I canti in gita a San Martino di Castrozza

#VACANZECL - La partita a carte con Dio

Sono arrivati da Bologna, Cesena e Ferrara per giocarsi le proprie carte. A San Martino di Castrozza, 240 ragazzi di Gioventù Studentesca e 240 domande, obiezioni, attese... Poi l'incontro con don Pigi Banna, con l'Innominato. E con uno strano silenzio

«Dire che “tutto è per me” mi sembra impossibile… Mi vergogno anche a desiderarlo. È una cosa troppo grande». Caterina alcuni giorni prima di partire reagisce così al titolo della vacanza estiva di Gioventù Studentesca: “Tutto è per te”. Basteranno sei giorni, a San Martino di Castrozza, per verificare la sfida che i ragazzi hanno ricevuto da don Pigi Banna al Triduo di Pasqua?

Duecentoquaranta ragazzi, da Bologna, Cesena e Ferrara, sono accalcati davanti alla hall dell’albergo, ognuno in cerca della propria camera: qualcuno la trova non ancora pronta, ad altri ne sono state assegnate due, e c’è chi vaga in attesa della propria. Una cosa è certa: «Così, no…». Ma se a qualcuno l’obiezione sorge per la camera mancante, qualcun altro di obiezioni ne ha portata una valigia piena da casa: «Fino a che punto posso dire che “tutto è per me”?», «come può essere “per me” anche ciò che mi sta scomodo?».

Duecentoquaranta volti e duecentoquaranta domande, obiezioni e attese, tutti arrivati nel posto giusto, come dice Martina: «Per fortuna che sono partita con queste inquietudini, perché sono stata subito presa sul serio da alcuni amici ma anche da gente sconosciuta».



È proprio l’obiezione a fare da filo rosso nella testimonianza di don Pigi: per lui la vita è «una partita a carte con Dio», ciascuno è chiamato «a giocare le proprie, a mettere sul piatto difficoltà e desideri, per vedere quale carta Dio getterà per rispondere». Per lui Dio è un giocatore troppo bravo, vince sempre. Ma la cosa più bella - pensi, sentendolo parlare - è che è pure in squadra con me: quando vince Lui, vinco io.

La prima grande conferma è proprio la faccia di questo amico prete così felice, e che questa sera sembra non voler più ripartire: il dialogo con lui, davanti all’aperitivo nel cortile dell’hotel va avanti per più di un’ora. È una partita con Dio anche quella che si gioca tra un crostino e l’altro nei cuori dei ragazzi che si sono fermati, tutti tesi, a domandare e ad ascoltare. E don Pigi vuole esserne il primo spettatore. Quando si gioca a carte con Dio, nei momenti più salienti, si genera un inconfondibile silenzio, come quello che domina durante l’aperitivo.

Lo stesso che si avverte, paradossalmente, qualche sera dopo, guardando gli amici che sul palco cantano e suonano alcuni brani di artisti contemporanei, da Jovanotti ai Coldplay, scelti per approfondire il tema della vacanza. A dominare è il “silenzio”, non tanto e non solo in platea, ma anche tra loro, nell’attenzione che hanno a cantare insieme, a suonare con cura, a seguire chi da dietro la batteria dà preciso l’attacco. Una strana forma di silenzio, che non è assenza di suono, ma tensione a qualcosa di presente, che ordina tutto quello che c’è attorno.



È questo silenzio uno dei protagonisti dei giorni passati insieme: è possibile camminare tre ore in montagna senza parlare? E perché farlo? Lo stupore lo si legge prima di tutto nelle facce degli sconosciuti che incrociamo lungo i sentieri: ma dove vanno questi tutti zitti? Quanti sono? Da dove vengono?
Quel silenzio lungo il cammino è costato moltissimo a tanti, come se ci fosse una promessa che tardava ad avverarsi e come Stefano ha detto a don Pigi, allargando le braccia sconsolato: «Io zitto ci sono stato, ma non è accaduto niente!». Ma Pigi non lascia cadere: «Dire che non accade nulla è la prima grande menzogna. Quando ci sembra che nulla accada, in realtà qualcosa sta sempre accadendo, forse non è all’altezza di quello che desideriamo, ma sta accadendo. Accorgersi che qualcosa accade ti permette di entrare in dialogo con quello che c’è, ti fa essere un uomo assetato in un deserto». Ti fa, insomma, giocare la tua carta.

E che sorpresa vedere che cosa rende possibile questa strada offerta da don Pigi, se solo si ha l’audacia di prenderla sul serio! Vengono in mente gli amici che hanno presentato la figura dell’Innominato manzoniano, raccontando come la storia di quell’uomo svela qualcosa di loro, tanto che un ragazzo ha detto: «Oggi l’Innominato ha preso un nome, ha preso il nome di ciascuno di voi, ha preso il nostro nome». La stessa possibilità c’era in tutto, dalla presentazione del romanzo La lancia di Longino alla giornata di giochi - tutta ripensata nella notte a causa di un minacciato temporale… che non è arrivato - fino alla festa finale. Proprio dopo la festa, Lorenzo dice: «Mi sono sentito a casa finalmente. Ma a rendermi felice non è stata la somma degli amici che ballavano e cantavano, ma qualcosa “sotto”. Qualcosa di troppo evidente per non essere riconosciuto».



Qualcosa “sotto”, tutto da conoscere, ma che pian piano inizia a svelarsi, come sintetizza alla perfezione Elisa: «C’è Qualcuno con me, Qualcuno che mi vuole bene, Qualcuno che ha preparato tutto questo perché io possa essere felice». È per questo che una vacanza così diventa imperdibile, perché, come è stato detto una mattina dopo le Lodi, «se scopro che tutto ciò che esiste è preparato da Uno che mi vuole felice e che è il Signore di tutto, io posso camminare nel mondo come un bambino cammina, tutto fiero, nell’ufficio di suo padre: tutto è suo, perché tutto è di suo Padre».

Quando inizia questa certezza, anche se sulla via del ritorno il pullman si rompe e si arriva a casa cinque ore dopo il previsto, il cuore continua a cantare: «Cosa importa se g’ho le scarpe rote, scarpe rote? / Mi te vardo e me sento il cor contento, oh…».
Cecilia, Bologna