Il Papa all'Ilva di Genova

Genova, il Papa e sentirsi preferiti

La visita di Francesco ha animato la città fin dall'alba. I giovani al Santuario della Guardia, gli operai dell'Ilva e gli infermieri e i malati del Gaslini. E il popolo in piazza Kennedy per la messa. Una giornata che ha mosso (e commosso) tanti

Abbiamo bisogno, oggi, della Sua salvezza? Come l'Innominato ci chiediamo: tutta questa folla per un uomo? Ma incrociare il suo sguardo può segnarci la vita? La risposta, dopo l'esperienza della giornata col Papa a Genova, è inequivocabilmente un sì.

In molti, sabato 27 maggio, si sono alzati all'alba per due incontri straordinari: il mondo del lavoro all'Ilva, storica fabbrica cittadina, e i giovani al Santuario della Madonna della Guardia, protettrice della città, sulle alture. L'appuntamento alla Guardia era riservato a 2.700 ragazzi, scelti nelle parrocchie... Sono riuscita ad avere trenta posti per i miei alunni di un liceo statale: sono venuti pieni di attesa, non li ha fermati niente, loro che non sono certo devoti, eppure attirati.

Abbiamo aspettato il Papa conquistando le transenne. Ha galvanizzato tutti. All'incontro coi giovani c’era una gioia palpabile, hanno atteso due ore sotto il sole contentissimi, tutti a volerlo vedere, abbracciare, toccare, ascoltare. I ragazzi erano protesi, ma solo per un uomo? Abbiamo visto venir fuori il desiderio del cuore che chiede un abbraccio e intuisce chi glielo può dare.

Al Santuario della Madonna della Guardia

Appena arrivato, fra le urla festanti, ha chiesto di fare silenzio e di affidare alla Madonna tutto, di aprirle il cuore: in un attimo silenzio totale, volti compresi, tutti a riflettere. Lo stavano seguendo, catturati. Ma come è possibile? Poi ha iniziato a parlare, prendendoli subito sul serio. Voi, ha detto, non volete risposte preconfezionate, non siate turisti ma guardate la realtà e amate; voi genovesi avete orizzonte e coraggio come i navigatori, Gesù è il perturbatore, accettate la sfida. Poi ha rivolto a tutti una serie di domande: è normale che la gente muoia in mare, è normale l'indifferenza? Bisogna rispondere e coinvolgersi, è Gesù che suscita questa inquietudine.

È stato commovente, ha trattato i ragazzi da grandi, fidandosi totalmente della loro libertà, e ha concluso dicendo che aveva gettato il seme: «Voi siete capaci di orizzonti e coraggio, ma ora sta a voi, se volete farlo».

Ma un fatto in particolare ci ha stupito: l’identità assoluta fra parole e gesti. Mentre parlava hanno iniziato ad arrivare a gruppetti di dieci, dodici i suoi ospiti per il pranzo: c'era apparecchiata la tavola in fondo alla piazza del Santuario, nella “sala del camino”, in realtà un capannone che si usa per mangiare al sacco. Arrivavano quasi di nascosto, da un passaggio laterale: barboni, profughi, donne di colore coi bambini in braccio, e poi carcerati e carcerate con la polizia: tutti si fermavano a guardarci, sembravano invitati al pranzo del re, con facce incredule. Ecco, lì è stato evidente chi è il Papa, cosa ci attira in lui: quello che vedevamo era lo spettacolo della carità di Gesù di cui ci stava parlando, la “follia” della fede. Ma chi di noi mangerebbe con uno di loro? Erano più di cento e il Papa, che poteva pranzare coi notabili e gli chef stellati, è corso lì. Questi ospiti sono il segno indelebile che ci portiamo a casa.

