Il giardino fiorito in aula

Dopo tre anni passati insieme alla sua classe, una prof sigilla gli ultimi compiti. E ripensa al percorso con gli studenti, fino allo stupore per quel silenzio di fronte al "Canto notturno di un pastore errante". Ecco cosa ha scritto ai suoi ragazzi

Quando il pacco è sigillato con la ceralacca, tutto è finito. Bene, ancora una volta ce l'abbiamo fatta, ora (forse) potrò godermi un po’ di meritato riposo. Così, d'impeto, mi viene da pensare mentre guardo quell'involucro che contiene in così poco spazio le vostre enormi imprese. Poi risale dalle viscere fino alla gola un nodo di commozione, tenerezza, tristezza. Non è affatto tutto finito. Il cuore non si stacca così facilmente dal tempo e dallo spazio di tre anni di vita vissuta insieme. Ecco, sono andate, hanno preso il volo... e che sarà di loro? Non è facile lasciare andare verso il loro destino i propri figli. È uno strappo che nessuna ceralacca può sigillare. Una volta una cara amica mi ha chiarito la faccenda con queste parole: «I figli sono nostri, ma non ci appartengono». Potrebbe sembrare un paradosso, ma è la pura verità. Nessuno appartiene a nessuno, se non al suo destino o, per meglio dire, a quel grande Amore che gli ha dato la vita, come insegna Dante.

Perché parlo a voi di figli che figli miei non siete? Forse ve lo starete chiedendo. Beh, per me non è così. Ed è anche questo uno dei motivi per cui amo tanto il mio bellissimo mestiere. Io penso che tutti i miei alunni non mi capitino davanti per caso. Mi sono affidati, sono miei ma non mi appartengono. Il mio compito è quello di curarli lungo una parte del cammino della vita che dobbiamo percorrere insieme e poi… viene la ceralacca, la vita se li riprende e spero li affidi a maestri più grandi.
Un altro amico insegnante fece un giorno un paragone che mi ha colpito molto e mi ha chiarito quello che ho appena detto. Una classe è come un giardino che il padrone ti chiede di coltivare affinché ogni specie di fiore possa crescere e sbocciare a suo tempo. Non so se sono stata una brava giardiniera ma, credetemi, ce l'ho messa tutta.

A guardarvi in questi giorni, mentre mi comparivate davanti uno dopo l'altro, riconoscevo teneramente i miei fiori, i loro colori, le loro sfumature, quelli più rigogliosi e forti, quelli più delicati, quelli che timidamente hanno messo fuori i boccioli e quelli che invece, sono esplosi con forza. Quelli che mi hanno fatto attendere di più, prima di mettere fuori qualche fogliolina, e quelli che subito hanno assorbito acqua, concime e sono cresciuti più regolarmente. E poi ci sono quelli con le spine, che spesso mi hanno punto, respinto ma io non ho mai perso la voglia di innaffiarli perchè non si seccassero. Sicuramente avrei potuto essere più attenta e premurosa, coltivare meglio ogni fiore per quello di cui aveva bisogno. Così è andata. È toccato a me il lavoro. Il padrone ha scelto me per voi e il padrone conosce bene pregi e difetti dei suoi servi. Questo mi conforta. Io so solamente che il giardino è fiorito e che guardarvi è stato uno spettacolo commovente. Non solo per me.

Vi ringrazio di avermi accettata sempre, anche nei miei momenti peggiori - che conosco bene -, di avermi perdonate intemperanze e distrazioni. D'altra parte abbiamo goduto di attimi di Bellezza che non scorderò mai: ho trattenuto le lacrime davanti a certi improvvisi silenzi dopo la lettura, ad esempio, del canto di Ulisse o del Canto notturno di un pastore errante dell'Asia. Quando si impone la Verità non c'è altro da fare che il silenzio. Non dimentico i dialoghi schietti, sinceri su tante questioni che urgevano. Considero un bel regalo anche questa lealtà tra di noi che non è mai mancata. Ci sono stati momenti difficili, anche per singole persone, li abbiamo attraversati insieme, aiutandoci.

Un grazie lo devo anche ai vostri genitori, dai quali ho percepito sempre fiducia - e questo non è per niente scontato - e con i quali è sempre stato possibile dialogare ragionevolmente. Come mamma penso che anche per loro questo sia un momento di passaggio grande, importante. Nei miei momenti di disorientamento ritorno spesso a leggere queste parole di sant'Ambrogio per ritrovare le ragioni del viaggio e riprendere in mano il timone verso la rotta giusta; le offro anche a loro. Forse potranno essere utili a qualcun altro.

«L'educazione dei figli è impresa per adulti disposti a una dedizione che dimentica se stessa; ne sono capaci marito e moglie che si amano abbastanza da non mendicare altrove l'affetto necessario. Il bene dei vostri figli sarà quello che sceglieranno: non sognate per loro i vostri desideri. Basterà che sappiano amare il bene e guardarsi dal male e che abbiano in orrore la menzogna. Non pretendete dunque di disegnare il loro futuro: siate fieri piuttosto che vadano incontro al domani con slancio, anche quando sembrerà che si dimentichino di voi. Non incoraggiate ingenue fantasie di grandezza, ma se Dio li chiama a qualcosa di bello e grande, non siate voi la zavorra che impedisce di volare. Non arrogatevi il diritto di prendere decisioni al loro posto, ma aiutateli a capire che decidere bisogna, e non si spaventino se ciò che amano richiede fatica e fa qualche volta soffrire: è più insopportabile una vita vissuta per niente. Più dei vostri consigli li aiuterà la stima che hanno di voi e la stima che voi avete di loro; più di mille raccomandazioni soffocanti. Saranno aiutati dai gesti che videro in casa: gli affetti semplici, certi ed espressi con pudore, la stima vicendevole, il senso della misura, il dominio delle passioni, il gusto per le cose belle e l’arte, la forza anche di sorridere. E tutti i discorsi sulla carità non mi insegneranno di più del gesto di mia madre che fa posto in casa per un vagabondo affamato, e non trovo gesto migliore per dire la fierezza di essere uomo di quando mio padre si fece avanti a prendere le difese di un uomo ingiustamente accusato. I vostri figli abitino la vostra casa con quel sano trovarsi bene che ti mette a tuo agio e ti incoraggia anche ad uscire di casa, perché ti mette dentro la fiducia in Dio e il gusto di vivere bene».

Vi abbraccio tutti e vi grido con tutta la voce che ho: non lasciatevi rubare la speranza, non lasciatevi strappare I vostri sogni. Ciò che cercate esiste.
Alessandra, Cesena