Papa Francesco a Bogotá

Colombia. «La salvezza oggi, a casa mia»

«Non importa cosa abbiamo fatto, o detto fino ad un secondo prima, per lui siamo tutti bisognosi dell’abbraccio della misericordia». Un'amica del movimento a Bogotá racconta l'impatto con papa Francesco. Anche solo nel «vederlo passare»

Mercoledì 6 settembre, atterra a Bogotá papa Francesco. Sono fissa al computer perché desidero vederlo. Sarei potuta andare sull’Avenida El Dorado per “vederlo passare”, ma i numeri qui a Bogotá sono esagerati e dopo una giornata di lavoro non riesco a camminare fino a lì, tanto… chi riesce a vederlo con tutta quella gente? Rimango a casa e mi collego al computer, in diretta sul Canale Caracol.

Eccolo. Mi commuove per come guarda la gente che gli si fa incontro. Dal Presidente Santos in giù, pare non esserci sostanziale differenza per lui: non importa cosa abbiamo fatto, o detto fino ad un secondo prima, per lui siamo tutti bisognosi dell’abbraccio della misericordia. Mi commuove vedere come stringe a sé il soldato che ha perso le braccia nella decennale guerra contro i gruppi ribelli armati, come sorride ai bambini, come accarezza e ascolta: lui sa ascoltare, ascolta in una maniera diversa da me, lui ascolta veramente chi gli parla e fa suo il bisogno dell’altro. Prendo la benedizione online e spengo.

L'attesa al Parco Simón Bolivar, Bogotá

Giovedì 7 settembre, quattro della mattina: con alcuni amici ci incontriamo per camminare insieme fino al Parco Simón Bolivar, dove alle cinque del pomeriggio sarà celebrata la santa messa. Tanti i pensieri nei giorni precedenti, e tante chat: ma come? Si entra al parco alle cinque della mattina? Ma siamo matti?! Ma è scomodo così presto… Pensieri che svaniranno davanti alla sua presenza. Dove lui passa, è Cristo che passa: è così evidente che riempie il cuore e ti fa sentire “comodo”, a casa tua, finalmente. Credo che sia questa l’esperienza del “vederlo passare”, perché dall’alba fino alle cinque del pomeriggio sono passate le ore piene dell’attesa di vederlo e poi, quando è entrato al Parco, tutti volevamo solo questo: vederlo passare.

«A te anela la mia carne, come terra deserta, arida, senz’acqua» e «così nel santuario ti ho cercato». Il Papa ci ha risvegliati dal torpore, dalla comodità in cui ci sistemiamo, come se bastasse alla vita “stare comodi”, non avere problemi. Ci ha di nuovo fatto vedere che «di Te ha sete l’anima mia» e che Cristo è venuto fino a Bogotá, per trovarci, per trovarmi. È arrivato fino alla mia carne.

Davanti al posto in cui sono stata ferma circa dodici ore per aspettarlo, c’era un albero, che non mi permetteva di vedere bene il maxischermo su cui sarebbe apparso il suo volto. Poco prima che il Papa salisse sul palco, ho capito: quell’albero era proprio l’albero di Zaccheo, messo lì per me, perché potessi essere richiamata a darGli di nuovo la mia totale disponibilità, senza riserve, senza le misure che troppo spesso opprimono, togliendoci la possibilità di vederlo passare.

Gli amici della comunità di CL in attesa del Papa davanti alla Nunziatura

Il giorno seguente, di ritorno da Medellín, arrivando in Nunziatura, Francesco si ferma a salutare le persone che tutti i giorni lo attendono: ovunque vada, per strada, c’è sempre moltissima gente ad aspettarlo. Io sto seguendo di nuovo la visita in diretta, per poter ricevere la sua benedizione, quando lo sento dire con grande energia proprio alcune parole ben note: «Ricordatevi che il protagonista della storia è il mendicante!». Che impressione sentire in lui la stessa forza di don Giussani davanti a san Giovanni Paolo II, in Piazza San Pietro!

Un amico ha scritto a nome di tutti gli amici del movimento di CL in Colombia una lettera di ringraziamento per Francesco, che speriamo giunga tra le sue mani: «Carissimo Santo Padre, la sua presenza qui ha ridestato in noi il compito missionario che Cristo ha annunciato: “Andate nel mondo ad annunciare la buona novella che Cristo è presente”, quindi è possibile la salvezza per noi uomini e di conseguenza l'amore, la giustizia e la pace. Quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? Queste domande hanno caratterizzato tutta la vita del nostro grande amico, Servo di Dio don Luigi Giussani, e noi riconosciamo lo stesso messaggio che Lei con insistenza grida a tutto il mondo attraverso la Sua povertà e fede in Cristo Gesù. Pregheremo sempre per Lei, che il Signore continui a darLe questa bellezza dell'annuncio, perché abbiamo bisogno del Suo esempio di vita».
Chiara, Santa Fé de Bogotá