Foto di gruppo per gli "Amici di Zaccheo" a Pejo, estate 2017

Tornare a casa, dopo trent’anni

Il movimento al liceo e all'università. «Poi, il nulla», in una vita fatta di famiglia, carriera e successi. Fino alla birra con un vecchio amico e alla vacanza estiva... Da "Tracce" di settembre, una lettera citata alla Giornata di inizio anno

Caro don Julián, siamo tornati ieri dalla vacanza degli Zacchei. Ho 55 anni e tre figli. Di vacanze, Esercizi, tridui, raggi, Scuole di comunità ne ho visti a decine. Se qualcuno mi avesse detto un paio di anni fa che mi sarei trovato in un luogo come Pejo, con delle persone così gli avrei dato... del pazzo. Queste vacanze, come un bel po’ di avvenimenti di questo ultimo periodo, hanno per me il sentore del Miracolo. Sì, proprio con la “M” maiuscola. Sono stato affascinato dall’esperienza del movimento al liceo da un prete entusiasta. Erano anni importanti fatti di scontri, anche duri e di grandi passioni. Non me ne sono fatta mancare nessuna di circostanza, di avvenimento, di occasione.

Ho continuato l’esperienza in università, poi... il nulla. Me ne sono andato. Sono stato per trent’anni lontano, lontano e sempre più arrabbiato verso il movimento e le sue persone, verso le sue scelte e le sue prese di posizione. Sono diventato marito e padre di tre splendidi figli. La carriera, i successi non mi sono mancati. Poi un segno, da chi meno ti aspetti, anzi da quell’ex amico con cui negli anni di “militanza” avevo meno legato. Un pretesto per un giudizio dato su un lavoro fatto nella nostra comune parrocchia. Una mail, un invito a prendere una birra insieme e da lì ricominciamo a chiacchierare. Ma ancora con lo sguardo pieno di una pretesa, come a dire: vedi che alla fine avevo ragione io? Perché la storia è fatta di incrostazioni, la rabbia ti riempie di quello che sai già. Tu ti ergi a dio, a signore delle cose e a detentore del verbo, ma in questo modo non ti senti mai a casa, sei sempre un cuore inquieto che cerca la pace e non la trova. Tutto deve fare capo a te, alla tua intelligenza, alla tua visione delle cose, ma non sei mai pago, di ciò che hai o che sei. E poi, la vita può succedere che ti si rivolti contro. Scegli di non fare più il dirigente e di avviare una nuova realtà, che però non va come tu avresti pensato, malgrado un business plan... pressoché perfetto. Con la dirigenza se ne vanno carriera e successo e benefit annessi.

A peggiorare il tutto, mia moglie vede aggravarsi la sua malattia. Molto ci crolla addosso. Alzarsi la mattina diventa più duro, e nemmeno le pastigliette “miracolose” degli antidepressivi sembrano avere effetto. Sei sotto il peso delle cose che passano. Cominci a pensare che il bello della vita sia già alle spalle e che non rimanga molto. Adesso non basta più il mio sforzo, la mia performance. Io da solo non riesco a salvarmi, non riesco ad essere forza e sostegno né a me, né a mia moglie, meno ancora a chi ha scelto di lavorare con me.

Durante l’assemblea di fine vacanza ho fatto un piccolo intervento in cui, rivolgendomi a mia moglie, le ho detto che da solo io non potevo aiutarla con il suo male, non sarei più riuscito a sostenerla. Arrivati a questo punto la vita si fa semplice, o Cristo ha la lettera minuscola, cioè è il mio dio che piego al mio volere ed alla mia intelligenza e allora ci stiamo solo prendendo in giro; oppure Dio è il Dio della storia e allora tutto cambia. Noi non siamo tornati perché abbiamo deciso di farlo o perché siamo bravi. Siamo tornati perché Qualcuno ci ha rivoluti a casa.

Oggi basta avere «occhi per guardare», come mi diceva padre Bernardo: «Quando ti alzi al mattino e non ti ricordi di Dio, ma solo dei tuoi problemi, forse dovresti respirare perché non devi cercarlo. È Lui che ti ha trovato e che è lì con te, perché Lui non ti molla mai». Insieme possiamo imparare di nuovo quello che già credevamo di sapere.

Angelo, Cesano Boscone (Milano)