In attesa del Papa a Lima

Il Papa in Perù: «Non è un discorso ciò che conquista»

La tappa peruviana del viaggio di Francesco in Sudamerica. Lima, Puerto Maldonado, Trujillo. Con migliaia di persone ad attenderlo e a incontrarlo. Il racconto degli amici della comunità del movimento

Qualche mese fa abbiamo ricevuto la notizia che papa Francesco avrebbe visitato il Perù nel gennaio 2018. Un’immensa gratiutudine ci ha invaso da subito il cuore, e, con essa, una domanda: cosa stiamo aspettando, perché ci fa così contenti? Abbiamo scritto inmediatamente al nostro amico Michele in Italia per dargli la notizia, e la sua risposta è stata: «Che bello! Restiamo disponibili e attenti, offrite tutto, siate al servizio della Chiesa…». Ci siamo attaccati a queste parole con la certezza che la sua risposta corrispondeva alla nostra speranza e ad un affetto concreto alla nostra umanità.

Da maggio scorso, abbiamo cominciato a partecipare ogni mese alle riunioni dello staff della diocesi, offrendo il nostro servizio all’Arcivescovado di Lima. È stato un tempo di grande attesa, nel quale è emersa la domanda: «Ma io, perché lo aspetto, perché mi fido di uno che mi dice "andate, e offrite tutta la vostra disponibilità"?». Vivere così questa esperienza ci ha immersi in una grande avventura, in cui abbiamo desiderato essere attenti a tutti i fattori della realtà. E il Signore che è buono ha risposto senza tralasciare nulla della nostra “storia particolare”.

La folla accoglie il Papa a Lima

Circa un mese prima dell’arrivo del Papa, dopo i festeggiamenti perché la nostra nazionale di calcio ritornava ai Mondiali dopo 35 anni di tentativi falliti, una decisione delle autorità politiche ha diviso il Paese: l’indulto all’ex presidente Alberto Fujimori ha suscitato una grande mobilitazione popolare, con marce a favore e contro.

Davanti a tutto ciò, si è imposto ancora una volta il bisogno di aiutarci a giudicare. Abbiamo proposto un volantino intitolato «Dipende da noi…», perché volevamo essere protagonisti, partendo dall’incontro con il cristianesimo che ci ha risvegliato il cuore e la ragione. E questo contesto ci ha reso più chiara la preferenza che Gesù mostra per il Perù.

Lima, la cattedrale.

Giovedì 18 gennaio tutta la Nazione si è fermata per guardare l’unico che può sostenere la vita. L’intero Paese era “unito nella speranza”, come diceva il titolo che la Chiesa peruviana ha scelto per la visita del Papa. Ed era evidente lungo le strade che Francesco avrebbe percorso, a mezzogiorno già piene di persone, di famiglie intere, che sembravano gridare tutti la stessa cosa: «Vogliamo vivere, vogliamo vederti, siamo un popolo che pone la sua speranza nella tua presenza».

La prima immagine - il portellone dell’aereo che si apre e Francesco che tocca il suolo peruviano - rimarrà nel nostro cuore per sempre, come memoria della sola Presenza capace di rispondere a tutto l’umano. Una marea di persone copriva tutto il tragitto, dall’aeroporto alla Nunziatura di Lima, dove avrebbe alloggiato; un popolo che aveva dormito per strada solo per vederlo passare, per ritrovare la speranza.

Gli incontro con le popolazioni indigene a Puerto Maldonado.

A Puerto Maldonado, già la sera prima del suo arrivo, erano iniziati i festeggiamenti; le comunità indigene hanno offerto al Papa la loro storia, hanno voluto mostrargli la loro tradizione, chiedendo di essere aiutati da lui a conservarla. Francesco ha detto loro: «Ho voluto iniziare da qui la visita in Perù… Quanti non abitiamo queste terre abbiamo bisogno della vostra saggezza e delle vostre conoscenze per poterci addentrare, senza distruggerlo, nel tesoro che racchiude questa regione. E risuonano le parole del Signore a Mosè: “Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è santo”».

