivo, abbiamo l’occasione - ma preferirei definirla una vera e propria fortuna - di essere innanzitutto chiamati a guardarci veramente in faccia, e poi ad esporre tutto quello che ci preme sapere, tutte quelle domande sulla nostra esistenza alle quali non riusciamo ancora a rispondere, tutte le nostre esperienze, i nostri dialoghi che reputiamo interessanti. Siamo chiamati a raccontare di noi!
Così ogni mattina abbiamo il Suo sguardo rivolto verso di noi, che ci domanda come stiamo.
Inoltre su 25 compagni, in 23 partecipiamo a caritativa, un gesto che la nostra professoressa d’italiano ha proposto a me e ad altre mie altre compagne due anni fa. All’inizio eravamo in quattro, il sabato pomeriggio a far compagnia agli anziani di una casa di riposo. Adesso siamo quasi quaranta: qualcosa è accaduto.
Ogni sabato pomeriggio ci mettiamo in cerchio e facciamo raggio prima di cominciare; delle mie compagne, grazie a questo momento e all’appello in classe, ho imparato molte cose: ho scoperto le loro storie, i momenti più toccanti delle loro vite, i dolori... E insieme abbiamo sempre provato a trovare una risposta che ci corrispondesse. Non mento quando dico che il nostro sguardo è rivolto sempre verso lo stesso infinito.
Attraverso questi momenti che sono sempre presenti nella nostra, ci aiutiamo e ci sorreggiamo nelle questioni veramente fondamentali, quelle questioni per le quali ci preme avere una risposta. In questi tre anni, ognuno di noi, chi più chi meno, ha intrapreso un percorso di conoscenza e tutti intravediamo questa risposta.
Abbiamo incontrato qualcosa che ci può rendere amici. Amici veri.
Giulia, Milano