Firenze

Le amiche della porta accanto

Emilia si ritrova come vicine di casa una comunità di "Memores Domini". Lasciati da parte i pregiudizi su CL, nasce un'amicizia. Che in modo imprevedibile la porta a fare una scelta importante

Caro don Julián,
desidero raccontarti, con la mia storia, la gratitudine per un dono ricevuto: l’incontro con il movimento avvenuto grazie alla comunità di Memores Domini che, dal 2011, abita proprio nell’appartamento accanto al mio. Quando le ragazze si sono trasferite era autunno e mi ricordo che ho cominciato a sentire la loro presenza ancora prima di vederle. Ogni mattina, per mesi, le ho sentite pregare e la mia giornata iniziava così in comunione, perché, pur non conoscendole, univo la mia preghiera alla loro.

Solo in primavera, quando abbiamo cominciato ad incrociarci in giardino, ho scoperto che quella preghiera erano le Lodi e che si trattava di una comunità femminile del gruppo adulto di CL. «CL, ah, quelli!», ho pensato subito un po’ delusa, ma mantenendo un sorriso di cortesia.

Però non mi sono lasciata condizionare dal mio pregiudizio. Infatti in quella esperienza c’era qualcosa, non sapevo ancora cosa, che mi colpiva, che volevo approfondire. Così, grazie alle occasioni di incontro, di dialogo che si sono create nel tempo, è capitato proprio quello che dici tu: «Accade l’imprevisto, si diventa amici», soprattutto con una di loro, Gabriella. E per questo affetto che nasceva e per quel qualcosa che vedevo vivere, ho cominciato a desiderare di comprendere sempre più cosa fosse quel qualcosa di diverso, le ragioni di quella scelta di vita, così totale e particolare.

Ho iniziato a leggere, prima Tracce, poi i libri che nella rivista venivano citati per approcciarmi direttamente al pensiero originale di don Giussani (basta con il sentito dire, con gli stereotipi, con quell’identificazione della stampa tra CL ed alcuni dei suoi esponenti!). Perché sei ragazze avevano scelto di seguire Gesù attraverso quella strada? Incredibile: quello che leggevo era così vicino al mio sentire, al mio modo di voler vivere e testimoniare la fede: l’esperienza di Cristo nella e dalla realtà, il giudizio, la bellezza, eccetera. E, finalmente, ho capito che CL non era quello che avevo pensato fino a quel momento, ma un pezzetto bello della “mia” Chiesa.

Ho capito che CL non era quello che avevo pensato fino a quel momento, ma un pezzetto bello della “mia” Chiesa

Questo incontro si è innestato in un momento particolare della mia vita: un anno dopo la morte di mio marito. Una situazione vissuta, sia nella malattia sia dopo, certo con grande sofferenza, ma nello stesso tempo con una “folle” consapevolezza: in quello che avevo vissuto c’era “Grazia”. Infatti, non so né come né perché, ma accanto al dolore della perdita, al carico di responsabilità nei confronti di mia figlia, ho sempre sentito sulla mia famiglia la mano del Padre. Quando la malattia è iniziata non avevo una fede particolarmente forte, ma in quella esperienza ho ritrovato la strada «per la mia storia particolare» con Cristo, mi sono totalmente affidata a Lui lungo il cammino e così non mi sono mai sentita sola, né abbandonata. Dopo la morte di mio marito, difficile da spiegare a parole, non ho mai sentito finito il mio matrimonio, mi sentivo (e mi sento) ancora dentro quel sacramento.

A poco a poco, accompagnata da un sacerdote, ha cominciato a farsi strada in me l’idea di una consacrazione per dare continuità alla mia esperienza sponsale, per farla continuare in un altro modo, con lo Sposo Gesù. Mi sono confrontata con il mio parroco ed il mio Vescovo, il quale mi ha invitato a vivere il discernimento con serietà e non avendo strade in Diocesi, benediceva il mio cammino e mi indicava la strada di una consacrazione privata, e così ho fatto. Di fronte al mio padre spirituale nel giorno di Pentecoste 2014 ho fatto la “mia promessa”. Quel giorno c’erano anche alcune Memores.

