Don Alberto Bertaccini.

Da dove ci aspettiamo la salvezza?

Nella frenesia del Natale un gruppo di amici a Forlì è andato insieme al cimitero, sulla tomba di don Alberto Bertaccini. L'Angelus, un canto e le parole del sacerdote, scomparso in giugno, sono stati il motore per ripartire e per recuperare l'essenziale

La Vigilia di Natale siamo andati alla tomba di don Alberto Bertaccini, al cimitero monumentale di Forlì, in compagnia degli amici che siamo riusciti a raggiungere con un veloce passaparola.
È stato un gesto semplice, ma importante, che ci ha permesso di fermarci un momento, nella frenesia della Vigilia e di recuperare l'essenziale: «Andare incontro a Gesù che nasce, sempre in maniera nuova e sorprendente», come ci diceva don Alberto.

L'Angelus detto insieme, un canto, la lettura delle sue parole e di quella lettera che ci aveva inviato dall'Ecuador nel Natale del 2011, ci hanno fatto ripartire con il cuore colmo di gratitudine. Commossi, ma non sopraffatti dalla nostalgia, perché grati di tutti i doni ricevuti, in particolare dell'amicizia con don Alberto. Così «riaffermiamo il nostro desiderio di compimento nella domanda di essere sempre fedeli a Cristo, a quel volto del mistero che ci accompagna e non ci lascia mai tranquilli».

Il fratello di don Alberto, piangendo, non smetteva più di ringraziarci; un altro amico che ci ha raggiunto da Imola, nonostante la nebbia, ci conferma che «in questo momento la sua amicizia continua in voi ed è ogni volta occasione di scoprire la nostra umanità».

Un gesto quasi invisibile, un segno minimo come questo ha salvato il nostro Natale. Ci ha permesso di dire un'altra volta "sì", ha permesso che questa festa fosse per noi un nuovo germoglio.

Ora, ogni giorno, resta la sfida che ci ha lanciato don Carrón: «Da dove ci aspettiamo la salvezza? Dalle alleanze che facciamo l'un l'altro e dai nostri calcoli per sistemare le cose o da questo segno apparentemente impotente, una presenza quasi inosservabile, ma reale, testarda, irriducibile, che il Mistero pone davanti ai nostri occhi?».

Roberta, Forlì