Gli studenti della Cattolica in Piazza San Pietro.

Dal Papa, di corsa

Sabato scorso, il pellegrinaggio dell'Università Cattolica per il Giubileo. Dopo l'udienza, uno studente poteva incontrare Francesco di persona, ma... «facciamo andare lui». Il sacrificio di un amico e quella stretta di mano

Sabato 9 aprile sono stato assieme ad altri studenti, professori e amministrativi dell’Università Cattolica in pellegrinaggio dal Papa. Ho avuto la fortuna, con altri rappresentanti degli studenti, di assistere al momento di catechesi del Santo Padre dal sagrato, vicino a lui. Poco prima dell’arrivo del Papa, arriva la notizia che c’è la possibilità che anche uno studente vada a fare il baciamano, la foto e scambiare due parole con Francesco. In principio era stato chiamato il mio amico Pietro, il più alto in grado fra i rappresentanti degli studenti. C’era lì anche il nostro amico Giorgio, che ha incontrato il Movimento alla fine del liceo, e che ha visto cambiare la sua vita quando è venuto in Cattolica. In particolare, il mese prossimo farà confessione, comunione e cresima.

Giorgio era in bagno mentre convocavano uno studente dal Papa. Pietro mi fa: «Chiamalo, facciamo andare lui». Chiamo Giorgio, che resta evidentemente scombussolato dalla notizia, si precipita indietro dai bagni di piazza San Pietro, rimedia una giacca troppo grande per lui e finisce in prima fila assieme ai presidi di facoltà ad aspettare l’arrivo di papa Francesco, per stringergli la mano. Nel mentre, e nel brusio che diventava chiassosa letizia, avvicinandosi il momento dell’arrivo del Papa, vedo Pietro seduto su una sedia, un po’ discosto dal gruppo degli altri rappresentanti. Se ne stava lì in silenzio e aveva, credo, gli occhi lucidi. Ma sorrideva. Mi è venuta in mente la scuola di comunità, quando parla di sacrifici importanti che costano anche le lacrime, «eppure con un’ultima certa spontaneità, insomma volentieri, (…) come l’espressione di qualcosa che vale la pena vivere e perciò manifestare».

Insomma, quel che vorrei dire è soltanto questo: in Diaconia, Carrón ci ha chiesto dove vediamo che la Resurrezione non è un fatto del passato. Io rispondo che il primo fatto che testimonia la Resurrezione è la Chiesa, che è nata nel giorno in cui il primo Lo ha visto risorto ed è arrivata fino alla mia università, fino a me. È l’insieme delle persone che, attraverso i segni che Cristo opera nella storia, Lo riconoscono. E questo comporta il radicale rinnovamento della vita, come per Giorgio; crea personalità nuove e capaci di cose grandi, anche di grandi sacrifici, come Pietro; crea nel fascino di questa umanità nuova un popolo che credo sia destinato ad arrivare ovunque e che non è mai lasciato da solo: io credevo che la mattina non potesse andare ulteriormente meglio, invece d’un tratto si sentono grida, la gente si mette in piedi sulle sedie, si alzano i cellulari… era arrivato chi testimonia l’unità di questo popolo e la paternità di Dio su di esso: era arrivato il Papa. Dal canto mio, sono fiero di avere amici adulti come Pietro, stupiti come Giorgio, di avere sempre qualcuno a cui guardare anche quando sono distratto, come il Papa e questa compagnia che mi ha accolto e col tempo cambiato, col mio impegno e con la Sua grazia: come tutte le grandi storie.

Carlo, Milano