La messa in piazza Kennedy

Poco prima, all’Ilva, si era svolto un incontro memorabile, quasi tremila lavoratori trepidanti e in festa. Davanti a tutti, gli operai dello stabilimento, coi caschetti per distinguersi. Dalle 5 e mezza del mattino in cammino per raggiungere l’azienda, tante facce diverse, tanti non “di chiesa”, tutti col desiderio di sentire e vedere Francesco.Tutti protesi a un uomo che sa dire parole vere e forti e semplici. Alcuni operai ci hanno raccontato che hanno usato per l'incontro una parte di un capannone tutt’ora dedicato alla lavorazione della lamiera: ci hanno messo tre mesi, nel tempo libero, per pulire tutto, lavare e dipingere i muri scrostati. Hanno anche costruito il palco ed erano lieti, grati delle risposte pensate a lungo, come ha detto, introducendo, papa Francesco: «Il lavoro è una priorità umana, quindi cristiana, quindi del Papa». Questo quindi è il nesso fra la nostra umanità e la fede in Cristo, che è emerso in tutti i momenti, con tutti gli interlocutori: un’attenzione straordinaria all’esperienza, con le sue difficoltà e le sue domande. Per questo la gente si è sentita “letta” e davvero confortata.

Alcuni amici coinvolti in politica e ri-motivati da questo incontro, ci hanno raccontato di aver percepito una chiarezza disarmante su come la Chiesa affronti le tematiche sociali del lavoro e della politica. Francesco, citando Einaudi e la Costituzione, ha detto ai politici che il problema non sono gli imprenditori e i lavoratori, ma il modello del lavoro che viene proposto oggi: poca occupazione e sussidi. È in pericolo la democrazia, ma anche l’uomo stesso, che trae nel lavoro il suo significato. Di come si viva nel ricatto e nella falsa meritocrazia.

Alla fine prevale la gratitudine. Come nelle parole di un operaio incontrato lì, forse poco più che ventenne: «Vado poco, quasi mai, in chiesa. Ma lo aspettavo e ho pulito il capannone fuori orario di lavoro perché volevo sentire cosa diceva. Eravamo tutti commossi e ho visto colleghi con le lacrime. Volevo abbracciarlo. Penso che sia difficile dire che Gesù non fosse a Cornigliano ieri mattina».

La visita all'ospedale pediatrico Gaslini

E in questa giornata straordinaria, prima della messa, il Papa è stato anche all’ospedale Gaslini. Una amica che lavora lì come infermiera pediatrica ci ha raccontato che una sua collega, impegnata politicamente a sinistra, non è riuscita a non seguire il Papa almeno in televisione: le ha confessato di aver pianto sentendo parole così vere, ispirazione per il rapporto coi suoi figli. Era colpita dal suo costante sorriso e dal suo modo normale di parlare di cose vere per tutti. Il giorno dopo, in ospedale, si è parlato molto di questa giornata: tanti raccontavano la loro esperienza, dove erano quando è passato. Ha colpito tutti anche la discrezione che c’è stata nel salutare i malati nelle corsie, quando ha voluto parlare loro personalmente, senza che altri li distraessero.

Insomma, se il giorno prima della visita nessuno ne parlava, anzi solo ci si lamentava dei disagi della viabilità, il giorno dopo prevaleva una sola voce: papa Francesco. Basta guardare la messa in piazzale Kennedy, sul mare, tra una folla festante e oceanica. Genova si è come riscossa, nessuno è potuto restare indifferente. Per noi è stato lo spettacolo del popolo cristiano. Ma chi può comunicare un trasporto uguale a tanta gente diversa? Abbiamo bisogno di vedere tanti volti commossi, in una familiarità altrimenti impossibile.

I miei alunni, che reggevano dal mattino alle 6 e mezza, con diversi chilometri sulle gambe tra sole e caldo, erano incredibilmente contenti e attenti. Tanti di loro alla sera hanno ringraziato per una giornata che non dimenticheranno. Una, a sorpresa, mi ha detto che era proprio contenta, che davvero le cose che ha detto il Papa erano proprio quelle che dico io a lezione durante le ore di Italiano. Ma cosa vedono questi ragazzi? Un'altra alunna, che era già stata stata al Triduo di GS, mi ha detto: «Che meraviglia rileggere le sue parole. Capisci che è la stessa strada, ci parla come Carrón. Le stesse cose. E ti senti preferito».

Marina, Genova