La comunità di Salerno in gita durante la vacanza

Salerno. «Che miracolo stammatina»

La comunità campana nella terra di santa Rita. La visita al monastero, le gite, la poesia di Salvatore Palomba. Fino al matrimonio di Pasquale e Michela, a chiudere la vacanza. «Un "sì" che è anche il mio, oggi»

«Che miracolo stammatina! ».Non si poteva non affermare questo nell’ultimo giorno della vacanza della comunità di Salerno e dintorni. Pasquale e Michela avevano deciso di sposarsi, dopo sedici anni di convivenza, al termine della vacanza a Roccaporena, il paese dove è nata santa Rita e dal quale lei, ogni giorno, si recava a Cascia col desiderio di essere accolta nel monastero.

Anche noi abbiamo fatto quel cammino. Eravamo 250, e più della metà erano amici incontrati in questi anni, conosciuti attraverso il Banco alimentare o intravisti da una vita, ma mai prima “incontrati”. «Sento la vita che mi scoppia dentro al cuore» era stampato sulle magliette blu e, opportunamente, chi ti stava dietro in passeggiata, leggeva sulle tue spalle: «Cammina l’uomo quando sa bene dove andare». Frase che non è sfuggita alla madre superiora e alla sua consorella, monache di clausura del monastero, che hanno voluto offrirci una testimonianza della loro vocazione a partire dalle nostre domande. Che commozione la loro semplicità, la loro ammissione della fragilità ma anche la certezza di una strada in cui Gesù le ha aspettate: «Il nostro lavoro è pregare per voi che camminate fuori, perché sappiate sempre dove andare». Anche i più piccoli, seduti sui gradini dell’altare hanno fatto le loro domande, e tutta la vacanza è stata un continuo richiamo al ritornare bambini.



«Che miracolo stammatina! Io cu ll’uocchie da meraviglia veco ’o munno pa’ primma vota comme fosse nu piccerillo». Che miracolo stamattina, io con gli occhi della meraviglia vedo il mondo per la prima volta come fossi un bambino. È un verso di una poesia-canzone di Salvatore Palomba, il più grande poeta vivente napoletano, 85 anni. È stato con noi in vacanza e ci ha offerto la recitazione delle sue poesie, tante diventate famose canzoni, interpretate in vacanza da Gianni Aversano, che dieci anni fa lo ha incontrato diventando suo amico e facendogli conoscere l’opera di don Giussani.

Salvatore ha composto una delle più cantate canzoni napoletane, Carmela, che sulla scia di Leopardi, invoca il rivelarsi di una bellezza ideale ma lontana. Nel salone davanti al teatro (luogo che ha animato serate divertentissime con attori e musicisti di grande calibro che, stimando la nostra amicizia, hanno accettato l’invito), campeggiavano dodici poesie di Palomba, quelle che si interrogano sul Mistero della vita e su come si possa sempre tornare capaci di guardare quella bellezza che sempre vive, anche nel male e nel caos del quotidiano napoletano e della vita di ognuno.

Gianni Aversano e Salvatore Palomba

E poi la semplicità di Pasquale e Michela, che non hanno badato alle complicazioni della cerimonia, dei parenti, e di tutto quello che l’usanza spesso ti porta a fare per una festa di matrimonio, frutto di parole non vuote. Mai festa fu più festa. Il loro “sì” è stato quello di tutti: un “sì” all’amore di una storia che ci è fedele da tanti anni. «E pure io dico sì», recitava una delle poesie di Palomba. Quel “sì”, ancora una volta, è stato il mio, è stato il nostro. Ed è quel “sì” che dico anche stamattina, ritornando al lavoro.

«Currimmo, vulamme p’o munno ma nun sapimmo cchiù cammenà». Corriamo, voliamo per il mondo ma non sappiamo più camminare. E allora «come fossimo bambini ricominciamo da qui: questa è la gioia e questo è il dolore, queste sono mani che accarezzano altre mani. Ricominciamo da qui ma piano piano: questo è un filo d’erba, quello è il mare». Ricominciare dall’essenziale, dalla realtà, dai fatti. Perché da «questi fatti sappiamo che Lui è il Signore». Camminando, tutti i giorni. Perché «cammina l’uomo quando sa bene dove andare», ma anche da Chi viene e a Chi appartiene.

Roberto, Salerno