Genova. Tutti a tavola per Avsi

Erano in 300 alla cena organizzata per raccogliere fondi per le Tende. Collegamento via skype dal Kenya, studenti eleganti per impiattare e servire, lo spettacolo di bambini e ragazzi. Una passione che è come una carezza

Sabato 15 dicembre si è svolta a Genova la XXI Cena delle Tende di Natale di Avsi, nata tanti anni fa da un gruppetto di insegnanti e ragazzini, ora diventati grandi. L’ultima Scuola di comunità è stata una sfida, per verificare attraverso la Colletta e le Tende cosa veramente ci muove, per vedere attraverso piccoli o grandi segni cosa è il cristianesimo. Insomma, eravamo tutti curiosi di scoprire cosa sarebbe capitato o ci stava già capitando nella preparazione. Questa cena non è un rito. Certo non si è mai interrotta negli anni, ma non si fa solo per tradizione. Cosa ci muove? Siamo partiti chiedendoci di non perderci niente, piegati a vedere cosa il Signore avrebbe fatto davanti ai nostri occhi, protesi a Lui come il primo dei re magi del Volantone “genovese”.

La partenza della preparazione della cena risale a un mese fa. Tanti incontri, tante mosse personali, ognuno ci ha messo la sua creatività e quello che sa fare, ha coinvolto le sue amicizie, e il giro si è allargato con la scoperta di nuovi volti. Quello di Massimiliano, per esempio, responsabile di un catering che ci ha preparato tutto a prezzi contenuti. È venuto la sera, con due collaboratori, a “sporzionare” e dirigere gli “impiattatori” (equipe stupenda di universitari, in divisa total black e sorriso smagliante), a organizzare i “camerieri” (ragazzi del liceo, in divisa bianca e nera impeccabile e lo stesso sorriso) e alla fine non riusciva ad andar via, commosso: mai aveva visto ragazzi così bravi, mai una serata così.

Insomma, dalle aule del liceo dove insegno con altri amici, al video promozionale della Campagna Tende coi due papà, al furgone per portare tavoli e sedie, il lavoro è stato tanto, ma il “prodotto” incommensurabile rispetto allo sforzo. Sono arrivate 300 persone, note o sconosciute, ma subito care. Con i ragazzi alla cassa, al guardaroba, all’accoglienza che si muovevano sicuri, come se non avessero mai fatto nient’altro nella vita. Volti cari, salutati via skype da Antonino Masuri, protagonista del progetto in Kenya della Campagna Tende: essenziale, diretto, certo. Ha salutato i ragazzi, in particolare quelli del liceo dove insegno che già lo conoscevano per i diversi video-collegamenti fatti coi 14 bambini che sosteniamo in un progetto di alternanza scuola-lavoro. E che belli i ragazzi coinvolti nel progetto che hanno spiegato quanto sia conveniente aiutare i compagni “a distanza”, nei Paesi più problematici del mondo.

A seguire, la cena e lo spettacolo, fatto di esibizioni di ragazzi, bambini e, per finire, di un coro alpino. Nell’aria, la cura di ogni dettaglio, dai fiori di carta come segna posto, agli accostamenti di colore delle tovaglie, alla scaletta dello spettacolo rifatta tante volte: tutto dice di una passione che è di più, non dovuta, che sembra una carezza.

Tutto rimane negli occhi e nel cuore il giorno dopo e quello dopo ancora. Ma cosa è veramente successo? Ci siamo stupiti noi, in ogni momento. È successo che ci siamo commossi noi, che ci siamo sentiti abbracciati noi e abbiamo potuto abbracciare. Ho in mente mille sorrisi, mille ringraziamenti di persone che tornano attratte da una Bellezza che si vede, ho in mente l’esibizione dei bimbi della maestra Anna, mia ex alunna che ora nella scuola da pochi anni ha coinvolto nella cena tutta la sua classe, genitori e nonni compresi. Ho in mente i ragazzi più grandi che si sono spesi senza calcolo, mettendoci l’anima con semplicità e povertà, accogliendo tutti. Una di loro commentava: «Il mondo direbbe che siamo matti!». Un papà, pur tra le difficoltà economiche, viene a trovare le figlie impegnate come cameriere, cena in ritardo e ci lascia 50 euro di offerta. Perché?

Un alunno mi scrive: «Prof, se organizza altre cene mi dica che faccio ancora il cameriere!». Cosa ha visto? Altri, tanti, scrivono per ringraziare, e che avevano bisogno di una cosa così, per risvegliarsi dal torpore. Una prof, andando via, mi dice: «Ho assistito al miracolo dell’educazione». È vero, ma ancora di più, era il miracolo di un popolo che cresce, cammina. Un popolo che non ha paura e si allarga: è il miracolo del popolo cristiano, vivo ora, che genera uomini nuovi e certi. È il miracolo del cristianesimo, che affascina ora, più che mai, quanti lo incrociano vivo.
Marina, Genova