Il Papa, lo scooter e la sfida alla ragione
Sabato 26 ottobre era all'incontro di Francesco con le famiglie. Dal pensiero di vedere il proprio "io ridotto" alle testimonianze di chi vive il matrimonio nella gioia. Carlo racconta cosa gli è accaduto nell'abbraccio del colonnato di San PietroQuando ho saputo dell’evento, del fatto che il Papa aveva indetto un incontro privilegiato per le famiglie in occasione dell’Anno della Fede, ho pensato, un po’ dolorosamente, che un invito rivolto a me solo in quanto marito e padre (“portabandiera” della famiglia) fosse un po’ poco. «Sono di più di questo», mi sono detto. Ogni “io” è ben di più anche dei “ruoli” più dignitosi che la vita assegna. Così, anche solo l’idea di fare i pur pochi minuti di scooter che separano casa mia da San Pietro trovava in me una debolezza di ragione: «O mi si parla di tutto il mio io, della fede, o mi pare tempo perso andare a incontri “parziali”».
La settimana prima del pellegrinaggio, tuttavia, mi è successo un fatto apparentemente irrilevante, ma che mi ha colpito moltissimo. Eravamo a cena un po’ di persone con un nuovo amico, giunto da poco a Roma, e, come è normale, ci chiedeva: «Chi sei tu? E tu? E tu?». Ognuno dei presenti, mi sono accorto, ha risposto facendo coincidere il “chi sono” con cosa fa, con la propria storia, con cosa fa di “pio” o per il movimento... Riducendo di molto la portata della domanda “chi sono io?”. La cosa mi ha sorpreso, ma mi ha fatto ripensare all’invito del Papa.
Noi riduciamo il nostro “io”. Io lo riduco e, per quanto cerchi di evitarlo, lo faccio sempre. E il Papa che fa? Mi viene ad abbracciare lì, nella riduzione di me stesso. Mi dice: «Io lo so che sei di più, più di padre o marito: ma siccome tu ti riduci, vengo nel tuo buco a prenderti ed abbracciarti». La cosa mi ha commosso. Gesù non attende che io sia all’altezza del mio io, prende l’iniziativa comunque.
Animato da questa commozione, sono andato a San Pietro pieno di attesa per qualcosa che mi riaprisse veramente alla totalità di me, e ho partecipato al lungo pomeriggio di festa prima che arrivasse il Papa. Dico “lungo” perché a tratti è stato faticoso assistere ad una serie di diversivi inutili, ad un modo di far festa che non è altro che colmare il tempo, giocando con le regole mondane. Anche lì, però, sono rimasto colpito dalle piccole e numerose testimonianze di famiglie normali, proseguite alla presenza del Papa, toccate da avvenimenti particolari ma in fondo frequentissimi: separazioni, carcere, rovina dell’impresa di una vita, accoglienze di nonni, litigi, una famiglia di Lampedusa e una siriana... Hanno mostrato potentemente che con Gesù è possibile vivere tutto gioiosamente, nella buona e nella cattiva sorte.
Ll’ha ribadito il Papa con incredibile realismo e tenerezza, «Gesù vuole la nostra gioia piena! “Io vi darò ristoro, affinché la vostra gioia sia piena”». Alla domanda degli apostoli, «Chi mai potrà sposarsi a queste condizioni?», risponde la fedeltà di Dio: «Certo, è difficile», ci ha detto ancora il Santo Padre: «Per questo ci vuole la Grazia… Per farci forti nella vita, per farci coraggiosi, per poter andare avanti. I cristiani si sposano nel sacramento perché sono consapevoli di averne bisogno! E hanno bisogno dell’aiuto di Gesù, per camminare insieme con fiducia, per accogliersi l’un l’altro ogni giorno, e perdonarsi ogni giorno!».
Che conforto! Che verità! Domenica raccontando ad amici capitati a casa nostra della giornata a San Pietro, mi sono sorpreso di vedere come sia io che mia moglie avevamo completamente dimenticato i momenti inadeguati del giorno prima. Ci erano rimasti nella memoria solo la commozione per i testimoni ascoltati, il Papa e le famiglie. Il resto era scomparso. Chi sei Tu che prendi tutto il mio io sino a farmi ricordare solo di te? E per l’ennesima volta mi sono accorto che Chi mi aspettava alla fine del Pellegrinaggio era stato in fondo al principio di esso.
Carlo, Roma