Visita al monastero di Santa Scolastica

Subiaco, la vera amicizia e il luogo dell'origine

Cinquanta amici di città diverse e una vacanza sulle tracce di san Benedetto (e don Giussani). L'eremo del Beato Lorenzo e il Sacro Speco. La sorpresa di un legame che vince la lontananza geografica. E una rinnovata affezione per il movimento

«Quei due, Giovanni e Andrea, e quei dodici, Simone e gli altri, lo dissero alle loro mogli, (…) lo dissero anche ad altri amici. E gli amici lo dissero ad altri amici, e poi ad altri amici, poi ad altri amici ancora, come un gran flusso che si ingrossava, […] e giunsero a dirlo a mia madre - a mia mamma -. E mia mamma lo disse a me che, ero piccolo». Quando don Eugenio Nembrini ha ricordato queste parole con cui don Giussani sintetizzava con una incisività sconvolgente la straordinaria storia nella quale, per Grazia, siamo stati presi anche noi, eravamo proprio nella stanza dove lui dormiva durante i periodi che trascorreva nell’eremo del Beato Lorenzo Loricato a Subiaco.
Un luogo storico, dove fra il 1966 ed il 1969 aveva tenuto i primi Esercizi spirituali del Gruppo Adulto, allora costituito da poco più di una decina di persone. Quel momento, dove concretamente abbiamo percepito cosa significa essere vicini all’origine - un’"origine" che era accaduta lì anni fa, ma che era esattamente la stessa che stava accadendo di nuovo fra noi in quell’ora, è stato forse il più intenso dei quattro giorni che abbiamo vissuto insieme. In quella stanza abbiamo cantato il Non Nobis, sopraffatti dalla gratitudine di essere, a dispetto della nostra piccolezza, parte anche noi di «quel gran flusso che si ingrossava».

Subiaco, anni Sessanta, don Giussani e William Congdon con un gruppo di giovani all'eremo del Beato Lorenzo

Ma cosa ci facevamo a Subiaco? La visita all’eremo del Beato Lorenzo e all’annesso studio che fu di Bill Congdon è stata una delle tante sorprese della breve vacanza di quattro giorni, che una ventina di famiglie provenienti da diverse parti d’Italia hanno trascorso a Subiaco, alla Foresteria del Santuario dedicato a santa Scolastica, sorella gemella di san Benedetto. Una cinquantina di amici provenienti da Roma, Rimini, Carrara, Cuneo, Varese, Belluno e Abbiategrasso, che si sono conosciuti negli anni attraverso gli incontri e le circostanze più disparate. Molti dei quali hanno percorso parecchi chilometri semplicemente per stare insieme e sperimentare un’amicizia vera, che non è fatta di prossimità, ma che sfida in ogni momento ad essere leali con il proprio cuore. I giorni a Subiaco sono stati inaspettatamente intensi, eppure molto semplici, alla portata di tutti. Questi luoghi dalla fortissima spiritualità – che si può quasi toccare per quanto è concreta – sono stati un continuo richiamo e così la bellezza dello stare insieme è diventata ancora più immediatamente percepibile. Lo si capiva dal fatto che si poteva passare con la stessa naturalezza ed intensità dallo scherzare insieme – magari sulle diverse “abitudini” che caratterizzano l’approccio alla vita di milanesi e romani – al raccontare se stessi fino nelle pieghe più profonde, fatte di grandi drammi o di grandi gioie.

Subiaco, 2018, Eremo del Beato Lorenzo

Molti sono stati i momenti affascinanti: le testimonianze reciproche prima di tutto, che venivano fuori spontanee e inaspettate in un semplice dialogo. Ma anche la visita al monastero di San Benedetto, che ospita il Sacro Speco e a quello di Santa Scolastica, entrambi splendidi e pieni di bellezze artistiche sorprendenti. Fra gli affreschi che abbiamo potuto vedere, uno che ci ha colpito molto, curiosamente presente in due riproduzioni in tutti e due i monasteri. È l’immagine di un monaco raffigurato mentre viene colto dalla tentazione. L’artista ha scelto per rappresentarlo un piccolo demonio che, attaccato alla sua tonaca, lo tira per portarlo fuori da una chiesa. Oggi come quindici secoli fa, le tentazioni che portano l’uomo a perdersi, non sono i piaceri del mondo o il potere, ma "uscire" dalla Chiesa, ovvero lo staccarsi da Cristo, l’abbandono dell’origine. Quell’origine che per noi è l’appartenenza al movimento, per il quale, dopo questi giorni, proviamo una affezione ancora più grande e certa. Resa concreta nelle facce degli amici cui ci sentiamo, ora, ancora più amici.
Massimo Piciotti (Abbiategrasso)