La gita sopra Cervinia

#VACANZECL - «Tocca a te»

A Cervinia, 300 adulti (e 200 bambini) di una comunità milanese. Le testimonianze di Ignacio Carbajosa, Pier Alberto Bertazzi e tanti altri. La messa, i giochi, il ritrovarsi dopo vent'anni... Un invito continuo a «guardare quel che accade mentre accade»

Sedici luglio, domenica mattina, Cervinia. Ultimo giorno della vacanza degli adulti di zona (Arcore, Biassono, Brugherio, Concorezzo, Monza, Sesto San Giovanni, Villasanta e Vimercate). In salone si spengono le luci e, sulle note del Lacrimosa di Zbigniew Preisner, compaiono le immagini della Creazione, tratte dal film The Tree of Life di Terrence Malick: di fronte alle domande dell’uomo qual è il modo della risposta di Dio? Crea, fa accadere, genera una storia che ci raggiunge. «Ognuno di noi che è qui», richiama Angelo, «è stato mosso, commosso, non da un discorso, ma da una presenza presente, da una presenza che si è resa presente dentro una storia particolare».

«La salvezza è ancora interessante pe te?». Con questa domanda ci siamo ritrovati in montagna in più di cinquecento (di cui duecento bambini), con il desiderio di essere aiutati a uscire da quel formalismo che ti può prendere dopo anni di onorata appartenenza al movimento, oppure dal credere che basti stare in questa compagnia perché essa permanga nel suo fascino.
Non è così.

L’invito di Angelo, sin dall’introduzione della prima sera, è stato proprio quello di accorgerci di essere in «una strana compagnia, in cui uno non può scaricare su di essa nulla, perché tocca a lui», come dice don Giussani. Così le giornate si riempiono di tentativi: ritrovarsi insieme per iniziare con la recita delle Lodi, il punto degli Esercizi della Fraternità come ipotesi da verificare, le gite, ricche di dialoghi e sorprese… Reincontrarsi dopo vent’anni e scoprirsi compagni di un nuovo cammino, come è accaduto ad Alcide e a Stefano di Monza, o come ha detto un’amica a Camillo di Villasanta: «Ma come ho fatto a vivere fino ad ora senza quello che c’è in questa vacanza?». Giornate piene anche di titubanze e impacci: «Ma che amarezza, amore mio, veder le cose come vedo io…e amare ancora come l’altra gente», abbiamo cantato un pomeriggio. Poi le serate con i canti, i giochi, i frizzi…



Ogni giorno, oltre alla messa quotidiana, un punto fermo con cui paragonarsi, ma non un discorso, bensì una testimonianza. Il giovedì Stefano, Simona, Nadia, Ernesto e Paola hanno raccontato le cose più significative vissute da loro quest’anno: dall’incontro dei Cavalieri con papa Francesco il 2 giugno all’impegno per le elezioni comunali a Sesto - un’apertura al di là di ogni scetticismo -; dalla caritativa con i bambini nell’oratorio feriale - una strana «libertà dall’esito» - o con i malati di Aids, fino a Simona che, tornata dalla missione in Cile per accudire i genitori anziani e soli, si è trovata a dirigere una scuola media, con una nuova casa di memores Domini, e ha scoperto come il seguire le circostanze è il modo per entrare sempre di più in rapporto con Chi le circostanze le abita.

Venerdì abbiamo incontrato Pier Alberto Bertazzi, nel cui racconto fatto di episodi estremamente concreti - dal Sessantotto alla nascita di Comunione e Liberazione, dal convegno del Palalido del ’73 al referendum sull’aborto del 1981 -, si è potuto toccare con mano «che la potenza dell’inizio che ha cambiato la mia vita - ho incontrato il movimento nel ’62, quando avevo 17 anni - è qualcosa che per definizione può riaccadere per me ora. È la natura del cristianesimo: l’incontro con qualcuno, un incontro possibile oggi». Così non c’è «un prima e un dopo Giussani, perché sto ancora continuando a capire quello che ho incontrato nel ‘62».

Ma insieme all’evidenza di una storia particolare che ha afferrato la nostra vita, emerge sempre la tentazione di cambiare noi il metodo di Dio. Come ci ha ricordato Bertazzi, possiamo abbandonarci a un disegno che non è nostro o far prevalere le nostre interpretazioni. Bellissima la differenza che ha fatto tra ricordo («tratteniamo quello che abbiamo capito noi») e memoria («che è il rendersi conto che quello che è avvenuto lo puoi rincontrare oggi per quello che è»).



A guardare in faccia questo rischio ci ha aiutato don Ignacio Carbajosa, teologo e responsabile della comunità di CL in Spagna, mostrandoci, attraverso una serie di fatti, come il rapporto con don Julián Carrón, che oggi guida il movimento, è stato il modo con cui è avvenuto per lui il miracolo di scoprire nella realtà il primo alleato della propria vita: «Così potevo mettermi in ginocchio e dire Tu al mistero, come un mendicante. È una carità avere qualcuno che ti sposta in continuazione», ha raccontato, «come quando, tanti anni fa, carico di incertezze, rimasi travolto da una cosa che disse Carrón: “Ti ho dato tutte le carte, ti concedo tutto, ma tu devi fare i conti con il fatto che ora non ti fai da te”».

Una provocazione alla nostra ragione (un po’ positivista) e alla nostra libertà, un invito a guardare a quello che accade mentre accade. Occorre solo riconoscere la propria povertà, come ci ha mostrato lo spettacolo del La leggenda del santo bevitore, riadattata da Carlo Pastori, che ha commosso tutti.

Torna in mente allora il Lacrimosa e il mostrarsi di Dio in un abbraccio che supera tutti i limiti, ma, come ha risposto Bertazzi alla domanda di un amico durante la cena, «a te - cioè ad ognuno di noi - l’onere dell’esperienza».
Stefano, Milano