Ultimo giorno di scuola. La torta del prof

In una scuola semideserta, quaranta ragazzi si sono trovati a mangiare una fetta di dolce con il loro professore. Per ringraziare dell'anno trascorso insieme e recitare una preghiera per Erik, l'amico che non c'è più

Come a volte accade alla fine di maggio, gli alunni più bravi, finite le interrogazioni, si cominciano a ritirare e ogni giorno che passa ci sono sempre meno ragazzi in classe, una desolante decimazione. Quest’anno ho pensato che sarebbe stato molto più bello festeggiare l’ultimo giorno per salutarci e ringraziare della opportunità che ci era stata donata di condividere un anno ricco di episodi dove “l’umano” è stato il vero protagonista.

Per questo ho invitato i miei alunni di terza e di quarta dell’istituto professionale dove insegno Anatomia, a venire a scuola l'ultimo giorno per mangiare una torta. Inizialmente pensavo che sarebbero stati pochi i ragazzi che, venendo per lo più da lontano, si sarebbero svegliati alle 6 del mattino solo per una fetta di dolce con un professore. Invece, ad eccezione di un solo alunno per classe (che mi hanno mandato un messaggio di scuse per la loro assenza), erano tutti presenti.

È stato stupefacente vedere in una scuola di 1200 studenti quasi vuota quei quaranta ragazzi. Mi chiedevo cosa davvero li avesse spinti a venire, cosa cercassero davvero, o meglio, cosa avessero trovato. Man mano che arrivavano venivano a salutarmi come se fossi il festeggiato.

Ci siamo riuniti in un’aula e ho chiesto se c’era qualcuno che volesse raccontare un momento significativo dell’anno trascorso insieme. Sono venute fuori delle testimonianze bellissime. Non riuscivo più a fermarli, tutti sono voluti intervenire.

Alla fine abbiamo ascoltato il canto di Claudio Chieffo Parsifal. Diego, un ragazzo a rischio bocciatura, mi ha chiesto se potevamo recitare una preghiera per Erik, un suo amico, che giorni prima si era tragicamente suicidato. Dopo la preghiera, Diego con gli occhi lucidi ha detto: «Professore mentre ascoltavo per la prima volta questo canto ho pensato che se Erik vi avesse conosciuto sicuramente non l'avrebbe mai fatto».

Allora mi è venuto un brivido pensando come Dio può rendere addirittura uno come me strumento della Sua misericordia. Sono andato via colmo di gratitudine perché Il Signore ancora una volta mi aveva mostrato in maniera evidente il Suo volto.

Leonida, Napoli