Uno dei manifesti appesi per le vie di Tirana.

«Anche la mia amica musulmana aspetta il Papa»

Domenica 21 settembre papa Francesco sarà a Tirana, nella patria di Madre Teresa e di tanti martiri del XX secolo. Oggi, un intero popolo lo attende: cattolici, ortodossi e non credenti. E tra loro anche Bardha e le sue amiche...

Il 15 giugno, all’Angelus, papa Francesco annuncia la sua visita in Albania. Che lieta notizia per noi e il nostro popolo! Da subito stupiti e grati abbiamo iniziato a parlarne in casa, al lavoro e all’università, con amici e con persone atee e di differenti confessioni religiose che, ponendoci molte domande, dimostrano non solo interesse per la visita, ma anche rispetto e simpatia nei confronti del Papa. Tutti i canali televisivi continuamente ci aggiornano sullo storico viaggio in una “periferia” dell’Europa.

Il nostro è un Paese di tre milioni di abitanti, di cui il 70 per cento è di religione musulmana, il 20 per cento ortodossa e solo il restante 10 per cento è formato da cattolici. Nonostante questa complicata composizione, come ha osservato anche il Papa, il popolo albanese è oggi un piccolo modello di convivenza. Sono tanti i villaggi in Albania dove cattolici e musulmani vivono serenamente. L’arrivo di Francesco, oltre alla gioia, ha suscitato anche tanta curiosità. Penso alla mamma di un mio amico, musulmana di tradizione ma non praticante, che mi ha chiamato per chiedermi a che ora è «l’incontro» in piazza con il Papa (intendeva la messa). Oppure una mia collega di lavoro, Nilsa (ortodossa di tradizione), che ogni mattina mi aggiorna sui preparativi e l’organizzazione per l’arrivo del Papa. L’entusiasmo che vedo nei sui occhi a volte mi suscita un po’ di invidia. La gente desidera partecipare a qualche momento della visita, per poter essere nello stesso posto con Francesco, anche solo per un attimo. Come Solina, una mia compagna di università, che si è procurata due posti: uno per lei e uno per il suo fidanzato. Sono entrambi musulmani, ma vogliono esserci lo stesso perché, dicono: «È un Papa semplice che abbraccia tutti». Una affermazione che assomiglia molto a quella di Madre Teresa: «Cristo abbraccia tutti». Il fatto che la Messa si svolgerà a Tirana proprio in piazza Madre Teresa non è del tutto casuale.

È la piazza che ricorda quella che è, insieme ai martiri del cattolicesimo albanese, la più grande santa nata nel nostro Paese: una donna che, con la sua fede, ha reso testimonianza viva di Cristo al suo popolo e al mondo intero. Alla messa ci saranno tutti: Cardinali, Vescovi, consacrati, autorità politiche e civili, gente comune. Tutti porteremo striscioni bianco e blu, i colori della veste di Madre Teresa e delle sue consorelle, simbolo della sua presenza. In piazza saranno esposte anche le immagini dei martiri uccisi durante il regime comunista che, per quasi cinquant’anni, ha professato l’ateismo sistematico. La Chiesa li ha riconosciuti come servi di Dio e il processo di beatificazione è tutt’ora in corso. Sono volti lieti e fieri e la loro imponenza ci dice che sono con noi e, come afferma don Gjergji Meta, giovane sacerdote albanese: «I dittatori e la dittatura muoiono, i martiri no».

Nella galleria d’arte e al museo nazionale sono allestite mostre sul cattolicesimo durante il periodo comunista. In alcune diocesi albanesi, e soprattutto a Tirana, grazie anche all’aiuto del Ministero della Cultura, sono stati organizzati concerti di musica classica dei più grandi compositori. È un segno di accoglienza per papa Francesco, che viene per incoraggiare il nostro popolo. Un popolo che ha molto sofferto a causa di un regime crudele, che aveva come scopo la creazione dell’uomo “nuovo”. “Nuovo”, ma senza coscienza e senza libertà.

L’atmosfera di festa è palpabile. Basta fare un giro in centro, dove la gente, alla sera, passeggia per il viale centrale della capitale e si ferma a guardare le foto dei martiri e i manifesti con la foto del Papa con scritte come: «Vengo a incoraggiare un popolo che ha tanto sofferto», «Nel cuore di ogni uomo è presente il desiderio di felicita», «Uno spirito autentico vince sull’egoismo».

L’arrivo di Francesco in una “periferia” dell’Europa non è per nulla banale, anzi provoca delle grandi domande nel cuore di ognuno di noi. Oggi camminando per le strade del nostro Paese si percepisce tanta confusione, eppure l’attesa rimane. Un’attesa di unità che ci fa venire il desiderio di condividerlo con tutti indipendentemente dalle credenze, perché come diceva Dante: Ciascun confusamente un bene apprende / nel qual si queti l'animo, e disira / per che di giugner lui ciascun contende. La visita del Papa è una provocazione per tutti non solo per noi cristiani, tutti abbiamo un cuore e tutti abbiamo un grande desiderio di felicità.

Quelli che vediamo in questi giorni sono segni che stanno generando ancora più unità e più amicizia, tra noi del movimento in particolare, ma anche con tanti altri amici. Sono persone che incontriamo ogni giorno: a scuola, al lavoro, al mercato, in famiglia, ovunque. È stato quasi naturale, l’altra sera, quando con Elda, Arti e Reni abbiamo fatto una passeggiata e ci siamo fermate a vedere i lavori della costruzione del palco dove il Papa celebrerà la messa. Ci siamo fermate, abbiamo salutato gli operai e abbiamo detto una preghiera di ringraziamento per il dono della visita del Papa in Albania. È un dono che è un’occasione di verifica e di approfondimento della nostra storia, del nostro presente e di ciò che rende la vita, vita.
Bardha, Tirana