La mostra presentata al comune di Milano.

«Mi sono sentita un'altra, perché amata»

Un gruppo di amici organizza la presentazione della mostra su don Giussani e la proiezione del video per i dieci anni dalla sua morte. Tra vecchi volti e nuovi incontri, la scoperta misteriosa della fonte che genera bellezza nella vita

Con un gruppo di amici della Scuola di comunità di Claudio Bottini abbiamo organizzato una presentazione della mostra sulla vita di don Giussani "Dalla mia vita alla vostra" e la proiezione del video per i dieci anni dalla sua morte, in una sala comunale di Milano. Nell'impegno grande che è stato organizzare un gesto pubblico, è stato entusiasmante imbattersi in modo diretto con la figura di don Giussani, scoprendo, misteriosamente, che la mia vita è così bella perché ad un certo punto mi sono imbattuto nell'incredibile umanità di quell'uomo. Questo fatto genera in me una gratitudine immensa e il desiderio di raccontarlo, perché, pur non avendolo mai incontrato fisicamente, mi sento conosciuto e intimamente amato da lui.

Durante gli ultimi preparativi mi sono accorto di essere molto agitato. Nel momento di maggior fatica mi sono imbattuto nello sguardo di un mio amico e in quell'istante, sentendomi amato e abbracciato, mi sono sciolto. Ciò che don Giussani ha lasciato alla mia vita non è un ricordo, ma uno sguardo di amore che vedo accadere fra di noi. Ho obbedito alla realtà non ad un ricordo che non basta ad abbattere la mia paura. Mi rendo conto sempre più che l'incontro con Lui, dopo duemila anni, non è diverso da quello che ha affascinato Giovanni e Andrea: è proprio imbattersi giorno per giorno in uno sguardo, di fronte a cui io mi sento accolto, e che senza questo Gesù resterebbe solamente un ricordo. Chi si è occupato di preparare la mostra, chi ha accolto con serietà e attenzione le persone che arrivavano, chi ha fatto giocare i bambini, chi ha preparato l'aperitivo, chi i canti: ho visto con i miei occhi un amore e una dedizione a ciò che rende entusiasmante la vita.

A muovermi in modo particolare sono stati l'entusiasmo e la commozione di chi era lì per la prima volta: dialogando insieme ad alcuni di loro emergeva il contraccolpo per essere stati affascinati dallo sguardo penetrante di quell'uomo. La signora che gestiva la sala, mentre andavamo via, era commossa, e fermandoci sulla porta ha esclamato: «Questo prete era proprio un grande! Che passione per la vita e per i giovani». Poi ci ha ringraziato per come abbiamo pulito la sala dicendoci che non era mai stata così bella. Mi ha stupito vedere che le persone che per la prima volta avevano incontrato Giussani erano molto più coscienti di me della novità e della corrispondenza ritrovate in quell'uomo, come la nostra amica Giulia, di cui segue la lettera.
Riccardo

«Siamo migranti di Dio. Nessuno ha dimora fissa in questa terra». Sono ospite in una famiglia e mi sono trovata non per caso di fronte agli occhi di questo don Giussani di cui avevo solo sentito parlare. Devo ancora capire cosa mi ha catturato e mi sta facendo sentire amata da subito, perché fino ad oggi costruire la relazione con qualcuno per me significava conoscerlo approfonditamente nel tempo per poi convincermi che valeva la pena stare con lui. Allora penso al brano che dice «venite e vedrete» e a Giovanni e ad Andrea che lasciano tutto, fidandosi di un amore che subito percepiscono. Vanno e si lasciano condurre. Andrea torna a casa e stringe sua moglie più forte del solito, così forte come mai lei si era sentita stretta prima, «perché era lui ma era un altro». È quello che sto provando attraverso questa famiglia che mi ospita e gli amici che sto incontrando. Sono io ma sono un'altra perché mi sento voluta bene. Che bello quando Giussani diceva che dire ti voglio bene significa ti voglio, voglio vuol dire desidero che tu ci sia, perché se ci sei, allora Dio ha pensato per te ad un progetto. C'è qualcuno che mi vuole insieme a sé nel suo cammino. C'è Gesù che mi vuole e come a Zaccheo, mi dice: «Oggi mi fermo a casa tua». È piccolo, si sente piccolo, e si arrampica su un sicomoro per vederlo. All'inizio solo perché c'è tanta gente che parla di questo Messia che sta per arrivare. Gesù alza la testa e lo vede. Zaccheo abbassa la testa e lo ascolta, in silenzio, prima vuoto e sordo. Ora arricchito delle sue parole che lo riempiono. Parole cha hanno colmato il cuore degli apostoli, dei discepoli che non più in silenzio ma con l'ardore di una testimonianza accesa, ha detto Giussani, è arrivata fino alla mia mamma. Arriva alla mamma, arriva ad una famiglia che accogli, arriva ad un amico che mi abbraccia e infine a me. Tutti loro mi vogliono perché sono speciale agli occhi di Cristo, magari non so ancora per cosa, ma sono già importante perché ci sono. Non scambierei la mia storia con nessuno perché anche se mi verrebbe da dire «Padre passi da me questo calice», so che in serbo per me c'è la salvezza più grande di un Dio che umanamente si commuove e dice: «Donna non piangere». E alla fine resuscita.
Giulia