I ragazzi della maturandi a Chioggia.

Maturità, andare oltre la soglia

A Chioggia, diciannove studenti di un alberghiero e una "sfida" di tre giorni. Un invito a prendere sul serio l'esame di Stato. Tra testimonianze, sms e fatiche, la scoperta che studiare insieme non è poi così male...

Chiunque attraversi l’atrio di una scuola, negli ultimi giorni di lezioni, capisce ciò che il cuore “agogna”: libertà e un immenso “bisogno di aria”. Forse è per questa ragione che, di fronte alla proposta della loro professoressa di Economia, un gruppetto di studenti di quinta, di sezioni diverse, aderisce ad una tre giorni maturandi.

L’invito è una sfida alla libertà, a prendere sul serio la circostanza dell’esame di Stato, ad affrontare lo studio dopo che, per mesi, si è rimasti sulla soglia, o, forse, non si è mai entrati. Sono studenti di un istituto alberghiero, una scuola professionale dove dovrebbero prevalere materie professionalizzanti, appunto. Ma la riforma Gelmini le ha ridotte a 4 ore settimanali. Il resto sono materie dure, come per tutti gli studenti: italiano, lingue straniere, matematica, economia e diritto, storia.

«C’erano studenti che arrivavano in classe e si sdraiavano letteralmente sul banco», racconta Luisa, la prof. E che magari la sera prima avevano lavorato fino a tardi. «A cosa serve quello che studiamo per il nostro lavoro?», è il ritornello quotidiano. Il tasso di bocciature è elevato, e anche in quinta non tutti ce la fanno.

Ma alla convivenza maturandi erano in diciannove. Il luogo è una casa della diocesi di Chioggia, immersa nel verde di una pineta. Una studentessa si iscrive alle 6.55 del mattino della partenza: c’è posto per tutti nell’affrontare la vita dentro lo studio. Luisa invita amiche e amici che insegnano in scuole diverse: Michele ed Anna, Matteo e Arancia, giovani studenti universitari di Forlì, Antonio, Odette, Petra e Daniela. Un vero staff tutto per questi ragazzi.

Il primo giorno comincia lo studio a gruppetti. «Non abbiamo mai studiato così», è il motivo che risuona già a metà mattina. Ci si rilassa fra sigarette, thè, biscotti, qualche selfie. Si ritorna a studiare. E così fino a sera, quando, dopo la cena e un breve momento di testimonianza dei giovani universitari, si fa strada la domanda: «Ma perché voi siete qua?».

La notte trascorre tra inquietudini e goliardie. Il mattino seguente, la ripresa è dominata dal giudizio su quanto accaduto. Ma il giudizio che nasce da un amore non è mai moralistico: «Ieri sera siete venuti meno all’altezza della proposta che ci siamo dati. Ma il problema non sta nel fatto di sbagliare, ma nel tradire la promessa che è contenuta nella realtà. E perciò, quando tradiamo, innanzitutto veniamo meno noi a noi stessi».

Si riprende, e Luisa deve lasciare temporaneamente la casa per gli scrutini. Incontra alcuni colleghi, stupiti di quello che sta accadendo laggiù, ancora prima che lei ne parli. Poco prima del pranzo, arriva don Lino. Con estrema libertà viene proposta la partecipazione alla messa in suffragio per i professori e i compagni morti durante gli anni di scuola. Ragazzi che non frequentano la Chiesa, che non sanno nemmeno cosa rispondere durante la messa, partecipano con cuore commosso.

È il giorno del Sacratissimo cuore di Gesù. Don Lino, fissando i ragazzi uno ad uno, ricorda quanto è sacro il loro cuore al cuore di Cristo, che li ama così come sono. Una ragazza di quinta viene a sapere, mentre si trova lì, che è stata bocciata: decide comunque di rimanere. Nel pomeriggio, arriva a Luisa un sms di ringraziamento dalla mamma della ragazza: «Siete stati e siete dei professori con la P maiuscola, ma ancora di più siete umili, umani e speciali». Domenica sera, da casa, arriva un altro messaggio. È Ilenia: «Ci troviamo martedì per studiare assieme. Grazie ancora prof, per l’opportunità che ci ha dato in questi tre giorni... Sono stati fondamentali!»

Viene in mente quanto papa Francesco ha ripetuto in occasione dell’Udienza a Roma, il 7 marzo: «Così, centrati in Cristo e nel Vangelo, voi potete essere braccia, mani, piedi, mente e cuore di una Chiesa “in uscita”. La strada della Chiesa è uscire per andare a cercare i lontani nelle periferie, a servire Gesù in ogni persona emarginata, abbandonata, senza fede, delusa dalla Chiesa, prigioniera del proprio egoismo».

Antonio, Chioggia