I canti durante la gita

#VACANZECL - «Tutto a puntino, ma...»

Il fastidio di Marco. Il cuore nero del Nibbio manzoniano. La vita di san Nicolao della Flüe. A Cervinia, sei giorni di vacanza delle comunità di CL della Svizzera. Dove, per esempio, un padre vede i figli giocare senza vergogna...

Cervina 2017. L’ultima vacanza qui: il direttore dell’albergo ci dice che smonteranno il “capanonne” per ristrutturazioni. Ma noi ci siamo. C’è gente un po’ da tutta la Svizzera, circa duecento. Siamo qualcuno in meno rispetto agli altri anni, ma Claudio nell’introduzione taglia subito corto: «La vacanza è per me, con chi c’è». E rilancia il titolo «La salvezza è rimasta interessante per te?», con due suggerimenti preziosi: «Assecondiamo il desiderio e restiamo disponibili a ciò che accade fra di noi».

Si parte. Sei giorni insieme. Troppi? «No, perché accadono fatti, sei colpito, sorgono domande, poi ti incastri, qualcuno ti scuote, torni a respirare…», mi dice un amico: «Affiora un giudizio. È un percorso, e serve del tempo».

Anche a Marco è servito, come ci racconta nella sua testimonianza. Una lunga battaglia prima di iniziare a seguire il movimento. Prima, quelli di CL davano fastidio. Arriva al punto di nascondere i libri di don Giussani che giravano in casa. Ma la bellezza del volto lieto di sua moglie, che a Ginevra, dove si sono trasferiti per lavoro, ha ricominciato a frequentare la Scuola di comunità, lo “costringe” a muoversi per capire cosa stia succedendo. Così inizia a leggere di nascosto Il senso religioso di don Giussani: «Sapevo che era l’Abc del buon ciellino», dice ridendo. Nei primi anni di matrimonio, per ben due vacanze estive del movimento era scappato letteralmente: «Vienimi a prendere, portami via da qui», aveva detto alla sua testimone di nozze.

I giochi con grandi e piccoli

Quest’anno a Cervinia c’è, ma non è tutto automatico e lineare. Durante una gita è insofferente, sente estranee le persone che ha attorno e se ne sta in disparte. Poi inizia la messa e nelle intenzioni si prega per una persona malata. È una sua carissima amica. Lui si risveglia: «Ultimamente mi stavo dimenticando di lei». L’estraneità è vinta perché «questi volti mi ridonano ciò a cui sono legato, ma che la mia distrazione mi fa perdere». «Il Signore ci dà tutto lo spazio per muovere la nostra libertà, ma non ci lascia mai soli». Ci dirà un altro amico.

Siamo a metà vacanza, nel salone veniamo accolti dal canto Vuestra soy, accompagnato dalla chitarra e dalla viola. Le parole dicono: «Cosa vuoi fare di me? Eccoti il mio cuore, io lo pongo nella tua mano, il mio corpo, la mia vita e la mia anima, le mie speranze e la mia angoscia, Dolce Sposo e Redentore». Perfette per introdurre l’incontro di Alberto Moccetti sui Promessi Sposi. Cinquanta minuti in apnea: ti sembra di essere lì nella stanza del castello dell’Innominato, ad origliare il resoconto del Nibbio sul rapimento di Lucia. E quel «tutto a puntino, ma…» che inizia a scardinare tutto dentro al cuore nero, tuttavia ancora pulsante, di quel “capo mafioso”. Poi Alberto ci parla del percorso di fede di Lucia: la verifica nelle tribolazioni che Dio «non turba mai la gioia dei suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande». Fede che le farà gridare contro la prepotenza dell’Innominato: «Che vuole da me? Io non sono sua». Vuestra soy, sì, ma di un Altro.

Quest’anno ricorre il seicentesimo anniversario della nascita di san Nicolao della Flüe, santo patrono della Svizzera. Un uomo che decide di abbandonare tutto per ritirarsi a vita eremitica, per stare tutto il tempo solo con Gesù, digiunando completamente (si nutriva soltanto accostandosi all’Eucaristia). Ma questa forma di vita non coincide affatto con un “tirarsi fuori” dal mondo. Anzi, Nicolao diventa un punto di riferimento e di confronto per tutti: poveri contadini, ricchi signori, politici e prelati. Viene in mente quella frase di don Giussani: la prima attività è una passività, altro che “Forza compagni, / rovesciamo tutto / e costruiamo / un mondo meno brutto”.

Una gita

Anche il giocone è ispirato a San Nicolao e all’assemblea c’è chi interviene dicendo: «Io sono sempre stato negato a giocare, giravo alla larga il più possibile dai campi da calcio. Ma ieri guardavo stupito i miei figli, imbranati come il padre, giocare senza riserve. E mi sono chiesto: ma che razza di amicizia c’è qui per attirarli così e farli giocare senza vergogna?». E allora capisci che anche il gioco nelle nostre vacanze non è per riempire il tempo; serve per crescere: piccoli e grandi.

Alla fine di questa settimana così intensa mi chiedo: come avremmo potuto intercettare tutta questa ricchezza se la salvezza non ci interessasse più? Certo, se gioco tutte le mie carte - interrogativi, difficoltà, desideri -, e poi guardo, guardo, come Lui mi risponde.
Scendendo lungo i tornanti mi riviene in mente l'invito che Dio fa all’uomo ne Il Mistero dei Santi Innocenti di Péguy, citato all’inizio della vacanza: «Siate dunque infine, siate come un uomo / che sta in una nave sul fiume / E che non rema sempre / E che a volte si lascia andare sul filo dell’acqua».
Martino, Lugano (Svizzera)