Vacanze GS/4. Quel "rododendro" che non ti lascia tranquillo...

Per i ragazzi di GS del Veneto la settimana a San Martino di Castrozza era partita dalla domanda: «Siete preferiti da qualcuno?». La testimonianza di Paola e Stefano, River flows in you suonata da Alessandro... Qualcosa che "sposta" la vita

La vacanza di GS dei ragazzi del Veneto a San Martino di Castrozza inizia da una provocazione che don Pigi aveva fatto al Triduo: «C’è nella vostra vita qualcuno contento perché voi ci siete? Uno da cui vi sentite preferiti, da cui non vi sentite giudicati?». Durante la prima serata, Sonia, Elena, Paolo, Giovanni e Lucia raccontano cosa durante l’anno li ha “spostati”, li ha rimessi in gioco dentro la compagnia di GS. Per tutti la sorpresa di qualcosa di non previsto accaduto e che li ha riappassionati allo studio, agli amici, alla vita. E la certezza che c’è un Mistero buono nella vita che ha una passione sterminata per gli uomini. «Come si fa a non essere affascinati da un’amicizia simile, come si fa a non guardare i propri amici con lo stesso sguardo che loro hanno avuto su di me?». Invito lanciato!

La passeggiata del giorno dopo viene proposta come paradigma della vita: c’è una meta e c’è una strada che non facciamo da soli, ma per gustarsi la vita occorre fare attenzione a ciò che c’è perché è più grande dei nostri pensieri. Raggiunti i laghi di Colbricon, si continua fino in cima, sulla Cavallazza. La tentazione di fermarsi a metà strada è vinta dall’amico che ti dice: «Vieni su con me». La salita è ripida e la vetta è coperta da una grossa nuvola, che in vetta si dirada e lascia lo spazio ad uno spettacolo a 360 gradi sulle Pale di San Martino, la valle di Primiero e le cime di Colbricon.

L’amicizia è anche la cifra del gruppo di ragazzi che hanno curato i canti, preparati già nelle settimane precedenti. Per questo avevano invitato alcuni ragazzi e insegnanti del Sacro Cuore di Milano, conosciuti durante la vacanza invernale, che sono venuti a Padova prima, e poi ci hanno raggiunto a San Martino per una serata di canti. Qualcuno inizia a sperimentare il sacrificio, il dare se stessi perché gli altri possano vivere un momento di bellezza.

La testimonianza di Paola e Stefano Giorgi, insegnanti, centra il cuore di tutti. Arrivano una sera e stanno con noi fino alla fine della vacanza. Alessandro introduce suonando con la chitarra River flows in you. Spiega: «Il mio prof scelse me per l’arrangiamento alla chitarra: quella preferenza, in un periodo critico, mi illuminò la strada dandomi la capacità di vedere». Anche Stefano è segnato da questa predilezione tanto che ricorda tutte le date: l’incontro con don Carlo, il matrimonio, la laurea e la data in cui un amico gli chiede: «Partiresti per Cochabamba?». Il sì è schietto: l’essere amati ti fa essere disponibile a tutto.

Paola racconta che già a 14 anni provava un disagio, un’inquietudine, qualcosa che non tornava e a cui, con la sua amica del cuore, aveva deciso di dare il nome di “rododendro”, per indicare qualcosa che ti rode dentro. Immagine efficace, visto che scoprirà in seguito che quello è il fiore che si dà al primo appuntamento con l’amato. Quell’inquietudine, come uno strano regalo, è stata già la prima “dichiarazione d’amore” di Dio. La vita è questa predilezione segnata da fatti semplici: l’amico fedele ai tuoi tradimenti, una sconosciuta che dice una cosa che non dimenticherai più, la vita universitaria e poi il matrimonio, i figli, i nipoti. Don Giussani aveva detto: «Se una cosa è vera regge davanti a tutto». Per Stefano e Paola è stato e continua ad essere vero. Ancora una volta l’invito è lanciato. Simone racconta che quella sera non aveva voglia di sentire una testimonianza, voleva fare altro, ma poi ci sta, assecondando l’invito di un amico. Alla fine dell’incontro, ringrazia «perché ora guardo le mie domande e sono felice; con amici così si può fare qualsiasi cosa».

Il giorno dopo, passeggiata al lago di Calaita. Per Anna è l’inizio di una scoperta. In assemblea, nell’ultimo giorno, dirà: «Sono venuta in vacanza per stare con i miei amici, non mi interessavano né le Lodi né gli incontri. Poi Paola ha tirato fuori il rododendro ed è scattato qualcosa. Anche io ho quel fastidio dentro. Così in passeggiata ho iniziato a farmi molte domande, volevo stare da sola. E invece nel silenzio ho scoperto che non sono sola, che posso fare un lavoro su me stessa e con i miei amici, e ho voglia di fare la strada con loro». Stefano aiuta a fare un passo: «Se uno non rimane davvero da solo, non capisce niente. È il silenzio in cui tutto inizia a parlarti. Non c’è nessuno che può prendere il tuo posto: questo è un bene grandissimo. In fondo a questa solitudine che cosa scopri? Solo quando mi accorgo che tu sei come un’eco risento la mia voce…».

L’assemblea dell’ultimo giorno testimonia la scoperta di un metodo per vivere il reale: siamo sempre "spostati" da qualcosa di concreto, come un amico che ci fa uscire da un pensiero in cui eravamo bloccati e ci apre ad una conoscenza nuova di se stessi. Così Giuseppe: «Nei primi due giorni non ero né felice, né triste; sì, belle le passeggiate, belli i giochi, ma poi?». Poi l’ascolto del pezzo di chitarra suonato da Alessandro, l’invito di alcuni amici a scambiare due parole e «ho cominciato a prendere appunti perché ho visto che tutto è per me». Rachele domanda: «Come si fa ad assecondare questo rododendro? Perché a me sembra che la fatica mi chiuda, ho l’impressione di non essermi goduta niente», Eppure, osserva Stefano: «Tu stai chiedendo qui, in questa assemblea. Non è già questo il segno di una apertura?». E Teresa non si nasconde: «Io non riesco a vedere la presenza di Gesù qui e ora. Come, dove e quando lo vedo?». I ragazzi intervengono uno dopo l’altro e Antonio sintetizza con una frase di Romano Guardini: «Ciò che deriva da Dio ha la forma di ciò che incomincia, non già di un effetto bell’e compiuto». Stefano conclude: «Che conforto poter incontrare ragazzi come voi. Liberi di dire: “Io questa cosa non la capisco e la dico!” non: “Non capisco e mi adeguo… O me ne vado!”, ma: “Oggi ho visto e voglio cominciare a capire!”. Abbiamo cominciato a vedere che quell’inizio dura per sempre». Possiamo ritornare a casa e sentire di nuovo quel “rododendro”, perché quello che abbiamo vissuto appartiene al passato, come i discepoli di Emmaus, ma basta un istante di disponibilità e ci si ritrova di nuovo in cammino.
Stefania, Padova