In questi anni le nostre strade hanno continuato ad essere vicine e parallele, sempre verso la stessa direzione. La mia scelta di vita continuava normalmente, legata ad un piccolo gruppo con cui ci ritrovavamo di tanto in tanto per dei momenti formativi. Ma con il tempo questa “compagnia” non mi bastava, la sentivo slegata dalla mia vita quotidiana. Quindi ho deciso con sofferenza di lasciare il gruppo, vivendo la mia “chiamata” nella “solitudine”, nelle circostanze che la vita mi metteva davanti, mettendomi al servizio del pezzettino di Chiesa che avevo più vicino: la mia parrocchia. Quando presi questa decisione dissi nella preghiera: «Questo cammino è per Te, per stare più vicino a Te. Io non cerco soluzioni per me, se Tu vuoi pensaci tu». Ero serena, mi ero messa nelle Sue mani.

In questi anni le nostre strade hanno continuato ad essere vicine e parallele, sempre verso la stessa direzione.

Qualche giorno dopo, Gabriella, che conosceva la mia storia, con cui mi sono sempre confrontata nel corso degli anni, bussa alla porta e mi dice: «Ti devo dire una cosa: all’interno della Fraternità c’è “qualcosa” anche per chi arriva più tardi, se tu vuoi posso sentire». Ho preso tempo, cosa dovevo fare? Mi sono detta che io avevo messo tutto nelle Sue mani e forse la mia preghiera era stata ascoltata, perché tra tutti i cammini che io avrei potuto scegliere questo in CL non lo avevo proprio considerato, allora se non ero io ad avere scelto forse potevo dire “sì” a quella proposta e l’ho detto.

Da quel momento è stato tutto una scoperta. Ho conosciuto Silvia della Fraternità San Giuseppe, che con pazienza mi ha ascoltato. Di fronte ai miei interrogativi, una volta mi ha detto: «Emilia, tu hai già tutto, ma allora cosa manca al tuo cuore?». Questa domanda mi ha fulminato, ma nello stesso tempo mi ha reso disponibile alla novità che mi si apriva davanti, ed aiutato a “riabilitare” il desiderio di una compagnia, non necessariamente fisica, ma che fosse soprattutto cammino condiviso, capace di aiutare a tenere desta la coscienza, il giudizio, sulla realtà in cui mi imbatto. Un giorno Silvia mi ha detto: «Vieni e vedi tu stessa, senza progetti».

Così a novembre 2015 mi sono iscritta alla Scuola di comunità, ed ho scoperto che era proprio questa la modalità di cui sentivo il bisogno, un “laboratorio” dove le esperienze, la tua e quella degli altri, si mettono a confronto e riecheggiando dentro di te ti accompagnano nel tempo e nei luoghi che abiti, e ti aiutano a “scovare” Gesù, l’oro nel fango. A dicembre ho fatto domanda per entrare nella Fraternità. Ancora, per impegni familiari, non riesco a vivere pienamente tutti gli impegni, ma il desiderio di starci completamente quello c’è. Per ora credo che il mio compito sia di assecondare con la mia libertà quanto vedo ed ho visto accadere nella mia vita, e darGli sempre spazio maggiore lasciandomi affascinare sempre di più dal carisma di don Giussani.

A volte sorrido, pensando che Dio con me è stato proprio “birbone”, mi ha messo su una strada che pensavo lontanissima da me

Recentemente mi sono imbattuta nel tema della verginità e trovo che per come lo ha trattato don Giussani è una novità bellissima, una novità di cui avevo letto anni fa in Si può vivere così, ma che ho capito lentamente nel tempo, soprattutto, guardando come vive Gabri, la sua vocazione, il suo lavoro, le sue relazioni.

A volte sorrido, pensando che Dio con me è stato proprio “birbone”, mi ha messo su una strada che pensavo lontanissima da me, mettendomi una comunità di Cl proprio alla porta accanto. Meraviglioso è il metodo di Dio.
Emilia, Firenze