Il giorno seguente, a Trujillo, ancora una volta sono stati stato protagonisti il popolo, con uno stesso cuore, e la domanda, la commozione di vedere un santo che camminava in mezzo alla gente. Il Papa non cessava di indicare la speranza in una forma concreta: «I peruviani, in questo momento della loro storia, non hanno diritto a lasciarsi rubare la speranza! Con Gesù l’anima di questo popolo di Trujillo potrà continuare a chiamarsi “la città dell’eterna primavera”, perché con Lui tutto diventa occasione di speranza. Conosco l’amore che questa terra prova verso la Madonna, e so quanto la devozione a Maria vi sostiene portandovi sempre a Gesù. E dandoci l’unico consiglio che sempre ripete: “Fate quello che Lui vi dirà”».

La messa sul mare a Trujillo

Alla fine di un giro di oltre undici ore, il Papa si è imbarcato sul volo di ritorno a Lima, dove ancora la gente lo attendeva lungo il percorso fino alla Nunziatura.

Domenica 21, nel convento delle Nazarene dove si custodisce l’immagine, così cara a tutti noi, del Signore dei Miracoli, ha incontrato 500 monache di clausura, alle quali ha detto: «Vi chiedo, per favore, di pregare molto per l’unità di questa amata Chiesa peruviana, perché è tentata di disunione. A voi affido l’unità, l’unità della Chiesa, l’unità degli operatori pastorali, dei consacrati, del clero e dei vescovi». Ancora una volta, senza distogliere l’attenzione dalla concreta realtà storica, ci ha chiesto di fissare lo sguardo al compito di ciascuno, nella forma con cui il Signore lo chiede.

Poi, dopo l’incontro con i sacerdoti e i vescovi, si è rivolto prima dell’Angelus ai giovani: «Gesù vuole vederti in movimento; vuole vederti portare avanti i tuoi ideali, e che ti decidi a seguire le sue istruzioni. Lui vi condurrà sulla via delle beatitudini, una via per niente facile ma appassionante, è una via che non si può percorrere da soli, bisogna percorrerla in gruppo, dove ciascuno può collaborare dando il meglio di sé». La stessa sfida alla quale don Julián Carrón ci richiama sempre, della bellezza della vita: quello che ci chiede Gesù è vivere.

La messa alla Base aerea di Las Palmas

Sempre tra strade affollate, Francesco si è diretto all’ultimo gesto della visita, la messa nella base arerea di Las Palmas, dove lo attendevano oltre un milione e mezzo di persone, e dove ha fatto il suo ingresso tra i canti e le grida di festa: «Come faccio a non amarti, come faccio a non amarti, tu, il papa Francesco, vicario di Cristo, che vieni a trovarci?». Eravamo una cosa sola, la stessa speranza, la stessa gratitudine: non litigavamo per un posto, ci aiutavamo a guardare, offrendo tutto per poterlo vedere da vicino, se possibile toccarlo.

Il Papa ci ha detto: «È lì, in mezzo alle strade polverose della storia, dove il Signore ti viene incontro. Certe volte può succederci lo stesso che a Giona. Le nostre città, con le situazioni di dolore e di ingiustizia che ogni giorno si ripetono, possono suscitare in noi la tentazione di fuggire, di nasconderci, di defilarci…». Che gratitudine ha riempito il nostro cuore nel riconoscere la corrispondenza con le parole di Carrón a Natale - «Nessuno escluso» - e che grande reponsabilità abbiamo di comunicarle.

Il Papa è tornato a sottolineare che la vita è un’obbedienza, che può essere bella solo dentro all’obbedienza ad una corrispondenza, che passa attraverso un amico, come era stato per noi Michele, o una anziana donna che resta per ore sotto il sole per vederlo, e soprattutto attraverso una compagnia che costantemente ci aiuta a rimanere attenti a tutti i fattori. Abbiamo imparato che non è un discorso ciò che conquista: è una testimonianza. Un’amica ci ha trasmesso un messaggio di suo fratello: «Dimmi dove vi troverete. Dopo questi giorni non voglio perdere altro tempo, voglio appartenere a Comunione e Liberazione».

Lunedì, al lavoro, una di noi si è trovata davanti una persona che era stata indifferente sino a quel momento: «Guarda, è stato impossibile non rimanere coinvolta in questi giorni», le ha detto: «La strada dove abito era piena di gente, così anch’io sono uscita ad aspettarlo, e non so perché ma sono contenta, e volevo dirtelo…». Immediatamente abbiamo pensato al passo dell’Innominato, ne I promessi sposi di Manzoni. È un Altro che sostiene la nostra vita, e mendica il nostro sì colmo di gioia.

Silvia e Vanessa, Lima