Il concerto per Avsi a Monza

Monza. Shosholoza, dalle Tende alle elezioni

Un concerto per la campagna di Avsi nell'ospedale della città. Tanti amici che si coinvolgono. E non solo loro. Il macellaio, il panettiere... Perché «l'Eterno è sempre in agguato, pronto a sorprenderci». Fino all'appuntamento elettorale...

Sabato 3 febbraio, concerto con il coro Elykia. In Congo, “lingala”, significa “speranza”. Nel decidere il gesto per le Tende a Monza, il coro di Raymond Bahati, ci sembrava un aiuto a entrare nel bisogno che tutti sentiamo di poter stare insieme, anche dentro le diversità di ognuno. Il coro, composto da quaranta tra coristi e musicisti provenienti da continenti diversi, presenta un repertorio di canti religiosi da tutto il mondo, in prevalenza cristiani, ma non solo, con arrangiamenti di forte connotazione afro. L’origine è chiara: solo guardando l’altro come un bene, solo incontrandolo e scoprendo che ha il nostro stesso cuore e i nostri stessi desideri, possiamo superare tutte le paure che ci tengono ancorati ai nostri punti di vista parziali.

Si parte nell’organizzazione, anche con qualche punta di scetticismo da parte di alcuni. Il coro risponde subito: il 3 potrà venire a Monza. La data è molto vicina! Alcuni hanno paura che non si riuscirà ad invitare adeguatamente le persone. Nella ricerca del teatro scopriamo un’eccellenza della nostra città. È la sala congressi dell’ospedale San Gerardo di Monza. Chiediamo e l’ospedale risponde positivamente. Sembra fatto apposta, non solo l’occasione di vedere persone provenienti da Paesi diversi che si mettono insieme per costruire col canto un’esperienza di bene, ma anche la possibilità di dire che la malattia e il dolore fanno parte della vita, si possono guardare, avvicinare e contribuiscono a costruire, con il loro semplice esserci, quel bene. Etta, una giovane universitaria, si prodiga per ideare volantini, locandine e biglietti di entrata. Tutto gratuitamente.

Alessandro raccoglie le iscrizioni. Simona, che tiene le fila dell’organizzazione, è uno spettacolo! Chiede ai coristi se, prima del concerto, vogliono mangiare. Loro accettano, ma sono in quaranta. Con alcune amiche prepara dei primi freddi. Un amico macellaio regala, visto che vuole contribuire a sostenere i progetti Avsi, una montagna di affettati. Poi, Simona compra il pane spiegando per cosa serve e invitando il suo panettiere al concerto. Lui non potrà esserci, ma vuole contribuire e così offre non solo il pane, ma anche un cabaret di dolci. Simona lo regalerà alla signora che viene ad aprire la sala: «Sai, è stata lì dalle 16 alle 21!», mi dice.

Anche quel volto, che per i più è rimasto insignificante, per lei è stato un incontro. Paola e Rossella organizzano all’entrata della sala un banchetto con i prodotti provenienti da tante parti del mondo: collane, bambole e zainetti, per aiutarci a capire che, quando uno si sente amato, generato, è capace di generare. Come è accaduto alle donne ugandesi malate di Aids, che creano bellissime collane di carta, per una sovrabbondanza rispetto a quello che hanno ricevuto al Meeting Point di Rose, fino a costruire una scuola per i propri figli, uno dei progetti sostenuti dalle Tende.

Alle 20.45 la hall della sala si riempie di famiglie con bambini, amici invitati e amici dei paesi limitrofi. Tutti lì per incontrare un’esperienza bella, ma, soprattutto, per contribuire a costruire una casa - come dice il titolo delle Tende Avsi 2018 “La casa dov’è?” -, un luogo dove ogni uomo possa sentirsi se stesso.

È una festa che esplode e coinvolge tutti, dai più anziani ai bambini. Il canto conclusivo è Shosholoza, un antico canto del popolo guerriero Zulù, che è diventato il secondo inno nazionale del Sudafrica ed è dedicato a Nelson Mandela che, durante gli anni della prigionia insieme ai suoi compagni faceva risuonare le parole: «Alzati o popolo, conquista la tua libertà con la speranza». Così ha vinto l’odio, l’esclusione, la discriminazione non con una propaganda, ma con il perdono, tanto che perderà la moglie che gli chiedeva, una volta liberato, di vendicarsi di quelli che gli avevano fatto tanto male. Lui si rifiuta e lei lo lascerà. «Mio nonno diceva che non si può spegnere il buio se prima non si accende la luce», spiega Raymond: «Non puoi vincere il male mettendo in campo delle filosofie, ma solo incrementando il bene».

Al termine, Michela di Avsi spiega i progetti e cosa ha voluto dire per lei contribuire a costruire un bene per tutti, anche raccontando la sua esperienza in Myanmar. Alcide conclude la serata ringraziando e sorprendendosi commosso per il fatto che «l’Eterno è sempre in agguato e stasera è venuto a toccarci». Per me è stato proprio così. Uno che, attraverso i volti degli amici con cui abbiamo costruito il gesto e di quelli che in tanti modi hanno partecipato, ti aiuta a guardare quel desiderio che c’è in ognuno di noi di costruire un pezzo di umanità nuova. E l’esito è che non puoi più lamentarti. Se riconosci quello che hai ricevuto ti viene voglia di metterti al lavoro.

Tra poco ci saranno le elezioni. Potrebbe sembrare che non c'entrino nulla con questa serata. Invece, uscendo, ho la certezza di aver fatto un pezzettino di strada per votare ancora più consapevolmente il 4 marzo. Anche questo gesto è politica. La bellezza di questo cammino è che la vita comincia a essere unita. Non posso togliermi dalla testa Shosholoza ed esco cantando, anch’io col desiderio di spegnere il male incrementando il bene. Un programma pieno di speranza e la scoperta che qualcosa è già cambiato: il mio io.

Paola, Monza