Il ritorno tra i banchi.

«Vi racconto perché oggi inizio un’avventura»

Anche per Francesco, prof di Scienze a Torino, ricomincia la scuola. E torna un po' di timore, «segno che non siamo noi a fare le cose». Ecco cosa gli permette, ogni anno, di accettare questa sfida
Francesco Barberis

Cosa vuol dire per me, insegnante di Scienze a Torino, iniziare ogni anno? Vuol dire fare i conti, da un lato, con la consapevolezza di essere inadeguato al compito che mi viene affidato. E, dall’altro lato, il desiderio di comunicare qualcosa di grande che possa far crescere i ragazzi che Dio mi affida.
Alcuni giorni fa, la mia figlia più grande che questo anno inizia la prima elementare mi ha detto: «Sai papà, ogni tanto il pensare che inizierò una cosa nuova, mi fa un po’ di paura!». E io: «Maddy, anche a me succede così. E questo timore è forse il segno più eclatante del fatto che le cose non le facciamo noi: l’imparare e l’insegnare, cioè, sono un’avventura di cui non si conosce la fine; è entrare dentro la vita, che è buona, ma della quale non si conosce la conclusione».
O, come mi diceva ieri una ragazza di terza superiore, che dopo un’estate colma di fatti che le hanno aperto il cuore, ha dovuto affrontare la morte del nonno, cui era molto affezionata: «Mi sento in pace, anche se piena di dolore».
Da qualche anno il pensiero, o meglio l’esperienza, che mi ridona la pace è l’esperienza della sorpresa di non essere solo in questa avventura. La presenza di certi amici insegnanti che mettono a tema il loro bisogno, e quello dei ragazzi e dei colleghi che si incontrano.
Per questo, la sfida che sento più urgente è proprio quella di incontrare la realtà. Cioè di correre dietro, con tutto me stesso, a ciò che il Mistero farà succedere davanti ai miei occhi!