Questi ultimi mesi sono stati i più duri della mia vita. Ho perso a febbraio mio nonno e qualche mese dopo mia madre. Tutta la mia vita è stata sconvolta. Ho visto i piccoli muri della mia sicurezza crollare fino a sgretolarsi, e svanire. Eppure, al funerale di mia madre, ho percepito un amore più grande di me. Un amore immeritato. Immeritato e quindi eccezionale. I miei amici di Gioventù Studentesca (e non) mi hanno mostrato un affetto gigantesco. Tutto il mondo si era mosso per me, per mia madre, per mio nonno, tanto che ero certo, e ne sono ancora più convinto ogni volta che me lo domandano, che un senso esista. Un senso deve esistere. E la mia vita ha senso nel continuo cercare il senso. Senza senso la vita non è.
«Tutto questo ha senso», ha detto mia madre a una sua amica prima di morire. Sì, guardando negli occhi i miei amici, vedo che il senso esiste. E il mio cuore è ancora più infiammato di quando ho incontrato il movimento per la prima volta.

Spesso è dura tirare avanti, eppure ogni giorno mi sembra che ci sia qualcosa per cui valga la pena vivere. Ne sono convinto. Sono innamorato pazzo della vita. Sento una voglia di vivere, di correre, di saltare e di fare. Come voleva che avessi, mia madre. Lei certamente continua ad agire nel mio mondo e negli altri. E Dio lo sa che è quello di cui ho bisogno. Io che sono un piccolo uomo che non tiene neanche fede alle promesse e si sente così incapace di poter restituire tutto ciò che gli è stato dato. Incapace di amare fino in fondo. Avendo anche paura di deludere le persone a cui tiene di più. Ma questa consapevolezza non mi ferma e continuerò a raccontare la storia di come la fede mi ha salvato la vita. Dal primo invito a GS fino al cammino che ho fatto in questi tre anni.
Jacopo, Milano