Genova.

Quando lo studio diventa un «anche domani»

I giovedì pomeriggio al circolino, e la scoperta che fare i compiti insieme è più bello. E poi: l'invito agli amici, la pizza e il film, la Promessa. Monica e il racconto dei "suoi" ragazzi: in cerca, come lei, «di Chi ci ha già trovati»

Quest'anno, per la seconda volta, abbiamo iniziato l’aiuto allo studio per i ragazzi delle medie. Ogni giovedì pomeriggio ci vediamo al circolino, un salone parrocchiale. Quando abbiamo cominciato io e Dana, professoressa di matematica, c'erano solo quattro ragazzi. Il primo giorno, dopo aver finito i compiti, uno di loro ci ha detto: «Ma perché non diciamo a tutti che noi studiamo qui? Facciamo dei biglietti, invitiamo anche altri. Studiare insieme è più bello».

Questo è l’inizio: nel giro di un mese ci hanno raggiunto sette, poi nove ragazzi, e poi sempre di più. Ci ritroviamo con quattordici ragazzi, ma noi siamo solo due: cerchiamo aiuto, all'inizio invano. Finché decido di ripartire da dove tutto è iniziato, senza cercare altrove. Chiediamo ai ragazzi se conoscono qualche mamma o adulto della parrocchia che possa stare con noi: nel giro di pochi giorni arrivano Barbara e Tony. Ogni giovedì si inizia con una preghiera e poi via con lo studio, per finire con merenda e giochi.

Passano le settimane, iniziamo a conoscerci e a legarci, loro a noi e noi a loro: dentro quei compiti, dentro Pitagora, dentro tutto quello che sono e che portano, dentro la vita. Qualcuno di loro ci chiede perché non possiamo stare insieme più di un giorno a settimana. La nostra risposta: «Perché no?».

Ci ritroviamo anche venerdì, contenti di passare la serata con pizza e film. Si parla di tutto: dalla nota di classe, alle ragazze carine, alla musica più in voga. C'è anche qualche ragazzo nuovo. Mi rendo sempre più conto che sta accadendo qualcosa di grande: i volti di questi ragazzi sono per me una sovrabbondanza, una grazia alla mia vita, e mi stupisce che ogni settimana io non sia mai uguale a quella prima. Sto cambiando, quasi senza accorgermene: mi ritrovo ogni giorno sempre più in attesa.

Una sera, mi arriva un sms da Giovanni di Cremona, conosciuto l’estate scorsa in vacanza: «Che fate voi per la Promessa?». Non ci penso neanche un attimo e rispondo: «Non lo so, ma vengo con te!». Il giovedì racconto ai ragazzi quello che mi è successo la sera prima: del mio sì ad un amico, detto senza sapere dove sarei andata, ma certa che vuole il mio bene, e che per questo non potevo fare altro che seguirlo. Si inizia a studiare: Gaia mi chiede aiuto in antologia. Apre il quaderno e mi fa leggere le considerazioni che ha scritto in classe la mattina: «Io Dio non Lo immagino: voglio avere la sorpresa per quando Lo incontrerò, e se non lo vedrò vivrò con il dubbio». La guardo, e in quell’istante, dentro quel compito, capisco cosa mi è chiesto e perché stiamo con loro: perché quella sorpresa esiste. Lui c’è, e accade in quest’istante, dentro il volto e il desiderio di questa ragazza che è più "mia" di prima, e che è in cerca di Chi ha già trovato me.

Lei e altri compagni mi fanno mille domande riguardo alla Promessa
. Quando scoprono che sarà il 1 e 2 maggio, mi dicono che non riusciranno ad essere con noi perché il 1 riceveranno la Cresima. Rispondo che proprio il sacramento della Cresima è quella promessa che Gesù compie per noi, attraverso lo Spirito Santo: «Dentro quello c’è tutto!». Stiamo per andare a casa, ma Matteo incalza: «E se venissimo il 2?». La vita irrompe in tutto! Affittiamo un pulmino, si iscrivono in sette e altri due più piccoli aderiscono per la due giorni. Non ci resta che arrenderci alla loro libertà e accompagnarli uno ad uno nel giorno della Cresima, dentro il desiderio e la domanda di Gaia: «Io Dio non me Lo immagino, voglio avere la sorpresa».

Questi volti regalati sono, per me e le altre mamme, la domanda: «Mi ami tu?», o meglio: «Chi ami tu?». È la conferma, visibile, che tutti gli istanti che passiamo con loro sono una continua attesa che la nostra, e la loro vita, si compia. Attraverso la piccola preghiera del giovedì, a volte distratta e frettolosa, affermiamo questo: non serve immaginarLo, ma guardarLo agire. Con la nostra miseria, ma continuamente certe di essere amate e volute lì, accompagniamo i ragazzi verso quel sacramento che rinnova la memoria di questo fatto e che rende la vita unica, lieta e certa di essere spesa. Il resto è tutto da vivere, ma non ci manca nulla per desiderare che, continuamente, Lui ci sorprenda adesso.
Monica, Genova